Il futuro non mi è mai piaciuto granché. Mi distrae troppo dal presente e poi per uno come me che non ama gli imprevisti è proprio da evitare. ‘Sto stronzo di virus, però, mi e ci ha rovinato il presente al punto che il futuro è l’unica speranza per resistere (oltre alla possibilità che l’Inter vinca lo scudetto e la Justice League ma nella versione di Zack Snyder).
E quindi come un bambino alle prese con la lettera a Babbo Natale, io vorrei chiedere al futuro che verrà diversi regali, alcuni però davvero impossibili anche se a distribuirli sarà Mario Draghi.
Basta perdere tempo: oltre alle “stronzate”, tipo pentirmi di aver scelto quel film al cinema oppure cantare a squarciagola ad un concerto pieni di sudore e birra, vorrei che il presente post Covid (almeno non ripeto il termine “futuro”) sia all’insegna dell’uguaglianza. In questi mesi, purtroppo, tanti gli occhi tristi di chi è stato travolto dalle crisi innescate dal virus. Per loro avrei chiesto ai virologi di stare zitti almeno un minuto al giorno perché – peccherò di “populismo” – quando il piatto a tavola è vuoto sentire ogni secondo “chiudere tutto” è tipo Saw l’Enigmista quando si accanisce su di un corpo già morto. Vorrei quindi un futuro in cui tutti possano avere la possibilità almeno di mangiare.
Mi immagino, poi, un futuro in cui respirare a polmoni aperti non sia un attentato verso sé stessi. È vitale che ognuno di noi faccia la propria parte: dobbiamo rivoluzionare le nostre abitudini perché il mondo sta crepando sotto i colpi della nostra inciviltà. Io voglio morire di colesterolo alto, non di indigestione di aria di merda.
E non voglio dilungarmi oltre. Voglio che sia un futuro di uguaglianza ed aria buona. Pensate se si realizzassero questi due desideri che figata sarebbe vivere anche se Malgioglio continua ad essere invitato come critico musicale. Ora, visto che mi rimane un ultimo rigo da riempire, esprimo il terzo desiderio: che l’Italia ritorni un Paese in cui tra un sogno e la realtà soltanto noi, i nostri errori, la nostra voglia, la nostra perseveranza, il nostro talento. E non manager strapagati, puttane e politici ridicoli. In definitiva, vorrei che al di là di ogni recovery found, l’Italia diventasse un Paese basato sull’uguaglianza, sull’aria buona e sulla possibilità che ogni sogno sia realizzabile. Lasciatemi ingenuo.
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