La gioventù, ovvero la storia della più grande eresia del mondo

La gioventù, ovvero la storia della più grande eresia del mondo

Quando dedicavo la canzone di Dente “Vieni a vivere” che ad un certo punto fa «Facciamo 120 bambini tutti con dei nomi molto particolari, così gli canto una canzone, di quelle belle che li fanno addormentare». Del resto, mica in quei giorni ti importa del costo della vita o della precarietà del lavoro in Italia. Lì, intendo in quei momenti, conta soltanto l’amore che dai e tutte quelle cose che ti stroncano il sonno e che ti convincono che sia giusto e doveroso compiere azioni stupidissimamente emozionanti.

Quando trattavo il tempo come un amico di fiducia e gli lasciavo le mie cose convinto che poi le avrebbe in qualche modo trasformate in bellezza. E quindi giù a scrivere versi, a promettermi addirittura che un giorno poi avrei vissuto di parole e sigarette. Poi non so cosa sia accaduto, forse un’errata smezzata della vita oppure un fraintendimento, ma ad un certo punto ho iniziato a percepire il tempo come un nemico che ti concede soltanto una lunga agonia fino all’ultimo giorno. Certo, milioni di persone riescono a conservare un ottimo rapporto col tempo, però secondo me si perde quel pizzico di magia e di fiducia.

Quando dopo una sbronza riuscivo a prendere 18 in diritto privato. Ricordo occhi negli occhi con la docente ed io come San Sebastiano impegnato a schivare i suoi dardi avvelenati. Nonostante i fiumi di alcol la sera precedente, la mia mente da studente svogliato c’era e mi stringeva le mani infondendomi immotivata speranza. Ora, due birre e la mattina successiva potrei presentarmi al casting per un nuovo film di merda sugli zombie (non mi è venuta una metafora più sferzante, non rompetemi i coglioni).

E quindi per mettere un punto a tutte queste sgangherate parole vi dico che per me la gioventù è stata la più grande fregatura della vita. Ovviamente dopo le ultime dei Simpson. Diffidate dai fuffaguru che affermano di sé stessi “siamo rimasti giovani, è questo il segreto”: non è possibile. Dente non farà 120 figli, il tempo incomincerà ad incalzare ogni secondo e basterà una birra per non riuscire a modificare un cazzo di curriculum. In ogni caso, ne è valsa la pena aver creduto a questa eresia chiamata gioventù.

La marcia su Roma e la nostra estate facile

La marcia su Roma e la nostra estate facile

“…non seguo la politica, non c’ho i mezzi” (Gassman/Rocchetti)

Vi vedo, siete davanti allo schermo e boccheggiate. Forza, finalmente i cinema sono aperti e c’è l’aria condizionata!

Ma per tutti coloro che non temono il caldo e hanno ben altri timori, ci sono io che inauguro una nuova e momentanea fase di questa rubrica. Uno stadio in cui il sottoscritto, vista l’estate che avanza inesorabile, suggerisce una visione facile, divertente e comoda. Vi fate un bel bagno, prendete un po’ di sole, una bella birra gelata e via di YouTube. Evitiamo anche la ricetta della pizza, una bella fetta d’anguria vi farà benissimo.

Perché vedere il film in calce a questo articolo? Perché ci sono Gassman e Tognazzi diretti da Dino Risi. Vi serve sapere altro? Ma sì, vi aggiungo anche un Mario Brega in regalo!  Quasi dimenticavo, nel soggetto e nella sceneggiatura c’è lo zampino – ma anche qualcosa di più – di quei due geniacci di Age e Scarpelli.

Signore e signori, direttamente dal 1962 e senza rifletterci troppo…

Abbecedario di provincia: lettera N

Abbecedario di provincia: lettera N

Magari con una birra che sgocciola sul mento a voler respirare le cose che non torneranno più. E pensi che in fondo le persone che non rincontrerai più hanno portato con sé emozioni uniche. E quindi un brindisi a te Rosanna, che io quell’ingenuità e quel coraggio di non pensare troppo a domani le ho smarrite arrivato ad un certo punto. È nostalgia, Rosanna, non farci troppo caso.

E mentre il vento di questa stupida e malinconica città mi sfiora le pupille, quasi come a voler farmi scendere qualche lacrima, dedico un altro brindisi a Giovanni. La mia e la tua di strada si son divise, forse quando ci siamo resi conto che né io né tu avremmo potuto darci altro che un’amicizia da ricordare ma non da vivere per sempre. E dietro a questi eventi non è che ci sia una spiegazione oppure un motivo specifico (anche se il tuo tifare Max Biaggi, vabbè lasciamo stare), è soltanto che deve accadere, tipo pensare per un momento di essere fascisti. Cioè almeno una volta nella vita devi assaporare la strana sensazione di incontrare per strada e soltanto salutare una persona che fino a qualche anno prima era l’altra metà della tua libertà giovanile. Che meraviglia, però, la nostalgia di un’amicizia perduta.


La birra si sta svuotando con una certa velocità, forse è il caso di ammirare qualche stella e ritornare a letto. Magari accendere un po’ la tv e stramaledire la spazzatura a cui ci hanno abituato (e noi siamo complici, non dimentichiamolo). Eppure mi sento vivo a raccogliere tutte le briciole di emozioni che ho smarrito per strada, quasi come se avessi voluto concedermi la possibilità, un giorno, di ripercorrere tutta la strada e capire perché a volte ci si ritrova a cavalcioni sulla propria vita con una birra scadente in mano. E in questo passeggiata a ritroso, che io chiamo nostalgia, non posso esimermi dal concedere un brindisi ai miei 21 anni, quando gli occhi erano un bel po’ più aperti, e c’erano sogni da coltivare, l’amore da rincorrere ovunque e comunque, e macchine da guidare durante la notte, e sigarette da fumare fino all’alba perché le cose da raccontarle erano troppe per essere liquidate soltanto in una serata. E ti direi, ora, che non tutto è andato per il verso giusto, ma possiamo perdonarci.


E guardando quei due fessi tenersi la mano e giurarsi amore eterno (manco Andreotti ha vinto questa sfida), sul mio viso si disegna un sorriso amaro quanto questo Natale. È il momento di dedicare la nostalgia più felice a chi, un giorno, ha deciso di scavalcare questo mondo malandato e tuffarsi a pesce nell’altro mare, quello che forse è riservato ai più bravi e ai più cattivi, come mi suggerì Claudia durante un’interrogazione al catechismo (fetenti i sacerdoti professori, quasi come se fossero Goku trasformati in Super Sayan). Con te non sarebbe cambiato molto, però sarebbe stato bello ascoltare i virologi annunciare in tv cielo rossi di sangue e unicorni assetati di sangue, raccontarti i miei errori e ascoltare i tuoi dubbi e mandarci a fanculo perché la libertà di pensiero presuppone un bel vaffanculo e abbracciarsi quando la vita è difficile o eccessivamente bella e sentirsi l’uno affianco all’altro nonostante tutto.


La parola della settimana è nostalgia, il sentimento che ogni giorno mi ricorda che oggi sarà diverso da ieri, purtroppo o per fortuna. E mentre sciogliamo questo dubbio, facciamo cose.

Canzone che consiglio: Roberto Vecchioni- Mi manchi