Death stranding e l’eterno ritorno

da | Mar 18, 2021 | Punksophia | 0 commenti

A quasi due anni di distanza dalla sua uscita, Death Stranding è un titolo che continua a dividere gli appassionati di videogiochi. C’è chi lo ama alla follia e chi lo detesta perché troppo noioso. Quello che è certo è che Death Stranding è un’esperienza particolare, un gioco atipico e per questo unico nel suo genere. Valorizzato dalla presenza di un cast eccezionale, Death Stranding intreccia generi e tematiche differenti mescolandosi in un intreccio narrativo straordinario, degno delle migliori produzioni cinematografiche. Hideo Kojima, sviluppatore del gioco e, tra gli altri, del mitico Metal Gear Solid, propone un concetto di divertimento rivoluzionario, ponendo al centro del titolo non tanto il gameplay (a volte troppo ripetitivo) quanto la trama e le vicende di un’opera destinata ad essere un punto di riferimento per i giochi futuri.

La storia è ambientata in un’America post-apocalittica e devastata da un evento misterioso noto come Death Stranding, che ha portato da una dimensione a metà strada tra il mondo dei vivi e l’aldilà delle entità denominate “Creature Arenate” (C.A.) nel mondo. Da quest’evento è inoltre scaturita la “Cronopioggia”, una particolare pioggia che ha la capacità di manipolare il tempo di tutto ciò che tocca facendo invecchiare e deteriorare ogni entità e oggetti, come uomini e strutture. Le C.A. inoltre causano esplosioni note come “voragini”, risultato del processo di annichilazione che avviene quando la materia di un essere umano viene a contatto con l’antimateria all’interno di una C.A. Questo evento provoca la liberazione di un’incredibile quantità d’energia, che dà luogo a un’esplosione altamente distruttiva, tale da creare un enorme cratere. Questi eventi hanno danneggiato sia le infrastrutture del paese, portando la popolazione rimanente a confinarsi in remote colonie note come Knot Cities, che formano le restanti “Città Unite d’America” (United Cities of America, UCA), sia i collegamenti tra di esse, in quanto nessuno, a causa delle C.A. e della Cronopioggia, vuole avventurarsi verso l’esterno. Solo i membri di una compagnia chiamata Bridges osano sfidare le attuali condizioni di questo mondo attraverso i loro corrieri, per portare alle persone rifornimenti e ciò di cui hanno bisogno, sfidando C.A., banditi (MULI) e terroristi per ristabilire qualche legame attraverso la cosiddetta “Rete Chirale”, una rete virtuale che collega le varie città e rompere questo isolamento forzato. Alcuni individui presentano una condizione nota come “DOOMS” che consente anche a una persona di percepire, vedere o persino controllare in modo naturale le C.A. (e infatti alcuni di loro sono impiegati come fattorini per agevolare le consegne della Bridges). Chi non possiede le DOOMS può comunque compensare facendo affidamento a un “Bridge Baby” (un “BB”), un bambino partorito da una donna in stato di morte cerebrale e per questo sospesa tra questo mondo e l’aldilà. Sono quindi a tutti gli effetti dei “ponti” con un’altra dimensione, permettendo loro di percepire distintamente le C.A.

All’interno di questo desolante scenario, l’obiettivo del protagonista, Sam Porter Bridges, sarà quello di riconnettere tutte le Città d’America tramite la Rete Chirale, in un pioneristico viaggio che partirà dalla costa orientale per arrivare a ovest. Nel suo lungo viaggio, Sam si carica letteralmente sulle spalle i pacchi che dovrà consegnare nelle varie strutture. A volte avrà a disposizione delle moto o della auto ma nella maggior parte del tempo eseguirà le proprie consegne a piedi. Sarà necessario quindi attrezzarsi di ogni mezzo per superare i numerosi ostacoli geografici come fiumi, montagne e precipizi, cambiarsi gli stivali e riposarsi nelle varie strutture della Bridges, senza dimenticare la Cronopioggia, le C.A. e i Muli. Per cercare di rendere le operazioni più facili è possibile, d’altro canto, costruire ponti e strade. Ma è proprio qui che incontriamo uno degli aspetti che rende unico Death Streanding. Il gioco è dotato di un atipico multiplayer in cui si potranno trovare nella mappa delle strutture costruite da altri giocatori senza entrarne mai in contatto personalmente. È possibile però ringraziare l’altro utente attraverso dei like per averci fatto attraversare un fiume pericoloso grazie a un suo ponte. Il gioco vuole comunicare un sincero sentimento di fratellanza facendoci sentire parte di un’enorme comunità unita da un obiettivo unico.

Il Death Stranding è solo però il preludio di un evento ancora più catastrofico: l’estinzione di massa di ogni essere vivente a opera di un’ “Entità Estintiva” (EE). Tale entità è incarnata fisicamente dal personaggio Bridget/Amelie, rispettivamente madre adottiva e sorella di Sam, due facce della stessa medaglia destinate a far scomparire il mondo (per essere più precisi Bridget rappresenta il corpo dell’estinzione e Amelie l’anima). Quest’estinzione è solo l’ultima di una serie di estinzioni (ben cinque) che hanno sterminato altre forme di vita, come i dinosauri. Una specie di eterno ritorno dal quale gli esseri viventi non possono sfuggire. Come si sa, Friedrich Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno come il pensiero più profondo della propria filosofia. In una pagina di Ecce homo, il filosofo tedesco racconta di essere stato “folgorato” da questa idea durante una passeggiata a Sils Maria, in Alta Engandina, un giorno dell’agosto del 1881, quando stava percorrendo i viottoli che costeggiano il lago di Silvaplana. Secondo la dottrina dell’eterno ritorno, tutte le realtà e gli eventi del mondo sono destinati a riproporsi in modo identico infinite volte. Come sembra quindi, gli esseri umani non possono far altro che accettare il proprio destino. Ma in un certo qual modo, alla fine del gioco, Sam riesce a fermare Amelie ma non a fermare l’estinzione. Essa è solo rimandata poiché non è possibile evitare l’inevitabile. Allora il messaggio del gioco è chiaro e, per certi versi profetico, se lo accostiamo agli eventi che hanno colpito il mondo nell’ultimo anno: Kojima ci invita riflettere sulle nostre esistenze, sul fatto che una vita dettata dalla rassegnazione a un destino già scritto è una vita priva di significato.  Per Nietzche la vita è un gioco creativo che ha in se stessa il proprio senso appagante. Proprio per questo motivo, l’eterno ritorno, così come la possibilità nel gioco di un’estinzione, come afferma Amelie, è un’opportunità poiché incarnano al massimo grado l’accettazione superomistica della realtà, ponendosi, come «la suprema formula di accettazione che possa mai essere raggiunta» (Ecce homo). Ma il gioco ci insegna molto di più. Ci insegna che la solidarietà è l’unico mezzo che ci permette di superare qualsiasi ostacolo. È grazie a un mio compagno videogiocatore che sono riuscito ad attraversare un fiume senza correre rischi e gliene sarò sempre riconoscente. Solo se restiamo uniti sarà possibile affrontare le ombre del nostro comune futuro.

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