Il cervello umano è una macchina che elabora informazioni superiore a qualsiasi computer finora progettato. È così potente che ha bisogno di creare una complessa rete di schemi che lo proteggono da sé stesso, o meglio che permettono a chi lo usa di guardare la realtà senza essere sopraffatto dagli stimoli che vede. Per questo motivo la mente, la versione astratta del cervello, costruisce una sorta di barriere affinché le cose che percepiamo abbiano un senso e siano consapevoli a noi stessi. Infatti, si potrebbe considerare la coscienza stessa come uno spazio mentale circondato da una muraglia metaforica che fa da barriera verso quelle cose che non sopportiamo perché ci repellono o semplicemente perché si sovrapporrebbero ad altre informazioni e renderebbero la realtà un caos peggiore di quello che già siamo abituati a sopportare.
A questo punto è necessario dividere quelle che fin qui ho chiamato indistintamente barriere in due categorie: le funzioni psicologiche e le difese mentali. Quante volte, ad esempio, ci è capitato di trovarci in una folla rumorosa (ad un concerto, in discoteca o tra la folla mormorante) e di ascoltare un amico che ci parla mentre tutto intorno a noi c’è una confusione estrema? In quell’istante la funzione psicologica dell’attenzione crea una barriera tra noi, il nostro interlocutore e l’ambiente esterno concentrando le orecchie a ricevere con precisione i suoni emessi da chi ci sta parlando in modo da capire quello che sta dicendo nonostante, se si misurassero i decibel, la voce del nostro amico risulterebbe più bassa del rumore circostante. Altri tipi di funzioni come la presa di decisione, la risoluzione di problemi o la stessa memoria agiscono in modo da creare queste barriere mentali che filtrano le informazioni necessarie attraverso il modo stesso in cui operano e ci permettono di adattarci e fare quello che solo gli esseri umani sanno fare.
L’atra categoria di barriere sono le difese psichiche; diciamo che questo tipo di barriere sono un po’ più sofisticate delle prime descritte e, per questo, capita spesso di non riuscire a maneggiarle adeguatamente e, quando questo capita, di utilizzarle in modo da crearci vere e proprie barricate mentali tra noi e la realtà del mondo. Come avviene tutto questo?
Per capirlo bisogna considerare prima di tutto che oltre quella muraglia metaforica che circonda la coscienza risiede più o meno l’80% dell’attività mentale che quelli bravi definirebbero inconscia ma che, per evitare di offendere la psicoanalisi classica, mi piace chiamare inconsapevole. Questo spazio mentale è governato da regole leggermente diverse da quelle che organizzano la coscienza: se il mondo cosciente è organizzato secondo il principio di realtà della coerenza logica e dell’economia mentale, nella parte restante della mente vige il principio del piacere che deve essere soddisfatto prima di ieri. Anzi, deve essere continuamente soddisfatto visto che, in mancanza del principio di realtà, non c’è una temporalità definita e tutto succede contemporaneamente. Visto che, come si può immaginare, fuori dalla coscienza l’attività mentale è un gran casino, le difese mentali fungono da organizzatori psichici verso gli elementi che popolano questo “spazio” in modo da rendere sopportabile alla coscienza un pezzettino alla volta di questa babele di impulsi (che sempre quelli bravi chiamerebbero pulsioni o istinti). Il meccanismo d’azione delle difese psichiche si basa sul distorcere la realtà di un determinato impulso quel tanto che basta per essere autorizzato a superare la muraglia metafisica di cui sopra creando, in questo modo, una barriera tra la realtà di ciò che desideriamo e la rappresentazione cosciente del desiderio stesso. Esempio: subiamo una delusione d’amore e, come le più classiche scene di serie tv, ci viene voglia di mangiare del gelato davanti ad un film strappalacrime…o almeno questo è quello che ci raccontiamo! In realtà, il nostro impulso sarebbe quello di umiliarci pubblicamente pur di riottenere l’affetto e la dolcezza di cui la relazione d’amore finita ci ha privato. Essendo qualcosa di insopportabile da pensare o di semplicemente impossibile da ottenere, la nostra stessa mente crea questa barriera tra noi stessi e i nostri desideri (nel cui mondo, ricordo, vale solo la regola dell’appagamento) così da riuscire ad essere in grado di “pensare” un desiderio inaccettabile trasformato in voglia di mangiare cibi dolci e, in fin dei conti, di appagarlo seppur metaforicamente: non avremo riottenuto l’affetto perduto ma almeno siamo sazi di dolce.
I problemi vengono fuori quando queste difese psichiche vengono usate sempre allo stesso modo, per trasformare o sopprimere sempre lo stesso desiderio o, in conseguenza a tutto ciò, diventano esse stesse la lente attraverso cui leggiamo la realtà che ci circonda facendole organizzare le suddette funzioni psicologiche. Arrivati a quel punto la barriera tra noi e la realtà è diventata una barricata spessa e insormontabile, da tirare giù con l’aiuto di uno, più di uno, bravo.
PS: ogni riferimento a psicologi e professionisti della salute mentale è puramente casuale.
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