Ho visto il mare ed era agitato, coraggioso, testardo, aggrappato alla vita e forse anche al cielo. Mi ha ricordato te negli ultimi giorni di questa vita che ognuno vive a modo suo. Ho sorriso e ti ho lasciato andare, almeno fino a domani.
Sono settimane di valigie da preparare e da disfare, un pò come i progetti di ognuno di noi. A me piglia la malinconia in entrambi i casi. L’altro ieri, poco prima di partire, speravo che il mostro del letto mi inghiottisse così da non alzarmi. Non so perché provo questo sentimento ma pazienza, non tutto nella vita ha una risposta. In ogni caso, ho chiuso la zip del borsone e poi sono accadute cose straordinariamente normali: un’amica che mi ha strappato una risata dal gusto d’amore, le birre ghiacciate che in combo col tramonto ti strappano fuori la paura di farcela, le bestemmie contro la mia pigrizia che mi ha costretto a dimenticare la crema solare, un bagnino scostumato ma che scopa più di me, il timore di mandare un messaggio, la bellezza di un cielo rosso che sembrava mia madre ed io aggrappato alla sua gonna, la gentilezza di un passante, una ragazza che sta lì ad aspettare chissà cosa ma felice: che meraviglia la fiducia nell’attesa di qualcuno/qualcosa.
Le riflessioni che innesca la galleria del mio iPhone. Mi hai perdonato? Quanto ero felice in quel paese sperduto. Ero preoccupato dal nulla e non sapevo che voltando l’angolo sarei entrato in guerra. Chissà se la tua collezione di scarpe è aumentata ulteriormente oppure hai deciso di fermarti, io mi sono fermato nel collezionare cose inutili, a partire dai silenzi che costellavano i miei giorni. Non era male quel gelato. Ero più giovane eppure se adesso guardo i miei occhi provo qualcosa. Non ti ho più chiamato, lo so, ma ti auguro il meglio. In quella casa ci ho lasciato un pò della mia felicità e soprattutto un pacchetto pieno di sigarette.
Ma quanto cazzo fanno male e bene i commenti sotto alle canzoni di YouTube. Ascoltavo una canzone dei Verdena e un tizio ha scritto che il pezzo gli ricordava un suo vecchio amore, che durante un’ora di educazione fisica alle scuole superiore gli fece ascoltare questa canzone. Parole d’amore, inzuppate di malinconia e di rimpianto. Forse ho qualche problema, ma ho immaginato lei che leggeva questo commento mentre accarezzava i capelli di suo figlio e che per un attimo ha avuto la tentazione di rispondergli, magari scrivendo “dopo di te ho baciato altri, ho fatto l’amore in altre posizioni, ho realizzato nuovi sogni e subito cento sconfitte, ma quel momento, quello in cui le mie cuffie sfioravano le tue orecchie, è rimasto figlio unico. Ci appartiene”.
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