Fare cultura al Sud: una guida essenziale

da | Set 30, 2020 | Blog | 1 commento

«Ma allora chi sei tu, insomma?Sono una parte di quella forza che eternamente vuole il male ed eternamente compie il bene».

(Johann Wolfgang von Goethe, Faust)

È con questa frase in epigrafe che si apre uno dei più bei romanzi russi del novecento (e anche uno dei miei preferiti), ovvero il Maestro e Margherita di Michail Afanas’evič Bulgakov. L’opera che si sviluppa nel pieno stalinismo sovietico segue le vicende del Maestro, scrittore e drammaturgo, vittima della censura da parte delle autorità dell’epoca, del suo amore sofferto con Margherita Nikolaevna e del suo riscatto avvenuto grazie alla visita del Diavolo, Woland nel romanzo, nella Mosca sovietica. Il libro è molto più bello e molto più complesso e queste poche righe non rendono assolutamente merito e giustizia ad un capolavoro assoluto del secolo scorso. Ma anche se non rendono giustizia possono esserci utili a contestualizzare l’ambiente, la tematica e il relativo stato d’animo di cui vorrei parlarvi questa settimana.

Parlare di cultura è di per sé molto complesso, ma ritengo che ancor più complesso affrontare la tematica del fare cultura. Sia chiaro le nostre realtà non sono certo equiparabili a quelle raccontate da Bulgakov, ma alcune similitudini non saranno certo un azzardo ed anzi saranno molto calzanti. Ma procediamo con ordine:

Cosa si intende con il termine fare cultura? Con il termine fare cultura mi riferisco ad una serie di iniziative, di ampio respiro, che hanno a che vedere con eventi come festival, rassegne cinematografiche e presentazioni, financo a vere e proprie opere di intervento urbano e sociale che mettano al centro di tutto la capacità di confronto di una comunità.

ATRIPALDA (AVELLINO E OGNIDOVE), GLI UFFICI, LE CARTE E IL CASTELLO

Negli ultimi anni ho avuto l’incredibile fortuna di entrare in contatto con numerose associazioni, organizzazioni o semplici gruppi di persone che hanno provato a fare cultura con l’unico scopo di rendere la vita della propria città, del proprio paese o addirittura del proprio rione, meno pesante del solito. E proprio con tutte queste persone mi sono ritrovato a condividere le stesse speranze, le stesse stanchezze, le stesse disperazioni, insomma gli stessi umori ogni qualvolta che c’è da organizzare qualcosa. Sì perché in molti credono che qualsiasi azione e/o evento culturale e sociale segua una semplice logica: c’è un gruppo o un’associazione che vuole fare qualcosa, lo dice a qualcuno in comune, o meglio l’amico di un amico che ha un cugino assessore e in un batter d’occhio il tutto appare per magia il giorno stesso dell’evento. Ma in realtà non è così, esiste un iter procedurale che vi posso assicurare riesce a scalfire anche il più ottimista degli organizzatori ed inizia sempre con una richiesta in cui si comunica l’intenzione di voler organizzare un evento e si finisce col girare per gli uffici con una quantità impressionante di carte. Così ci si ritrova soli, armati di pazienza e richieste protocollate a dover affrontare una serie infinita di uffici ognuno dei quali non comunicante tra di loro, che vi costringerà ad impiegare intere giornate e anche se il vostro lavoro è un altro per alcune settimane dovrete dimenticarlo e vi dovrete impegnare anima e corpo.

OK, MA COSA SUCCEDE SE…

Quella appena descritta è la situazione ottimale, ovvero quella che oggettivamente si potrebbe presentare nel caso in cui vi trovaste a dover affrontare l’apparato burocratico a Capo d’Orlando o ad Atripalda. Nel caso precedente problemi e soluzioni sono tutte in seno alla burocrazia con cui è facile prendersela perché impersonale e, salvo qualche rara eccezione, permette a chiunque di sfogare la frustrazione derivata dalle problematiche affrontate e non superate. Insomma, è più facile addossare colpe e misfatti.

Questa condizione nasconde in sé qualcosa di estremamente interessante: è difatti un capro espiatorio esemplare utilizzabile per giustificare qualsiasi diniego o, addirittura, interferenza attiva con chiunque porta avanti un progetto culturale.

La seguente modalità viene utilizzata da moltissime amministrazioni locali che nei confronti di progetti culturali invisi tende ad utilizzare questo metodo, addossando così le colpe alla burocrazia fredda ed insensibile.

Anche se associata a forme di fantapolitica questa soluzione è più comune di quanto si pensi e si verifica nelle maniere più disparate e può andare da un semplice prolungamento dei tempi di risposta di una pratica, fino alla diffida al procedere ad ulteriori azioni.

Così in molti, soprattutto giovani, si sono ritrovati disperati e schiacciati tra la voglia di continuare a lavorare e a creare momenti di fruizione culturale e l’impossibilità a procedere senza incorrere in qualche forma di sanzione che comporterebbe un dispiego di costi e tempi.

Ed ecco come anche in questo caso si ritorna all’opera di Bulgakov e così molti giovani si ritrovano disperati come il Maestro che non potendo far altro non può che riconoscere la propria impotenza.

Ma qualche volta può capitare, che come ne il Maestro e Margherita, possa comparire improvvisamente qualche consulente di qualche altra cittadina di nome Woland pronto a seminare confusione e panico tra i potenti, capace di rendere giustizia ai tanti che nelle proprie realtà hanno tentato invano di lavorare per portare in scena forme di partecipazione culturale.

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