da Andrea Famiglietti | Ago 25, 2021 | Riflessioni
La tematica con cui ritorniamo dopo questa piccola pausa estiva non è certo semplice e rivela più sfumature di quanto potessimo immaginarci.
Parlare di democrazia o rifletterci è una pratica che tendiamo a mettere in atto quando percepiamo uno stravolgimento drammatico, non importa quanto esso sia vicino o lontano. È quello che stiamo vivendo in questi giorni.
Ci siamo, infatti, ritrovati a riflettere su una miriade di aspetti. Tra questi anche su quello di democrazia. Negli ultimi giorni è ritornato spesso affiancato da altri termini quali modello occidentale, o democrazia liberale, da far emergere e contrapporre ad altri modelli di tipo illiberale o dittatoriali.
Si sono susseguite riflessioni, analisi e conclusioni. Purtroppo o per fortuna vostra non sono un esperto di politica estera e non sono qui a regalarvi l’ennesimo articolo d’opinione su una condizione geopolitica complessa e articolata.
Vorrei invece partire da questo aspetto per riflettere sul senso e significato che noi abbiamo della democrazia. Molto spesso tendiamo a relegare alla democrazia l’aspetto più rappresentativo, quello che per intenderci avviene nel processo elettivo.
Questo aspetto è spesso soggetto a semplificazioni e estremizzazioni che ci portano a definire la democrazia come un qualcosa di fallace e di profondamente incompleto. Limitiamo le nostre osservazioni a quest’unica pratica democratica, ma spesso ci dimentichiamo che con il termine democrazia si può e deve intendere un ampio ventaglio di pratiche.
Ma esiste un aspetto della democrazia che dovrebbe riportarci sempre in pista. Parte dalla tendenza all’indignazione che spesso il processo di democrazia rappresentativa porta con sé e dallo stimolo a partecipare attivamente, attraverso pratiche di democrazia diretta. Questo è il lavoro che portano avanti singoli cittadini, associazioni e gruppi informali di persone.
Potrei parlare a lungo di questa o quella formula di partecipazione diretta alla vita democratica. Potrei parlare di ciò che ha funzionato e di ciò che invece non ha funzionato, ma siamo appena ritornati da questa pausa estiva e non ho voglia di tediarvi. In fondo sono buono e vi consiglio una lettura.
INDIGNATEVI! – STEPHANE HESSEL
Il peggiore degli atteggiamenti è l’indifferenza, dire “io non posso niente, me ne infischio”. Comportandovi così, perdete una delle componenti essenziali che ci fa essere uomini. Una delle componenti indispensabili: la facoltà di indignazione e l’impegno che ne è la diretta conseguenza.
Stéphane Hessel – Indignatevi!
da Andrea Famiglietti | Lug 8, 2021 | Cammini irpini
TAPPA 0 – COLLINA DELLA TERRA 03.07.2021
Quello che segue vuole essere un punto di inizio e di raccolta di pensieri ed umori collegati alle giornate di CamminIrpini.
La città di Avellino, per la sua conformazione morfologica e geografica, da sempre, si caratterizza per il suo clima umido. Un clima che ci consegna inverni rigidi, con il freddo che sbaraglia facilmente ogni resistenza, anche la più strenua e raggiunge le ossa ed estati caldissime, con i suoi pomeriggi al limite dell’affanno.
In una città come il capoluogo irpino sono rari i luoghi in cui si riesce a sfuggire alla calura estiva pomeridiana, ma senz’altro alcuni punti del centro storico rappresentano un buon rifugio.
Proprio da uno di questi rifugi ci siamo ritrovati. Componenti di un’insolita e numerosa comitiva abbiamo partecipato alla tappa 0 di CamminIrpini.

Un’iniziativa organizzata dalle Acli di Avellino, dall’US Acli provinciali e dall’Associazione Terrafuoco che mira a promuovere l’attività motoria e il passeggio come pratica utile al raggiungimento del benessere psicofisico.
Una proposta quanto mai necessaria dopo i lunghi periodi che ci hanno costretto ad una sedentarietà forzata e collettiva. Ma mentirei e mentiremmo se dicessimo che questa è stata l’unica ragione che ci ha spinto a sfidare il caldo pomeridiano e a partecipare e sono sicuro che lo stesso vale anche per gli altri.
CamminIrpini ha sin da subito presentato differenti chiavi di lettura. Di sicuro la prima è rappresentata dal bisogno, quanto mai vitale, di vivere nuovamente momenti di aggregazione e di collettività. Ma soprattutto è stata l’occasione (e lo sarà, ne siamo sicuri, anche nelle future tappe) per riscoprire la città che, come spesso accade, scopriamo di conoscere veramente poco.
Non una visita guidata, non lo è stata, ci hanno tenuto a ribadirlo sia Massimo Vietri che Alfredo Cucciniello, ma è stata l’occasione di percorrere strade, vicoli e piazze che altrimenti non percorreremo.
Le città si sviluppano seguendo l’economia del momento ed Avellino non è esente da questa logica; una logica che è diventata ancor più evidente dopo la diffusione del covid19. Ci siamo ritrovati spesso ad attraversare le nostre città al solo scopo di ricongiungere il punto A di partenza con un punto B di arrivo. Tagliamo in due le città senza pensarci su, interessati solo al percorso più breve per soddisfare qualche falso bisogno del momento.
Senza rendercene conto stiamo definendo la città, stiamo caratterizzando i luoghi e stiamo sacrificando la dimensione sociale.
Una dimensione che con CamminIrpini si sta tentando di ricostruire, ritornando nei luoghi, nei vicoli e tra i ruderi delle nostre realtà. Potrei raccontarvi dell’incredibile bellezza della Cripta, delle varie epoche che sovrapposte lungo il campanile del Duomo, della Torre dell’Orologio, della fontana di Bellerofonte, o della chiesa del Monserrato e di Maria de Cadorna, in cui ci siamo imbattuti passeggiando. Ma verrei meno alle premesse di Massimo e Alfredo, ma soprattutto verrei meno alla mia idea di quella che è stata questa prima tappa e di quelle che saranno le successive.

Già perché quella di sabato è stata molto di più di una passeggiata. È stata l’occasione per mettere in gioco le memorie individuali e collettive ed è stato bellissimo.
Dai racconti tramandati ed ereditati abbiamo potuto ricostruire un’altra Avellino. Quella della Collina della Terra, del vecchio ospedale cittadino, del secondo conflitto mondiale, dell’incapacità (storica, quella sì) delle istituzioni di comprendere l’inestimabile valore di un’antica porta cittadina fatta abbattere per evitare di pagare i lavori di messa in sicurezza e di restauro.
E ancora, la chiesa di San Nicola dei Greci, rinominata così perché edificata dai bizantini e frequentata poi dalla locale comunità greca.
Un viaggio nei ricordi altrui ereditati che, immancabilmente, si sono fusi con quelli ereditati dai miei genitori che da piccolo mi raccontavano di vicoli e vite del centro storico e hanno portato alla nascita di una nuova memoria.

Passeggiando per i vicoli abbiamo riscoperto le nostre memorie sopite, abbiamo rivissuto grazie a questo un racconto della mancanza. Un racconto che conosciamo molto bene e che per la nostra generazione si lega al Terremoto del 1980 (siamo tutti nati in seguito a quel 23 novembre 1980, n.d.a), mentre per la generazione precedente fa riferimento al secondo conflitto mondiale e agli anni della ricostruzione.
Questa rubrica che inauguro oggi vuole essere un diario di bordo di geografia sociale e della memoria in cui cercherò di raccogliere appunti, emozioni e riflessioni di CamminIrpini, perché in fondo abbiamo bisogno, più dei nostri luoghi, di una nuova memoria condivisa.
APPUNTI VELOCI PER CAMMINIRPINI
CONSIGLI UTILI PER LE PROSSIME TAPPE
- Acqua;
- Zaino in spalla;
- Calzature adeguate;
- Portare con sé un piccolo taccuino per gli appunti. I racconti e i ricordi che vengono fuori sono davvero interessanti.
CONSIGLI DI LETTURE
Formulario per un nuovo urbanesimo – Gilles Ivain
«Chtcheglov irruppe sulla scena a promuovere quell’insurrezione, a suggerire una nuova idea di felicità, e lo fece camminando ancor prima che scrivendo. Deambulando incessantemente per Parigi in quell’estate del 1953 fino a scoprire nel cuore del Quartiere latino un intero continente (il Continente Contrescarpe), le cui “passioni dominanti erano il gioco, l’ateismo e l’oblio”, egli “inventava” la deriva, un’attitudine all’esplorazione e allo spaesamento che, in un mondo che cadeva sempre più sotto la cappa soffocante della noia e della ripetizione, racchiudeva il senso della libertà nell’incoraggiare associazioni inedite, passioni proibite, incontri imprevisti e curiosità sopite. Contemporaneamente un “cabilo illetterato” incontrato nei bar suggerì ai lettristi la definizione di psicogeografia per quella nuova geografia soggettiva ed emotiva. La deriva e la psicogeografia annunciavano che la forma della città riflette gli ordini della società dominante determinando i comportamenti, e che il superamento dell’arte e la realizzazione delle sue promesse di felicità implicavano una reinvenzione passionale dell’esperienza quotidiana.»
Leonardo Lippolis, introduzione a Formulario per un nuovo urbanismo di Gilles Ivain
«Tutte le città sono geologiche e non si fanno quattro passi senza incrociare dei fantasmi, armati di tutto il prestigio delle loro leggende. Noi ci evolviamo in un paesaggio chiuso i cui punti di riferimento ci riportano continuamente al passato. Alcuni angoli mobili, alcune prospettive di fuga ci permettono d’intravedere concezioni originali dello spazio, ma questa visione rimane frammentaria. Bisogna cercarla nei luoghi magici dei racconti popolari e degli scritti surrealisti: castelli, mura interminabili, piccoli bar dimenticati, caverna del mammut, specchi dei casi[…]»
Gilles Ivain, Formulario per un nuovo urbanismo
SCARICA IL PDF – Formulario per un nuovo urbanismo (Maldoro Press, 2013, no copyright)
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