Si può esportare la democrazia? È questa la domanda che ci siamo posti assistendo impotenti a ciò che sta accadendo in Afghanistan, terra stuprata mortalmente dall’arroganza e dall’avidità occidentale. Gli americani, da sempre, hanno risposto di sì a questo quesito. Dopo il passaporto per le armi, il cibo spazzatura, Hollywood, il popolo a stelle e strisce ritiene che il traffico di democrazia sia possibile, anzi necessario per risollevare le sorti di un Paese. Altri, invece, credono che la democrazia è un processo troppo lento e doloroso e che non può essere semplicemente imposto attraverso l’utilizzo delle armi. E che l’errore più grave commesso – ad esempio proprio in Afghanistan – è quello di aver ignorato la storia di un popolo fortemente condizionato dalla religione e da codici comportamentali radicati come l’aria.
Dopo la pausa estiva, la nostra banda di #scarpesciuote proporrà quindi una serie di riflessioni sulla democrazia e sulla reale possibilità o meno di esportarla. E lo farà tenendo sempre davanti agli occhi le crudeli immagini di mani speranzose aggrappate alle ruote degli aerei occidentali, di madri che hanno affidato i propri figli ai soldati nella speranza che possano avere un futuro migliore del proprio.
Antonio Lepore
Andrea Famiglietti
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