Bilancio di fine anno di un scarpa sciuota

Bilancio di fine anno di un scarpa sciuota

Un dicembre così piovoso e così rigido non lo ricordavo da tempo e, onestamente, faccio ancora fatica a crederlo tale. Le basse temperature che in questi giorni sono piombate così violentemente sulla Valle del Sabato hanno avuto l’ingrato compito di ricordarci che il mese di dicembre, in fondo, è l’anticamera dell’inverno. Potrebbe sembrare poca cosa, ma per un avellinese dicembre rappresenta un allarme importante: significa, infatti, che bisogna prepararsi a tre mesi di freddo intenso, vento impetuoso, abbondanti piogge e qualche sporadica nevicata. Ma significa soprattutto dimenticare i luoghi cittadini.

Anche se considero fortemente interessante affrontare il rapporto che intercorre tra avellinesi e il mese di dicembre, ritengo più calzante riflettere su quanto l’ultimo mese dell’anno spinga ad una fetta più ampia di popolazione globale ad attraversare alcuni momenti emozionali particolari.

Volendo mantenere la riflessione sul piano culturale e confessionale potremmo dire che a dicembre si celebra la nascita di Cristo, ma se ci abbandoniamo a riflessioni più materialistiche quello che di più suscita emozioni è la considerazione che un altro anno volge al termine.

Ci ritroviamo, volontariamente o meno, a ripensare a quello che è stato il nostro anno appena trascorso. Insomma dicembre è tempo di bilanci. In queste ultime settimane anche noi provvederemo a fare lo stesso e di conseguenza anche il sottoscritto proverà a redigere un bilancio personale sociale.

BILANCIO PERSONAL – SOCIALE DI ANDREA FAMIGLIETTI

«Dal diario di Andrea Famiglietti…»

L’anno che ormai volge al termine è stato un anno estremamente intenso. Pienamente consapevole della centralità che il lavoro assume nelle nostre esistenze, non posso far a meno di partire da quella che è stata la mia prima vera novità: dopo 5 anni di lavoro precario ho deciso di non “lavorare più”. Il mese di marzo è stato l’ultimo mese in cui ho ufficialmente svolto un lavoro dipendente. Un salto nel vuoto che si è dimostrato emozionante all’inizio, noioso in seguito e spaventoso all’ultimo. Un salto e una scelta che non ho compiuto da solo, stando ai numerosi articoli pubblicati, visto che la percentuale di giovani che in questi due anni di pandemia ha deciso di licenziarsi o di interrompere ogni rapporto di lavoro precedente è paurosamente elevata.

Una solitudine rumorosa, mi verrebbe da pensare. Ma resta comunque una scelta che è servita a prendere in mano la mia vita, non senza una certa difficoltà. Ho vissuto mesi di mancanze, tra tutte la più assurda è stata rappresentata dalla routine e dall’abitudinarietà delle azioni che si compiono durante i giorni lavorativi. Pratiche in cui ci rifugiamo per sentirci più al sicuro, protetti dall’incessante scandire del tempo e dall’imprevedibilità dei giorni che man mano si fa sempre più paurosa.

L’impossibilità ad avere il diritto a un presente e un futuro dignitoso ed indipendente e dover far ricorso, ancora e soprattutto, all’unico sistema di welfare funzionante in Italia, la famiglia.

La consapevolezza di essere costretti a vivere in una realtà in cui il tempo libero deve essere consumato e subordinato ad un prezzo si è fatta più evidente e più pesante. Così il grado di indipendenza economica minima, precedentemente posseduta, è pressoché scomparsa e mi sono ritrovato a vivere rarissimi momenti di socialità.

Ma tutte le mancanze sono state bilanciate dai numerosi impegni e dagli obiettivi che ho dovuto rincorrere. Lo studio per l’insegnamento, le collaborazioni con nuovi enti per continuare a progettare e soprattutto la registrazione dell’associazione per continuare ad operare e, finalmente, lavorare sul territorio. Sono questi i contrappesi ad una situazione estremamente difficile che ancora oggi mi fa paura.

Non sono stati mai momenti dolci quelli trascorsi, quasi tutti sono stati accompagnati da fatica e nervosismo, ma voglio sperare che in un futuro non molto lontano ogni nostra azione, ogni nostro sacrificio, possa ritornare anche solo come insegnamento.

Adesso dovrei concludere questo bilancio con un giudizio, ma so per certo che c’è una scappatoia, una via d’uscita che ognuno di noi prende in analisi per non doversi abbandonare ad un giudizio drastico e definitivo dell’anno appena trascorso…

LA LISTA DEI BUONI PROPOSITI DELL’ANNO PROSSIMO

– Abbattersi di meno alle difficoltà che affronto;
– Non rinunciare mai ad una passeggiata all’aria aperta;
– Continuare a non volgere lo sguardo altrove quando le cose mi sembrano ingiuste;
– Riuscire ad andare allo stadio almeno una volta (sperando che i biglietti non costino troppo);
– Vedere l’Avellino in serie B(è più una speranza irrealizzabile che un buon proposito);
– Imparare a suonare alcuni pezzi di Leonard Cohen sull’Ukulele;
– Rallentare il passo in strada;
– Prendere più spesso la bicicletta;
– Non accettare più lavori a 600 euro al mese per 40 ore settimanali;
– Non sottomettersi ad altri bullshits jobs (che Graeber mi perdoni);
– Andare almeno una volta al mare;
– Bere una birra in meno di quelle che vorrei bere;
– Superare almeno una volta un concorso pubblico statale per vedere cosa si prova;
– Non accumulare più di 20 libri non letti;
– Lamentarsi ogni tanto anziché ascoltare solo gli altri che si lamentano;
– Sentirmi meno precario;
– Andare in montagna;
– Fare ricerca sul campo;
– Dare una speranza a chi ne ha bisogno;
– Aiutare di più gli amici;
– Accettare di farsi aiutare dagli amici quando sono in difficoltà;
– Essere meno permaloso;
– Non prendere in giro chi indossa la canottiera anche d’estate;

continua…

La cartolina

La cartolina

Come si costruisce una democrazia?
Così come si ricostruisce un piccolo paese.
Con coraggio
Soprattutto con il proprio.
Si rimettono insieme i pezzi.
Si riscrive una parola cancellata su una targa.
Per ridare speranza nel futuro.
La parola democrazia la si può cancellare in un solo colpo.
La si può bandire.
Ci sarà sempre qualcuno pronto a battersi per lei.
Per quella parola.
Qualcuno che ritroverà il proprio coraggio.
Per riscriverla.
Irpinia 2021

La cartolina

La cartolina

Michele non si ferma
Con e nonostante la pandemia
I suoi sono da sempre viaggi senza selfie da postare
Viaggia per tutti
Anche per chi in questi mesi é rimasto comodamente sul divano a maledire il covid per le sue partenze mancate
E per i selfie persi
Michele non si ferma
Non puó
La radio passa la notizia di un nuovo lockdown
Michele accende il motore
Parte
“Senza fermata”
Irpinia 2021

Senza fermata, Irpinia 2021, Lorenza Melillo
Se il virus cambia, cambio anche io

Se il virus cambia, cambio anche io

Cara Fabiana,

oggi a Parma nevica (28 dicembre 2020, ndr) . Non avevo mai visto così tanta neve tutta insieme, i fiocchi che percorrono una linea orizzontale trasportati dal vento, i miei piedi che affondano nel bianco.

È proprio in giornate come queste che ai miei occhi appare ancora più chiaro quanto la mia vita sia pervasa dal cambiamento. Un cambiamento che ho voluto, che ho scelto e di cui vado anche abbastanza fiera.

Non bisogna dimenticare, però, che esiste anche un altro di tipo cambiamento ed è quello a cui la vita ci sottopone senza consultarci, un vortice di avvenimenti strafottente della nostra volontà che ci trascina via con sé.

Diciamoci la verità, questo secondo tipo di cambiamento è quello più presente nella vita di ognuno di noi. Anzi, direi che è l’essenza principale della vita. Il cambiamento è vita.

Vista sotto quest’ottica, quindi, quest’anno, di vita ce n’è stata proprio tanta, densa come la cioccolata calda di cui ora avrei tanto voglia.

Una cioccolata, però, rigorosamente amara, dato che i cambiamenti di questi mesi sono stati tutt’altro che piacevoli. Un virus misterioso ha sconvolto le nostre giornate, le nostre abitudini, insomma ci ha tolto il potere di governare la nostra vita.

La sensazione è quella di essere stati costretti a un blocco, una cristallizzazione. Chiusi nelle nostre abitazioni abbiamo lavorato e studiato a distanza, rinunciato alle uscite non necessarie, ad amici e parenti. E beffa della beffa, in questi giorni inizia a circolare la notizia che, mentre noi stiamo fermi, il virus, proprio quel nemico che è causa del nostro stop, ha deciso di mutare, di cambiare appunto.

Panico? Certo che no. Che ci piaccia o no l’idea, ogni virus non è altro che un organismo già presente in natura e che tende ad adattarsi, e quindi mutare, in base alle condizioni offerte dall’ambiente che lo ospita. Insomma, è un tipo come noi, con caratteristiche molto simili alle nostre.

In quanto tipo come noi, però, qualcosa non quadra. Perché il virus continua a cambiare, mentre noi siamo bloccati? È proprio qui, l’errore, cara Fabiana. Un errore di percezione a esser precisi.

Pensaci. È vero, in questi mesi siamo stati fisicamente fermi, rallentati nelle mille cose da fare, limitati. La nostra testa, però, non conosce ostacoli architettonici è ha continuato a riceve input dall’esterno che hanno contribuito a un accrescimento di informazioni da elaborare, di esperienze. Seppur da fermi, anche se risulta difficile crederlo, in questo momento siamo i protagonisti di una delle esperienze più forti della nostra vita. Il cambiamento è inevitabile, forse molti lo capiranno più in là.

Un cambiamento personale, in seguito al quale ognuno raccoglierà i propri frutti più o meno aspri. Io spero ci sia tanta riflessione e una riconsiderazione di quali sono i veri valori della vita. Quelli che in questi mesi ci sono stati tolti, ma che avevamo già un po’ perso prima che iniziasse quest’incubo.

Quando il virus si ritirerà, non torneremo a essere quelli di prima, saremo diversi, cambiati. Il nostro cambiamento è già in itinere. Lo è sempre. Di certo, quando il velo del virus sarà strappato via, non avremo più scuse per evitare di  prendere in  considerazione quello che siamo alla luce del sole.

C’è tempo per cambiare

C’è tempo per cambiare

Gran parte di queste strane e particolari festività sono passate, la totalità di esse accenna a concludersi e come spesso accade in questi giorni natalizi siamo stati attraversati da una moltitudine di emozioni.

Posti ai vertici di una nostra personale altalena le emozioni che si sono susseguite sono state davvero tantissime.

Sicuramente due sono state le sensazioni che ci hanno investito in questi giorni. Impossibile farsi trasportare da quella più recente: il 25 dicembre abbiamo visto, tra una portata e l’altra, un furgone di surgelati intento a percorrere lo stivale in direzione Roma. Scortato dalle forze dell’ordine ha portato fino alla capitale le prime dosi del vaccino. Un trasporto più simbolico che altro, fondamentale a ricucire nell’immaginario simbolico collettivo quell’idea, occidentale e un po’ holywoodiana, di un miracoloso Natale.

Un viaggio quello di queste dosi che giungeva in un momento particolare e che si è stato accompagnato da immagini di speranza e sollievo, ma anche dalle più disparate forme di ironia. Tra tutte ho particolarmente amato quella in cui Mario Brega, nei panni di “Er Principe”, si ritrovava intento a fare un’iniezione a “Sora Lella”. Ma in fondo si sa che quando si pensa a Camion e siringhe non si può fare a meno di pensare a questa memorabile scena del film di Verdone.

Ma se da una parte la speranza ha preso il sopravvento, dall’altra ci siamo ritrovati a vivere attimi di disperazione. Abbiamo infatti vissuto attimi estremamente intensi di disperazione quando abbiamo appreso che in Gran Bretagna era stata scoperta una nuova variante del virus.

L’euforia causata dalle diffusioni delle prime immagini della campagna nazionale di vaccinazione britannica è durata pochissimo e si è subito scontrata con quell’accenno di disperazione di chi cerca in tutti i modi di fuggire da una terribile maledizione e che malgrado i tentativi non accenna a dissiparsi.

Purtroppo la vita non è come una commedia di Natale, dove alla fine tutto va sempre e comunque per il verso giusto. Certo, ci abbiamo provato in tutti i modi a convincerci, almeno simbolicamente, che a Natale, con la fine dell’anno tutto si sarebbe risolto e tutto sarebbe andato per il verso giusto. Ma non avevamo fatto i conti con la natura. Quello che in questo mese abbiamo dimenticato, è che il virus è un organismo e in quanto tale può adattarsi e modificare in base alle sue necessità di sopravvivenza.

In questi mesi abbiamo dimenticato che non solo gli organismi più piccoli e invisibili sono soggetti a cambiamenti, ma anche noi.

Sicuramente a distanza di un anno sono state tantissime le cose che sono cambiate e sicuramente abbiamo avuto modo di percepire questo cambiamento. Quello di cui non siamo totalmente consapevoli è che a cambiare sono state le nostre stesse città, le nostre strade, i nostri luoghi di lavoro e di aggregazione.

Obiettivo di questi giorni sarà proprio quello di mettere in evidenza questo cambiamento, questo continuo trasformarsi in seguito agli accadimenti.

Lo faremo con nostro solito stile, augurandovi di avervi al nostro fianco per questo 2021!

Antonio Lepore

Andrea Famiglietti