Abbecedario di provincia: lettera E

Abbecedario di provincia: lettera E

E in mezzo a tutte quelle birre sgolate avrei voluto stringere quell’amico mio fraterno in un abbraccio e urlargli con il mio cuore malconcio che commettiamo errori ogni santo giorno. Io, per prendere uno stronzo qualsiasi, incominciai a sbagliare all’età di 4 anni, quando in un negozio di fumetti papà mi chiese quale acquistare ed io scelsi quello che sulla copertina aveva un uomo vestito da pipistrello. Non sapevo che dalla prima pagina in poi – ovvero fino ad oggi – sarei convissuto con la pressione che un uomo, soltanto con la volontà, sia in grado di sconfiggere esseri alieni con superpoteri e salvare una città infernale quasi ogni giorno.

Sono quasi convinto che siamo destinati a commettere errori fino a quando non verremo sotterrati con il prete che, magari commosso, recita “era un uomo così misurato, sempre la parola giusta al momento giusto”. Ed invece, mio caro don Matteo no, io non sono quell’uomo e non lo sarò mai. E neanche i miei amici. Noi siamo errori che proviamo a trasformare in sorrisi amari quando ci rendiamo conto che chiedere scusa è l’unica soluzione per voltare pagina e sperare che domani, anche se è un’utopia, andrà meglio.

Io commisi l’errore di non chiedere aiuto quando il dolore si nutriva della mia anima e raccontavo a me stesso che tutto andava bene, che in fondo stare in mezzo agli altri era sempre spettacolare quando se avessi avuto un fucile probabilmente non avrei visto l’ultima puntata di “Striscia la Notizia”. Poi, un bel giorno come nelle favole, quando il cielo era stupendo, cazzo sì che era stupendo, vidi le rughe sulla faccia di mia madre e mi resi conto che ne avrei voluto contare altre perché quella conta forse somigliava al ritmo della felicità. Allora, dopo essermi masturbato la razionalità per bene, ammisi di avere sbagliato di credere che potessi fare tutto da solo.

Un altro errore fu scegliere quelle scarpe di colore beige. Sono difficili da abbinare a qualsiasi pantalone e guardandomi allo specchio, lo ricordo come se fossi ieri, mi diedi una pacca sulla spalla e mi chiesi scusa per essere stato così ottimista di aver pensato che, sì, sarebbe stato semplici indossare quelle scarpe.

E, guardando i suoi occhi, intuì che fino a quel momento avevo convissuto con l’errore più ingenuo e drammatico: quello di sperare nell’eternità. Ed invece Baggio invecchia e si ritira, Valentino Rossi non vincerà più dieci gare ad ogni campionato ed io, forse già oggi, avrò qualche pelo bianco nella barba.

Allora vedi amico mio, io ti posso dire soltanto queste poche parole: non possiamo sfuggire agli errori, fanno parte di noi. Però possiamo perdonarci e provare ad accarezzarci con maggiore amore.

Abbecedario di provincia: lettera A

Abbecedario di provincia: lettera A

Ne sono certo: l’unica volta che ho corso è stato per amore. E mentre correvo- oddio più che altro camminavo in maniera scarsamente rapida- nella mia testa nuotava questa consapevolezza: “Ma allora è vero che per amore si fanno soprattutto le cose che mai avremmo pensato di fare”. Intanto il sudore colava letteralmente sulla mia schiena e lei si allontanava sempre di più perché in fondo si sa: le rincorse d’amore conducono ad un lieto finale quasi esclusivamente nei film. Quelli americani soprattutto. E in qualche commediola italiana.

E quindi la parola della settimana è amore: per quello che si fa o per quello che vorremmo fare (guai a dirlo in Italia), per i nostri amici (soprattutto quelli che pagano da bere), per la natura, per qualsiasi cazzo di cosa insomma. Ah dimenticavo: anche l’amore per uno sconosciuto che all’improvviso, senza che nessuno gli chiedesse qualcosa, ci provoca un ingarbugliamento nello stomaco che assomiglia non ad un post sbronza ma più a qualcosa del genere “Lebron James sulla sirena”. Ora, però, una premessa: d’amore non si muore. Anche se tutto quello che amiamo prima o poi si fa pensare con rabbia. E qualcuno ci può restare secco. Quindi mi correggo: d’amore non si muore quasi mai.

E prima di qualsiasi cosa ricordo una bambina con gli occhi azzurri. Aveva le mani talmente bianchissime che pensavo facesse il pane anche quando non c’era ombra di farina né di lievito. Per lei, in poco tempo, avevo rinunciato anche all’unico amico che avevo: Batman (è provato scientificamente che per ogni amore che nasce muore un amico). E prima della fine dell’asilo mi diede un bacio sulla guancia che mi causò un accaldamento piuttosto forte (meno male che la pandemia da Covid era ben lontana). Sono quasi sicuro che la prima volta in cui ho provato l’amore è stata per quella bambina dalle mani bianchissime. E ogni volta che sento che il mio concetto di “amore” è troppo sputtanato dalla società odierna mi ricordo di quella bambina. Ovunque tu sia sappi che mi hai salvato.

Aspettate un attimo: il bambino dentro di me mi sta puntando una pistola alla tempia.

«Devi ammettere che la prima volta in cui hai provato amore è stato per Topolino e le sue storie. Ammettilo, altrimenti ti costringerò alla maturità eterna».

«Non mi avranno mai come vorranno. Devo ancora combinare un sacco di stronzate».

Quindi sì: ho provato un sacco di amore nei confronti di Walt Disney. Grazie a lui, e a milioni di fumettisti, un bambino gracile, che in fondo non aveva troppi amici, non hai mai conosciuto la solitudine, quella brutta. Perché i bambini sono stronzi: se non hai il giocattolo all’ultimo grido, se non sei bravo a giocare a pallone ti isolano. Ma questa è un’altra storia.

Grazie a Topolino ho vissuto migliaia di storie ed emozioni che fatico a scordare (fortunatamente). L’amore per la fantasia e per chi nella sua vita ha sempre guidato consultando la mappa disegnata dall’amore per i suoi sogni: per me Walt Disney è soprattutto questo. E ammetto che è grazie a lui se non ho mai messo all’angolino le mie speranze fatte di parole e sudore dell’anima. Auguro a tutti voi di provare amore per chi ha avuto il coraggio di inseguire la fantasia.

Ed infine, prima di scrivere che io non so cosa sia l’amore ma so che provare amore per qualsiasi essere animato o inanimato è l’unico rimedio all’aridità dell’anima, vorrei fermarmi giusto un minuto con me stesso perché, con colpevole ritardo, ho capito che bisogna amare, almeno po’, sé stessi. Spero di non dimenticarlo più. Poi ovviamente è ancora più importante amare anche Massimo Boldi.

Canzone che consiglio: Giovanni Truppi- L’unica oltre l’amore