
Arrivava svelto in aula. I suoi appunti svolazzavano un po’ a terra e qualche foglio, più fortunato, atterrava sulla cattedra. Era un uomo sulla sessantina e la pensione ormai ad un palmo di mano. Insegnava filosofia e non nascondo che mi ha salvato da un’adolescenza che annebbiava qualsiasi mia speranza.
E forse già qui stiamo ad un punto di svolta: la scuola, almeno per come la intendo io, deve aprirti gli occhi su quello che ancora non vedi dentro di te. Ed è proprio quello che fece quell’insegnante pieno di piccole manie ma svelto di pensiero.
Un giorno piovoso io me ne stavo tra le scale a fumare una sigaretta quando lui mi vide e si fiondò su di me. Istintivamente gettai la sigaretta a terra e sono convinto che Greta mi perdonerà. Ma ad una pagella schifosa non potevo affiancare l’ennesimo richiamo.
«Cosa stai facendo Lepore?»
«Stavo fumando prof, scusatemi. Per favore, però, non ditelo a nessuno che qua la situazione, per me, è già troppo rischiosa»
«Cosa stai facendo Lepore?»
Panico. Non sapevo se avesse voluto ulteriori scuse oppure insinuasse altro.
«Schifo, faccio schifo» e mi scappò una risata, probabilmente amara.
Lui mi accarezzò: «Sai quante volte ho fatto io schifo? Non ci ho mai capito granché della vita, della mia professione e poi guarda questa scuola. Cade a pezzi e tutti pensano ai voti, ad accumulare nozioni che poi domani non vi serviranno ad un cazzo. Io invece avrei voluto fare l’insegnante per farvi capire che c’è un’alternativa a tutto questo, come lo chiami tu, schifo»
«Ma se accumulare nozioni non serve a nulla non capisco come possiamo vedere un’alternativa»
«Perché a scuola dovete capire chi siete. Vi abbiamo inculcato l’obbligo di imparare tutto e lì abbiamo perso la nostra sfida. Ognuno di voi nasce con una capacità, con un talento e noi dobbiamo avere la pazienza di accompagnarvi fino alla fine però proteggendo la vostra unicità. Ed invece guardatevi: siete tutti uguali».
Se ne andò. Io rimasi immobile e lì compresi una “cosa” che mi sfuggiva da sempre: e cioè che ognuno di noi ha il suo superpotere. E che non possiamo brillare in tutto. E forse tra tutti i guai della scuola italiana, questo è il peggiore: l’obbligo di stare sempre sul pezzo, ogni minuto, ogni ora, ogni anno. Su tutto.
Grazie professore. Mi avete salvato la vita.
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