È una scena che si è ripetuta spesso nelle domeniche di fine estate in piazza ad Atripalda, quando il sole lentamente conquista mattonelle preziose e l’ombra si ritrae consegnando ai pochi impervi gli ultimi momenti preziosi di riparo. In tanti hanno già abbandonato la stessa, che ormai vuota si concede al silenzio, oltre che al sole, e con essa anche la strada principale alla quale è legata.
Via Roma, questo è il nome della principale via cittadina, unisce la piazza al resto della città. Un lungo segmento che per forma e funzione richiama il termometro capace di misurare la febbre cittadina. Proprio come il mercurio nel tubo di vetro le auto e i viandanti rappresentano lo stato febbrile della città segnando le temperature estreme nei momenti di massima frenesia consumistica.
Questo accade tutti i giorni, tutti tranne la domenica, quando ad ora di pranzo la temperatura sociale ed economica scende vertiginosamente e in strada non si trova più nessuno. Via Roma, si libera del suo solito via vai e si concede a qualche passante che fa ritorno a casa.
Di questi tempi trovarsi da soli, in pieno giorno per strada permette libertà fino a qualche anno fa inimmaginate: tra tutte quella di godersi l’aria fresca senza l’utilizzo della mascherina come filtro.
Un’azione questa ormai impensabile, anche in una strada deserta, ma che ai pochi fortunati di quell’ora permette di sentire un’aria diversa che durante la settimana via Roma non ha a causa delle tante macchine che l’attraversano.
Ma questa non è un’ode al mancato utilizzo della mascherina, anzi proprio in questo lungo deserto silenzioso in cui i pochi avventurosi ritardatari del pranzo domenicale si ritrovano può capitare un qualcosa di inaspettato. Infatti lungo quello strano termometro ci si possono incontrare altri sporadici ritardatari che in senso opposto si preparano all’incontro.
In quel momento, in quell’attimo un gesto tanto istintivo quanto automatico porta chiunque ad alzare, con la mano, la mascherina; un gesto dettato da diverse ragioni che vanno dalla paura generale dello sconosciuto, dal timore di subire qualche tipo di sanzione.
Un gesto che non può essere limitato a queste semplici e poche chiavi di lettura, ma anzi un gesto che nasconde in sé anche un segnale di condivisione, implicita, della percezione di un pericolo a cui si fa fronte nella medesima modalità.
Quella mascherina in quel momento sembra dire:
“Anche se non ci conosciamo, riconosciamo lo stesso pericolo a cui stiamo facendo fronte con lo stesso linguaggio!”
Chissà se in futuro saremo coscienti anche del significato simbolico di questi piccoli gesti che ci hanno accompagnato e che ci accompagneranno ancora per molto.
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