Sui giovani di oggi ci si scatarra su

da | Set 25, 2020 | Lo sbriglialacci | 3 commenti

Parlare di violenza giovanile sembra un argomento semplice: i giovani annoiati si riuniscono in gruppi all’interno dei quali sfogano i loro istinti e la loro noia a discapito di qualcuno o qualcosa, turbando la quiete pubblica e destando preoccupazione nella popolazione; la società deve porvi rimedio. Punto.

La gioventù è la fase della vita più burrascosa, intensa e frenetica della vita di tutti, è fatta di tutta una serie di “prime volte” e chiunque, ripensandola, è pervaso dalla nostalgia dei turbinii che furono, frutto di emozioni virulente, anzi violente! E l’incapacità di gestirle, come accennato altrove, deriva da mancanza di esperienze pregresse e dal naturale sviluppo del cervello, che dà un senso agli istinti prima che alle decisioni complesse.

Ma perché la violenza? E perché la provincia?

Si potrebbe provare a rispondere a questa domanda provando a dare un contesto più ampio alle prime righe di questo articolo. La violenza è la risposta più semplice e veloce che chiunque, dai bambini agli anziani, fornisce a sé stesso quando è pervaso da istinti aggressivi, frutto a loro volta, di qualcosa che è accaduto ed a cui si sente di dover porre rimedio. L’aggressività, tuttavia, è un impeto, una pulsione per dirla in psicologese: ciò significa che è qualcosa da cui non si può sfuggire, anche se ci si prova. L’aggressività ha bisogno di essere espressa e non repressa, e oltre a quanto già detto, la violenza ne costituisce il comportamento maladattivo per eccellenza: chi è violento, infatti, non è ben accetto nella società, incarnando echi arcaici di tirannia e restituendo la voglia di prendere le distanze da essa, quando assistita o subita. Infatti, il comportamento violento non è l’unica risposta all’impulso aggressivo.

Esiste un fantastico meccanismo mentale molto complesso ed evoluto che trasforma i desideri, i pensieri e gli istinti considerati inarrivabili, inaccettabili o controproducenti, in azioni pienamente soddisfacenti per chi le compie e socialmente ben viste. Questo meccanismo è la sublimazione e, in quanto complesso ed evoluto, ha bisogno di tempo perché venga acquisito e utilizzato. Si potrebbe aggiungere anche che c’è bisogno di uno spazio per accrescerlo e di una certa “educazione mentale” impartita dalla realtà in cui si vive. Con questi ultimi due termini mi riferisco alle iniziative promosse dai centri urbani e agli spazi aggregativi (palestre, associazioni sportive e culturali, centri sociali eccetera) presenti sul territorio; qui le persone hanno modo di trovare un luogo ed un mezzo con cui dare forma ai propri moti interni, all’insegna di un obiettivo comune definito. In questi luoghi, infatti, ci si aggrega per fare qualcosa (ad esempio imparare uno sport, una forma d’arte, conoscere i modi di fare degli altri, coltivare un hobby): quel fervore interno, tanto potente nei giovani, trova un contenitore che svolge una funzione superiore al semplice “imbottigliamento” tipico delle anonime piazze o bar di paese, in quanto fornisce anche uno scopo a cui poter volgere i propri impulsi, aggressività compresa. I giovani, dunque, hanno la capacità di esprimere ogni loro pensiero o istinto in modo sublime, vale a dire in una forma tale per cui anche l’istinto aggressivo si trasforma in qualcosa di diverso da un comportamento violento; come la scuola fornisce lo spazio aggregativo in cui si modellano le capacità verbali, matematiche e, più in generale, cognitive, le attività extrascolastiche dotate di uno spazio e di un contenuto permettono lo sviluppo delle abilità mentali come la sublimazione.  La realtà di provincia (di cui si può considerare parte integrante la periferia metropolitana) fornisce ben pochi spazi allo sviluppo della sublimazione perché qui le risorse sono limitate, gli spazi ancor meno e le promesse di impegnarsi a promuovere iniziative culturali e di aggregazione “a uno scopo” sono relegate a mera campagna politica che si estingue periodicamente a cadenza quinquennale.

È vero, non è solo questa la causa di molti atti violenti giovanili, ma quando la società deve porvi rimedio (vedi inizio articolo), magari potrebbe partire sublimando il pensiero, ormai consumato dalla propaganda e dagli slogan, di “togliere i ragazzi dalla strada”.

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3 Commenti

  1. oliozuccaro

    Articolo molto interessante!Difficile l’applicazione di iniziative di carattere socio-culturale in piccoli centri e borghi, soprattutto del meridione, dove la generazione che dovrebbe farsene carico é stata costretta a lasciare il proprio paese. Riguardo la violenza giovanile, é spesso frutto di insoddisfazioni personali e di cattivi esempi che ogni giorno la fanno da padrone su tv, social, etc…, nonché nullafacenza portata allo stremo.

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    • Andrea Cerrito

      Grazie per il commento, affrontare tematiche di così largo spettro ci porta davanti questioni complesse per cui è più che benvenuto il tuo ampliamento del concetto!

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  2. gate io twitter

    Reading your article helped me a lot and I agree with you. But I still have some doubts, can you clarify for me? I’ll keep an eye out for your answers.

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