Cara Fabiana,
l’Italia non è stata mai così unita e così divisa come in questo momento. Siamo tutti uniti purtroppo nell’epidemia, che con la stagione autunnale si è rinvigorita, e al contempo, stando all’ultimo Dpcm, siamo differenziati in colori a seconda della gravità della situazione che investe la regione in cui abitiamo. Ad ogni modo, tutti, chi più chi meno, dobbiamo rispettare delle regole che conducono a delle rinunce.
Rinunciare vuol dire fare a meno di qualcosa che prima si aveva o si faceva e, di conseguenza, avere delle mancanze. Siamo, però, sicuri che quello a cui oggi diciamo – non proprio spontaneamente – di no, non ci mancasse già prima di questa epidemia?
Ci ho pensato: io oggi sto rinunciando a uscire dopo un certo orario o quando non strettamente necessario, a viaggiare, ad abbracciare e baciare chiunque, a cene con dieci invitati, a organizzare il mio matrimonio, ad andare in palestra. No, non è così. In generale queste sono le rinunce a cui la società è sottoposta, ma se devo analizzare la situazione Fabiana, di fatto io di rinunce ne sto facendo ben poche.
Mi spiego meglio. A novembre dell’anno scorso a quest’ora non mi davo di certo a serate fuori con gli amici dopo le 22, ben che meno nei giorni infrasettimanali, né – essendo io molto pigra – uscivo di casa se non per comprare il necessario; viaggi a novembre, mai fatti; mai stata particolarmente affettuosa con chiunque; cene a casa con gli amici, mai organizzate; matrimoni non sono previsti ora, figuriamoci l’anno scorso; l’unica causa che ho sposato da quando mi sono trasferita è una vita sedentaria. Manca la mia famiglia, è vero, ma comunque questo era incluso nel mio biglietto di sola andata per Parma.
Lo so, le parole appena scritte fanno emergere una brutta persona ed è proprio qui il nocciolo della questione. Questa epidemia non mi ha portato ad avere delle mancanze, ma ha messo in evidenza quelle che già avevo quando c’era calma piatta. Ora che qualcun altro diverso da me stessa mi dice che questo o quello non si può fare sembra che mi stiano privando di qualcosa. La mamma che dice al bambino questo non si tocca, in pratica.
Con ciò, voglio dire, cara Fabiana, che la mia vita forse era da rivedere ancor prima che si scatenasse tutto questo casino. L’epidemia non ha fatto altro che aiutarmi a capire che ci sono delle cose importanti da non trascurare, che ci sono dei vuoti che vanno riempiti perché da un momento all’altro potremmo non esserci più. Ora non è che quando sarà dato il libera tutti, bacerò i passanti per la strada, ma di sicuro darò più valore alla relazione con gli altri e con me stessa. Da quando ho lasciato Napoli, tutto è diventato più difficile da gestire e, quindi, ho rinunciato a più cose che amavo fare. Difficile, però, non vuol dire impossibile, basta solo uno sforzo in più. Certo, sarò più stanca, ma con meno mancanze.
Sport? Mi ha sempre fatto stare bene. Serate danzanti con gli amici? Quante risate. Viaggi a novembre? Perché no. Come ho già ribadito più volte, questa epidemia deve essere un’occasione per riflettere. Ognuno dovrebbe porsi le proprie domande, individuare le proprie mancanze. Non importa se procurate o no da questo periodo. Credo sia più importante approfittare di questo stop generale per non farsi trovare impreparati quando sarà possibile riempire di nuovo ogni vuoto.
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