Nessuno ti obbliga ad andare

Nessuno ti obbliga ad andare

Resistere, adattarsi, rassegnarsi, reinventarsi. Sono queste le parole che mi vengono in mente e che descrivono, a mio parere, perfettamente quello che avrei dovuto fare se avessi deciso di restare a Napoli. Per tre quarti sono parole dalla natura negativa, poi un barlume di speranza. Sì, perché la verità è che ognuno si vive la vita che vuole vivere e che tutto, ma veramente tutto, è relativo.

Le variabili che conducono a prendere una decisione sono sempre tante e passano dal contesto, ai mezzi che si hanno a disposizione, fino ad arrivare alla personalità di quel dato soggetto che si trova ad affrontare una situazione e magari a fare una scelta.

Fossi stata più devota al sacrificio e alla sopportazione oppure avessi avuto un carattere più forte e determinato, fossi stata ricca o poverissima, forse ora sarei a Napoli e vivrei pure bene.

Un manuale su come fare per non doversene mai andare non esiste. Non sarebbe neanche giusto averlo. Vorrebbe dire rinunciare alle emozioni, agli istinti, a tutto ciò che si sente e non si programma.

Sono andata via perché così mi andava di fare, perché dall’esterno mi arrivavano più sollecitazioni che dall’interno, semplicemente perché sono io, forse perché così doveva andare.

Che poi, sia chiaro, andarsene non è mica una colpa. La sensazione, infatti, è che ci sia una continua condanna da parte di chi resta nei confronti di chi se ne va. Come se chi decide di andare fosse un traditore, uno che non ci tiene alla propria terra madre, un debole.

Allo stesso modo, chi è andato via guarda dall’alto al basso chi è rimasto, il più delle volte aggettivandolo come vigliacco, nullafacente, legato alle comodità.

Non vuoi andare via? Resisti e sopporta tutto ciò che non ti va giù, ingoia i bocconi amari e tira dritto. Adattati alle scomodità, ai disservizi, alle mancanze. Rassegnati perché viviamo in un mondo incomprensibile in cui tanti non riescono a fare una cosa buona e una testa calda riesce a generare una guerra. Reinventati e nel tuo piccolo genera qualcosa di positivo che ti possa far stare bene. Oppure semplicemente non ascoltare questi stupidi consigli. Semplicemente resta perché nessuno ti obbliga ad andare.

Dove stiamo andando?

Dove stiamo andando?

Dove stiamo andando? È una domanda che a un certo punto capita di porsi.

Non più un quesito che con gli amici si faceva largo durante qualche sabato sera in cui ci si trova impreparati al solito spettacolo offerto e nemmeno quella che ci poniamo con le nostre compagne o compagni durante qualche serata estiva, in cui cerchiamo di fuggire dalla calura estiva e dalla noia cittadina.

Dove stiamo andando è l’ago di questa nuova bussola con cui abbiamo cominciato a fare i conti in questa fase delle nostre vite.

Le nostre esistenze ci rendono naufraghi in un mare magnetico in tempesta che ci sbatte a destra e a manca e ci priva di quel senso di sicurezza che in un certo qual modo ha contraddistinto le generazioni che ci hanno preceduto.

Così abbiamo deciso che in queste due settimane fare un qualcosa di estremamente pericoloso per la nostra società.

Queste due settimane abbiamo deciso di fermarci per un momento, chiudere gli occhi, prendere fiato e ripensare a noi stessi, a quello che abbiamo costruito durante gli anni, a quanto abbiamo seminato e a quanto abbiamo raccolto.

In questi quattordici giorni vorremo chiederci di nuovo, tutti insieme, dove stiamo andando. Metteremo al centro di tutto le nostre vite in relazione al tempo in cui ci troviamo a vivere. Esistenze che sono il risultato di numerose variabili: delle istituzioni che ci hanno cresciuto e formato, del mondo del lavoro, delle sue regole e norme, prodotto delle nostre realtà urbane, provinciali che vedono vivere.

Il mondo cambia, tutto è in trasformazione, questa non è una scoperta. Quello che ci piacerebbe raccontare è come reagiamo a questi cambiamenti, come ci adattiamo alle trasformazioni che ci interessano. Siamo capaci di comprendere le direzioni che stiamo intraprendendo o ci ritroviamo in balia delle onde?

Scopritelo in queste prossime settimane, come sempre seguendoci su Scarpesciuote.

Antonio Lepore

Andrea Famiglietti