Abbecedario di provincia: lettera B

Abbecedario di provincia: lettera B

Il brivido di una foto che sfiora i miei occhi. Ma quanto cazzo è forte prendere da dietro un momento tipo una madre col figlio e dirgli “non ti muovere da qui, altrimenti sono guai”. Forse foto è il nome sbagliato: sarebbe stato più giusto chiamarla sbloccaricordo, bloccatempo oppure che meraviglia il cielo di luglio sopra i capelli di mio padre che mi insegna che avere paura è giusto, è sinonimo di intelligenza, ma è ingiusto bloccarsi in riva al mare e sprecare tutta ‘sta bellezza.

Il brivido di averti visto andare via per l’ultima volta. Lo avessi saputo prima, ti avrei confidato almeno la felicità che ho provato a vivere un pezzo di questa vita con te. Che poi non sarebbe cambiato il finale, quando si strappa il cuore è inutile stare lì a tergiversare, però mi viene comunque da sorridere a giocare con la linguetta della Coca- Cola e sperare per un secondo che esca la prima lettera del tuo nome, pensa te che coglione che sono.

Il brivido di lasciare spazio alle nostre paure e di non allontanarle per forza. Capiremo, un giorno, che anche l’autunno riesce a raccontare storie di rinascita, di resistenza. Io, ad esempio, sto imparando a non mettere la pomata sui morsi di zanzara. Certo, finché non svanisce il dolore, ho sempre timore che il tutto possa evolversi negativamente e che prima o poi arriverà il medico a dire ai miei genitori e al mio barista preferito: “Signori, non c’è più nulla da fare, vostro figlio ci ha lasciato”. Eppure, voglio provare non a combattere le mie paure bensì ad accoglierle, a conoscerle, perché in loro sicuramente ci sono tanti piccoli pezzi di me che dovrò necessariamente raccogliere per dare un senso a sto baccalà che sarei io.

Il brivido della strada di ritorno. Ritornando al discorso sulle paure, c’è una cosa che mi ha sempre spaventato, anche più delle persone che postano ciò che mangiano sui social: non avere qualcosa/qualcuno a cui ritornare. Forse è sgrammaticata come frase, ma non me ne frega un cazzo. In qualunque posto del mondo io stia, qualsiasi cosa stia facendo, io vorrei avere una strada del ritorno da percorrere. Ecco, mettere le cuffie, selezionare la canzone preferita del momento, fare il primo passo e sentire subito l’odore di casa, dei discorsi sul meteo e sulla politica sempre troppo corrotta per mio padre, la tua stanza ancora piena di parole e di post-it sugli appuntamenti di un domani che non è mai arrivato, quelle cose, insomma, che sostituiscono l’asfalto che separa i miei occhi dal mio piccolo e incasinato universo.

Abbecedario di Provincia: Q di qualcosa

Abbecedario di Provincia: Q di qualcosa

Sì, lo so che fa caldo. E faceva caldo anche qualche anno fa, quando magari le tue lentiggini prendevano a cazzotti la tua voglia di uscire. Guardati ora, invece, che non vedi l’ora di vedere la tua faccia riempirsi di puntini colorati. Le cose cambiano, mia cara: ciò che ci faceva paura ieri, oggi ci strappa un sorriso. E forse è questo che mi aiuta ad andare avanti: la speranza di trasformare le mie angosce in qualcosa per cui valga la pena lavarsi i denti tutti i giorni.

Qualcosa da aggiungere ai film di Allen, alle canzoni solo chitarra che un pò mi danno sollievo, alle lettere che vorrei scrivere prima di crepare. Qualcosa che combaci perfettamente a quel centimetro che mi separa da un attimo di felicità. Qualcosa che mi dia la spinta per chiedere scusa a quell’amico, qualcosa che mi consenta di non perdere tempo in maldestri tentativi di vivere. Qualcosa che mi faccia guardare nello specchio e sticazzi della pancia, delle cicatrici che non mi ricordano chissà cosa.

Vorrei, un giorno, scendere un milione di scalini senza tenerti per mano, bensì vederti correre lontano da me per vedere se da lontano, forse, riesca a scorgere quel barlume di bellezza che tu, ostinatamente, mi doni ogni giorno. Forse è questo quel qualcosa per cui valga la pena lavarsi i denti tutti i giorni. Oppure è mia madre che si tiene dentro ogni sacrificio perchè il suo cuore è grande, più del mio egoismo. Forse quel qualcosa, in fondo, è il dolore che mi spezza in mezzo al petto, che però giorno dopo giorno allarga sempre di più i miei polmoni e sento l’aria che entra dentro ed io che sto bene.

Quel qualcosa, forse, è un cazzo di tramonto che ancora una volta riesco a fotografare e che mi fa pensare: “vedi tu che deficiente, il cielo mi ha dato un altro giorno ed io perdo tempo a rincorrere domande che non avranno mai una risposta”. Però poi mi dico che è banale come considerazione. E se invece quel qualcosa per cui valga la pena lavarsi i denti tutti i giorni è tutto qui? Cioè la consapevolezza che ogni giorno è una partita da vincere o da perdere: il pareggio no, che Dio si offende.