Leibniz e Hume ci spiegano Death Note

da | Apr 27, 2021 | Punksophia | 1 commento

Death Note, manga/anime ideato e scritto da Tsugumi Ōba e disegnato da Takeshi Obata, rappresenta sicuramente uno dei prodotti più affascinanti della cultura giapponese. Non solo grazie alla trama avvincente e mai banale ma anche perché porta alla ribalta temi molto profondi. Ai nostri occhi, due sono gli aspetti filosofici che emergono: il concetto del migliore dei mondi possibili i del filosofo tedesco Gottifred Wilhelm Leibniz e l’idea di giustizia e utilità sociale dello scozzese David Hume.

IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI

La filosofia di Leibniz è diretta a giustificare l’esistenza di un ordine necessario e non determinato ma spontaneamente organizzato e quindi libero. Cosa vuol dire? Il primo aspetto da tenere a mente è che quando Leibniz parla di “ordine” non vuol dire che esso sia “necessario”. La necessità, ossia l’aspetto per cui una cosa è così com’è senza ulteriori spiegazioni, risiede nel campo della logica e non nel campo della realtà e dell’esperienza. Una cosa reale, quindi, non è mai necessaria ma possibile perché accade sempre per una causa. Per questo motivo il filosofo tedesco distingue le verità di ragione dalle verità di fatto:

  • le verità di ragione sono identiche a se stesse, assolute e universali e si basano sul principio di identità e di non contraddizione. Esse non hanno un legame con l’esperienza ma concernono i principi della matematica e della geometria;
  • le verità di fatto sono contingenti ed empiriche e si basano sul principio di ragion sufficiente per il quale nulla accade senza una causa.

Il principio di ragion sufficiente è proprio quello che Leibniz cercava per giustificare l’ordine delle cose, un ordine che non escludesse la scelta libera. Se ci si chiede come mai tra tutti i mondi possibili solo questo è reale, bisognerà trovare la ragion sufficienza della sua esistenza nella libera scelta di Dio. Quindi, la ragion sufficienza della realtà del mondo è che esso è il migliore di tutti i mondi possibili e che Dio, nella sua perfezione, doveva fare questa scelta. Il dovere da parte di Dio non implica una necessità assoluta ma l’atto della volontà di Dio, il quale ha liberamente scelto questo mondo in conformità alla sua natura perfetta.

LA GIUSTIZIA E L’UTILITÀ SOCIALE

Da buon empirista, l’intento principale di David Hume non è quello di prescrivere certi comportamenti in base a dei principi assoluti, ma quello di descrivere, partendo dall’esperienza della realtà, come e secondo quali principi gli uomini si comportino nella loro vita. Fatta questa doverosa premessa, per Hume la giustizia e la morale devono tendere verso un fondamentale obiettivo: l’utilità sociale. Solo in base a tale principio è possibile creare una società in cui giustizia e moralità siano legittimamente orientate all’utile. Per tale ragione a muovere l’uomo è un forte sentimento di simpatia attraverso il quale l’individuo lega il proprio benessere all’utilità sociale. Il fatto che la giustizia sia necessaria a mantenere in vita la società attraverso la ricerca dell’utile, essa è il fondamento della società stessa. Ora, poiché la giustizia è considerata una virtù, l’utilità collettiva può essere considerata il fondamento di tutte le virtù.

DEATH NOTE

Light Yagami, il migliore studente di tutto il Giappone ma fortemente annoiato, un giorno, dalla finestra della sua classe, vede cadere dal cielo un quaderno nero. Raccogliendolo ne legge il titolo, Death Note, “Quaderno della morte”. Pensando a uno stupido scherzo, al suo interno trova delle regole che affermano che chiunque scrivesse il nome di una persona di cui conosce il nome, ella morirà. Non credendo a quanto scritto, il ragazzo decide lo stesso di provare. La tv porta in diretta la notizia di un uomo che tiene in ostaggio dei bambini in una scuola elementare. Il telegiornale mostra il volto e il nome del criminale. Light, una volta scritto il nome del criminale, attende 40 secondi dato che una delle regole del quaderno afferma che se non si specificano le condizioni della morte, la vittima morirà per arresto cardiaco dopo, appunto, 40 secondi. Passato questo breve lasso di tempo, alcuni bambini corrono fuori la scuola e i giornalisti affermano che il sequestratore si sia accasciato a terra misteriosamente perdendo la vita. Seppur sconvolto, Light è ancora scettico riguardo il potere del quaderno e decide di fare ancora una prova. Dopo aver terminato le lezioni serali si ferma in una libreria. All’esterno nota un gruppo di motociclisti intenzionati a violentare una ragazza. Uno di loro si presenta pronunciando nome e cognome e Light non si lascia sfuggire l’occasione. Questa volta però, oltre al nome dell’uomo, descrive anche le dinamiche della morte. Poco dopo lo stupratore, nell’inseguire la ragazza, viene investito da un camion proprio come aveva scritto Light. Ora il ragazzo non ha più dubbi, il quaderno funziona. Successivamente farà la conoscenza del vecchio proprietario del quaderno, lo Shinigami Ryuk, un dio della morte nel folklore giapponese, il quale rivela di aver fatto cadere il quaderno sulla Terra per portare un po’ di brio alla sua vita noiosa. Ed è così che iniziano le vicende di Death Note, le quali porteranno Light a diventare il giustiziere invisibile di tutti i criminali del pianeta, tanto da venire soprannominato dall’opinione pubblica Kira (trasposizione giapponese della parola killer), e ad ingaggiare un duello fatto di bugie, astuzie e sotterfugi con Elle, il miglior detective del mondo.

Prendendo in esame ciò che abbiamo detto in precedenza, l’intento di Light è chiaro: egli vuole costruire il migliore dei mondi possibili secondo la sua visione e la sua scelta, ossia eliminare i criminali per il bene della società. Seguendo ciò che dice Hume, l’intento di Light si basa sull’utilità sociale: i criminali sono un danno per la società, ne ostacolano il giusto funzionamento e per questo motivo vanno eliminati senza alcun processo o pena. Come un Dio che plasma la sua creazione, Light vuole costruire un mondo in cui il crimine non esiste. Ma è davvero il migliore dei mondi possibili quello cha in mente il ragazzo? Ovviamente e banalmente la risposta è no. Anche perché ciò che muove Light non è dettato da principi morali, seppur ampiamente distorti. Ciò che lo muove è innanzitutto scacciare la noia che lo attanaglia perennemente e per questo inizia a giocare a fare il Dio uccidendo i criminali. Con il passare del tempo però, assuefatto dal potere che il quaderno gli ha conferito, Light si convince di essere un dio così da avere il controllo sulla vita e sulla morte delle persone. I numerosi culti nati nel corso del tempo in onore di Kira non fanno altro che accrescere la convinzione di Light di essere una divinità capace di decidere il destino degli esseri umani. Più che da Leibniz e da Hume, sembra che Light abbia tratto ispirazione per i suoi piani dalle azioni di quel “politico” tedesco (austriaco per i puristi) del quale da un po’ di tempo non si può più pronunciare il nome (non stiamo parlando di Voldemort perché lui era inglese).

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