
Fallimento e rimuginazione vs fallimento e arricchimento personale
Che cos’è il fallimento?
Una persona decide di fare qualcosa, questo qualcosa ha un obiettivo da raggiungere e per raggiungerlo, appunto, fa delle azioni mirate al soddisfacimento dell’obiettivo. Dopo aver fatto qualcosa la suddetta persona valuta se ha raggiunto l’obiettivo per cui ha intrapreso la serie di azioni messe in pratica per cui, dopo averci ragionato su, percepisce di aver raggiunto l’obiettivo o di averlo mancato, la quale ultima ipotesi ricede appunto nel fallimento.
Messa in questi termini, il fallimento è l’esito di una serie di azioni finalizzate al raggiungimento di obiettivo, la peggiore delle due ipotesi possibili: fallire o riuscire. Una volta presa consapevolezza dell’esito delle proprie azioni, la persona in questione sa se quello che ha fatto è stato utile per sé o meno. Questa consapevolezza, di per sé, non ha un significato predefinito a priori ma viene riempita di significato dalla persona stessa. Il significato derivante può prendere due traiettorie tra loro opposte ma non per questo incontrovertibili. Dopo aver capito di aver fallito, infatti, viene sempre il momento delle riflessione su cosa sia andato storto, ed è questo il momento in cui si può andare verso l’una o l’altra delle traiettorie mentali possibili, avendo sempre la possibilità di invertire la rotta verso l’altra delle traiettorie.
Dicevamo delle traiettorie: queste sono essenzialmente l’arricchimento o la rimuginazione. Se la prima traiettoria deriva dalla riflessione su quanto accaduto e dal suo superamento attraverso la costruzione di alternative tramite l’aver imparato dagli errori, con la rimuginazione accade qualcosa di differente. Rimuginare sulle proprie azioni consiste nel ritornare, mentalmente, su quanto compiuto e soffermarsi sulla sua natura negativa. Questo soffermarsi diventa qualcosa di ripetitivo e insistente, al punto da tingere di negativo anche qualcosa che prima non lo era. La negatività che si abbatte sulle proprie azioni determina una visione di se stessi brutta, svalutata, ci rende incompatibili con le relazioni tra persone. E inoltre, la rimuginazione è un circolo vizioso: non ha vie d’uscita perché essa stessa rappresenta la via d’uscita a qualcosa di più profondo.
Chi rimugina, infatti, non si ritiene degno di essere perdonato: reputa che le azioni che ha commesso siano troppo malvagie e per questo merita solo sdegno. Ciò affonda le sue radici nel passato remoto individuale ma più che parlare di questo è utile comprendere come uscire dal circolo vizioso e prendere la traiettoria alternativa alla rimuginazione, ossia l’arricchimento personale. Questo è possibile ma non semplice, e richiede sempre qualcuno che ci supporta, sia esso un buon amico, un fidanzato o una fidanzata o uno psicologo.
Per rendersi conto di meritarsi il perdono per quel che si è fatto, è necessario riprendere qualcosa a cui, per colpa della rimuginazione, si è perso di vista, vale a dire l’obiettivo che si voleva raggiungere. Chi rimugina, infatti, prova una specie di piacere masochistico a commiserarsi e dimentica il motivo per ci aveva messo in pratica quella serie di azioni tanto deplorevoli. È come se ricordare di aver fatto qualcosa per un fine facesse perdere alla rimuginazione il piacere di autocommiserarsi.
Riprendere possesso dell’obiettivo a cui si mirava significa ricordarsi di aver voluto qualcosa e di aver provato a raggiungerlo. Ciò implica rendersi conto di aver potuto fare altro e apre alla riflessione costruttiva che porta a riconoscere i propri errori e, in seguito, a trovare la giusta via per evitare di commetterli in futuro. In poche parole serve ad arricchire il proprio bagaglio esperienziale per affrontare nuove sfide in futuro.
D’altra parte si sa, sbagliando s’impara! E solo chi sbaglia si concede il lusso di imparare.
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