Stavo in macchina. Il semaforo era arancione ma io ho inchiodato, preferendo non rischiare. Ho svoltato a destra e alla prima posizione utile mi sono fermato. Sono sceso dall’auto, mi mancava l’aria, ero tutto sudato, solo una domanda mi circolava in testa “Da quando ho smesso di rischiare?”. Non lo ricordavo più.
Probabilmente l’ultima volta che ho rischiato è quando qualche anno fa ho baciato una ragazza che non mi aveva lanciato chissà quali segnali. Finì con uno schiaffo e con me che raccontavo in giro che in fondo avessi una zanzara sulla faccia e che il fatto che lei non si facesse più sentire è perché i tipi tatuati e maledetti, dall’alba dei tempi, tirano sempre di più. Insomma, un po’ di colpa al destino ed un’altra ai gusti ambigui delle persone.
Da lì, da quel bacio assolutamente ricambiato (sto scherzando, altrimenti una mia amica crede che io sia serio e mi potrebbe dire “guarda che lì c’è una contraddizione), non ho più rischiato, nemmeno al bar, sempre “Negroni”, nemmeno al cinema, la scelta è sempre di un altro, nemmeno nella mia vita, immobile ad aspettare semplicemente che le cose capitassero. Avevo la barba che cresceva sempre di più, quasi a non voler rischiare nemmeno più la faccia, avevo il cuore che “ma guarda, questo ostacolo è bello figo”. Avevo un corpo enorme: era l’unico modo per sfamare una tristezza che ti divora da dentro, che ti fa credere che senza di lei tu non possa vivere.
Poi ho rischiato e ho messo incinta una scema (sto scherzando).
Eppure adoravo inseguire le onde, giocarmi il tutto per tutto con le persone e con i giorni, che mica sono infiniti. Poi, tra un amore sbagliato ed un successo professionale, accade il freddo dentro di te, le gambe pesanti e la mente annebbiata. La tua vita diventa una stazione, ogni giorno a salutare chi va via perché la promessa di restare qualsiasi cosa accada è soltanto un tormentone estivo, una foto di due innamorati sui social.
E incominciano i dubbi sulle tue capacità, le paure ti marcano a uomo: semplicemente quello che ti faceva stare bene ora ti fa male. E non c’è nulla di peggio. Inizi a cambiare con ossessione ogni canzone, ogni film, ogni persona, ogni luogo, ogni pensiero, ogni obiettivo, ogni sogno. Desideri soltanto che tutto finisca nel giro di un secondo così da poter dare ragione a quello che il mostro dentro di te ti suggerisce quotidianamente: sei al mondo per utilizzare esclusivamente il telecomando.
Poi un giorno, con le mani in tasca, ti affacci giù e noti che quei calzini non si abbinano ai pantaloni, però ‘sto fatto ti strappa un sorriso, è come se ti desse uno strattone all’anima. E decidi comunque di uscire, anzi li metti in mostra: è un piccolo rischio per gli altri, ma un grande rischio per te (semicitazione). Le cose grandiose, in fondo, iniziano sempre a caso, a cazzo di cane come direbbe qualcuno.
E da lì, a poco a poco, ho compreso che il rischio di vivere, tra tutti i rischi, è quello a cui dire sempre sì, ogni giorno, anche quando la ciorta ti gira contro, anche quando giochi al nascondino ma gli altri non lo sanno.
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