Ma come si può uccidere un bambino?

Ma come si può uccidere un bambino?

Cinema e rischi: viaggiare pericolosamente nel 2021, esattamente come nel 1976


In questo passaggio della mia rubrica vi racconterò di come anche il Cinema ci suggerisce come viaggiare non sia pericoloso solo oggi (con multe e contagi sempre in agguato), ma che già nel 1976 non si scherzava affatto in quanto a spostamenti azzardati. Poi, come promesso, ancora una ricetta per condire le vostre pizze. Ripeto, se questo spazio si chiama Cinema-off & Pizza ci sarà un motivo.

“…scinderesti poi la gente – e potresti ripartire – certamente non volare ma viaggiare – sì, viaggiare – evitando le buche più dure…”

(Lucio Battisti, nel 1977, ci suggerisce di “scindere la gente” per stare più tranquilli)

“…journey to the center of eternity – the time is coming but also going – and it’s leaving never to return – maybe forever it could be heaven – but if it’s hell then you can watch me burn…”

(trad.: “…viaggio al centro dell’eternità – il tempo sta arrivando, ma allo stesso tempo va – e se ne andrà senza mai tornare – forse l’eternità potrebbe essere il paradiso – ma se è l’inferno allora mi vedrete bruciare…”)

(Ozzy Osbourne, nel 1983, canta dei suoi dubbi, della certezza della caducità della vita e di un viaggio al centro dell’eternità. Noi ‘facciamo corna!’)

MA COME SI PUÒ UCCIDERE UN BAMBINO?

TITOLO ORIGINALE: ¿Quién puede matar a un niño?

ANNO: 1976

DURATA: 107 min

GENERE: sci-fi, dramma, thriller, horror

REGIA: Narciso Ibáñez Serrador

SCENEGGIATURA: Luis Peñafiel

PRODUZIONE: Spagna

CAST PRINCIPALE: Prunella Ransome, Lewis Fiander, Antonio Iranzo, María Luisa Arias, Miguel Narros, Marisa Porcel, Juan Cazalilla

TRAMA (GIUSTO IL MINIMO SINDACALE)

Thomas insieme a Evelyn – la moglie in dolca attesa – si recano sull’isola di Almanzora per una vacanza. Ad attenderli trovano un ambiente popolato solo da bambini. Che fine hanno fatto gli adulti dell’isola?

APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ (MENO DEL MINIMO SINDACALE, GIUSTO PER GIRARCI INTORNO)

Il Cinema, a volte, va considerato come un atto di fede. In questo caso vi suggerisco di saltare questa parte dell’articolo per mettervi alla ricerca del film in oggetto. Senza farvi troppe domande. Bisogna avere …fede ed essere curiosi, qualche volta a scatola chiusa.

Ma come si può uccidere un bambino? è il secondo e ultimo film girato per il grande schermo dall’uruguayano (naturalizzato spagnolo) Narciso Ibáñez Serrador. In precedenza, nel 1969, si era cimentato nel cult Gli orrori del liceo femminile. La pellicola licenziata nel 1976 può essere considerata come un apologo sull’ipocrisia degli adulti; ci mostra come l’infanzia può essere corrotta e vittima di adulti che spesso sono violenti e menefreghisti di fronte agli occhi innocenti dei più piccoli. In merito, è molto esplicativo l’uso di alcuni stock-footage di guerra che fanno da incipit alla storia (uno ‘spiegone’ che, insieme al sottofinale, forse poteva essere evitato). Ma come si può uccidere un bambino?, nonostante alcuni peccati veniali, resta un film potente e visionario, influente ancora oggi esattamente come nel 1976. Politicamente scorretto oltre ogni immaginazione e anche per questo estremamente efficace. I due adulti protagonisti – Lewis Fiander e Prunella Ransome – recitano alla perfezione, affrontando nel migliore dei modi tutte le scene di una sceneggiatura eccezionale. Serrador dirige con grandissima professionalità ed è anche un suo merito se la progressione della storia diventa ogni secondo più esaltante e coinvolgente. Per farla breve: un prodotto da otto in pagella. Non aggiungo altro se non una curiosità: Stephen King ha più volte dichiarato di essere stato influenzato da questo film.

VISIONI (S)CONFINANTI

Il villaggio dei dannati (1960, Wolf Rilla), Midsommar (2019, Ari Aster), Orphan (2009, Jaume Collet-Serra), Cornetti alla crema (1981, Sergi Martino), Il signore delle mosche** (1963, Peter Brook; ci sono anche un paio di remake più moderni, quello del 1990 non è male), Operazione Paura (1966, Mario Bava)

**film completo in calce all’articolo

PIZZA TIME!

E come promesso, ecco a voi un’altra idea semplice per condire le vostre pizze fatte in casa. Oggi tocca alla…

PIZZA AL PESTO E POMODORINI

Condire con pochissima salsa di pomodoro (non salata), aggiungere dei pomodorini ciliegino tagliati a metà (conditi con olio, sale q.b. e mezzo cucchiaino di zucchero); a questo punto è giunto finalmente il turno del pesto alla genovese (qualche cucchiaino) e una manciata di mozzarella prima di andare inforno. Suggerisco di alzare leggermente la temperatura del forno così i pomodorini si caramellizzano esaltando così la loro dolcezza, facendoli sposare con l’aroma del pesto. La mozzarella può essere aggiunta anche un paio di minuti prima di sfornare.

FILM BONUS DALL’ELENCO “VISONI (S)CONFINANTI” (COMPLETO E FACILE-FACILE SU YOUTUBE)

…ispirato all’omonimo – incredibile – romanzo di William Golding (Nobel per la letteratura), scritto nel 1952 e pubblicato nel 1954. All’epoca il film andò in concorso al 16º Festival di Cannes:

Gialla, arancione o rossa? No, qui c’è solo la zona cult… un po’ esanime

Gialla, arancione o rossa? No, qui c’è solo la zona cult… un po’ esanime

Siamo in ballo, balliamo! Oggi la realtà ci fornisce un dancefloor con diverse zone, ognuna con un suo ritmo, la sua musica e un… colore differente nello spettro che va dal giallo al rosso, passando per l’arancione. Che culo! Ma visto che qui siamo in uno spazio dedicato al Cinema (e alla pizza da mangiare durante le nostre visioni casalinghe) dobbiamo interessarci unicamente della zona cult, dove non ci saranno colori a farci preoccupare.

Di seguito, nel corpo dell’articolo, oltre ai miei deliri controllati troverete anche il film completo. Buona lettura, buona visione e buon appetito (per i fortunati che mangeranno pizza).

Come mia abitudine di seguito riporto un brevissimo video introduttivo. In questa occasione il filmato proverà a spiegarvi in soli novanta secondi cosa s’intende quando si parla di “zone”.

LA ZONA MORTA (THE DEAD ZONE)

ANNO: 1983

DURATA: 100 min

GENERE: thriller, dramma

REGIA: David Cronenberg

SOGGETTO: romanzo omonimo di Stephen King

SCENEGGIATURA: Jeffrey Boam

PRODUZIONE: Stati Uniti d’America / Dino De Laurentiis

CAST PRINCIPALE: Christopher Walken, Martin Sheen, Tom Skerritt, Brooke Adams

TRAMA (GIUSTO IL MINIMO SINDACALE)

Risvegliatosi dopo aver passato cinque anni in coma a causa di un incidente, Johnny Smith, giovane professore di letteratura, scopre di possedere un oscuro e inquietante potere che gli consente di ‘vedere’ il futuro delle persone con cui entra in contatto fisico. Ma quello che in principio Johnny aveva considerato come un dono misterioso, ben presto si rivelerà qualcosa di decisamente diverso.

APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ (MENO DEL MINIMO SINDADACALE)

La zona morta viene licenziato nel 1983, periodo in cui al Cinema si erano già viste alcune pellicole ispirate dai racconti o dai romanzi di Stephen King (anche in tivvù con delle mini-serie). Solo nell’anno citato uscirono Cujo, Christine – La macchina infernale e un paio di cortometraggi. Cronenberg, regista per molti “complicato” nella sua originalità, questa volta ne approfitta per rilassarsi e farsi trascinare dalla forte corrente dell’ottimo romanzo omonimo di King; così, senza troppi sforzi creativi ma con grande professionalità, dirige un cast d’eccezione attraverso una storia che potrebbe vagamente ricordare le atmosfere di alcune delle puntate più psicologiche di Ai confini della realtà.

Tra i maggiori pregi de La zona morta – girato nei pressi delle cascate del Niagara – va indicata proprio la storia di King che in questa occasione non perde di potenza e contenuti. Il romanzo s’incentrava soprattutto sulla solitudine e la disperazione del protagonista, ciò affiora bene anche nella pellicola del regista canadese (grazie a un superbo Christopher Walken). Inoltre, e qui mi rivolgo a chi ha letto il libro, le immagini riprendono praticamente l’80% del contenuto del libro. A questo punto mi chiedo: chissà se all’epoca hanno dovuto minacciare di morte Cronenberg per impedirgli di cronenberghizzare la vicenda ideata da King? La leggenda narra di un braccio di ferro tra Dino De Laurentiis (il produttore) e il regista in merito ad alcune scelte sul film e all’influenza che avrebbe dovuto avere lo scrittore del Maine in fase di pre-produzione. Ve lo riporto perché è sempre bello il gossip.

Un film importante nella sua simulata semplicità, in cui potrete notare come sono rilevanti certi ancoraggi cinematografici alla realtà mentre si mostrano scene in cui molto appare come fantastico e impossibile.

Quasi dimenticavo, sempre nel 1983 Cronenberg dirige anche Videodrome e “scusate se è poco”! Fossi in voi dedicherei una serata libera alla doppietta Videodrome/Dead Zone.

FILM COMPLETO IN ITALIANO (SSSSCCCCHHHHHHH, NON LO DITE A NESSUNO)

TRAILER ORIGINALE

ALCUNI FILM (non tutti e non per forza i migliori) TRATTI DAI ROMANZI O DAI RACCONTI DI STEPHEN KING IN ORDINE CRONOLOGICO

1976: Carrie – Lo sguardo di Satana

1979: Le notti di Salem (riduzione per il cinema dell’omonima serie tv dello stesso anno)

1980: Shining

1982: Creepshow

1984: Grano rosso sangue

1985: Unico indizio la luna piena

1986: Stand by Me – Ricordo di un’estate

1989: Cimitero vivente

1993: La metà oscura

1999: Il miglio verde

2007: The Mist

2017: La torre nera

Interesserà a pochi, ma il mio preferito tra quelli di “seconda fascia” è Unico indizio la luna piena.

Il nido di un uccellino senz’ali che non conosce il rock

Il nido di un uccellino senz’ali che non conosce il rock

“There’s no place like home”

Non mi piace assomigliare a un disco rotto che ripete sempre lo stesso ritornello, ma in questo periodo di limitazioni fisiche e morali (dovute al Covid-19) possiamo divertirci a lavorare sulle ipotesi, su cosa (e quando) accadrà, sui perché, ma soprattutto possiamo guardare lungometraggi come questo che qui di seguito verrà presentato malissimo da me medesimo.

ATTENZIONE: vi consiglio di non guardare i trailers o leggere altre trame, ne ho visionate molte che svelano troppo rovinando la visione di un film oscuramente brillante.

Spesso, quello che ci manca o ci soffoca – amore incluso – potrebbe mascherare qualcosa di diverso. Ed ecco a voi…

THE NEST – IL NIDO

ANNO: 2019

DURATA: 103 min

GENERE: Dramma/Thriller/Horror (ma sì, abbondiamo)

REGIA: Roberto De Feo

SCENEGGIATURA: Margherita Ferri, Roberto De Feo e Lucio Besana

PRODUZIONE: Italia

CAST PRINCIPALE: Francesca Cavallin, Justin Korovkin, Maurizio Lombardi, Ginevra Francesconi e Massimo Rigo

TRAMA (GIUSTO IL MINIMO SINDACALE)

In piena notte un uomo prende suo figlio piccolo e scappa in auto, ma finisce rovinosamente fuori strada. Salto temporale: Samuel (Justin Korovkin) è un ragazzino costretto sulla sedia a rotelle, vive quasi da recluso in un’isolata casa nobiliare situata sul limitare di un grande bosco. L’enorme residenza viene gestita da Elena (Francesca Cavallin), la severa e marziale madre di Samuel che impone al figlio e alla servitù delle bizzarre regole da seguire. Ad accudire il ragazzino, oltre alla madre, c’è anche un bizzarro medico (un “parodistico” Maurizio Lombardi) dalla personalità sfuggente (come molti altri nel film). Tutto muta all’arrivo di Denise (Ginevra Francesconi), una ragazza adolescente che inizia a sgretolare il rapporto madre-figlio e la routine da Piccolo mondo antico di Samuel usando allo scopo anche la musica (il rock è sempre una grande scoperta di ribellione, spesso impregnata di sessualità).

APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ (MAI COME QUESTA VOLTA MENO DEL MINIMO SINDADACALE)

(Ora mi tocca dirvi il meno possibile…)

The Nest (2019) è un film indipendente e sprezzantemente derivativo, una produzione completamente italiana che sfiora – per atmosfera e tecnica – un certo tipo di cinema internazionale (pare che sia in arrivo un remake anglosassone del film). Il regista Roberto De Feo è al suo esordio sulla lunga distanza e, ad esclusione di alcune indecisioni nei primissimi minuti, offre un contributo fondamentale alla riuscita del film insieme a una sceneggiatura attentissima ad ogni singola parola pronunciata dai personaggi nei dialoghi. Notevoli la location e gran parte del cast. Eccezionale il lavoro della costumista Cristina Audisio. Tutto è camuffato molto bene da dramma familiare mixato con l’horror gotico/psicologico classico, non tanto alla Freda o Margheriti ma piuttosto d’ispirazione inglese (il meraviglioso Suspense diretto da Jack Clayton nel 1961 potrebbe essere il paragone migliore per ambientazione e clima). Si tratta comunque di alcuni tra i più virtuosi archetipi del cinema thriller che il regista ha studiato e sa come usarli al meglio. Quindi l’atmosfera di genere c’è, è innegabile, ma i contenuti sono ben altri e lungi da me specificarli qui. Il film vi accompagnerà verso quelli che sono gli tessi dubbi e il medesimo senso di oppressione dei protagonisti, con la possibilità di aggiungere ulteriori ipotesi su ciò che sta accadendo o accadrà. Intelligente e didattico l’uso della musica nel film per come racconta un movimento, una transizione. Si passa dalla musica classica di Samuel, la sola permessa dalla madre, alla musica rock quasi contrabbandata da Denise. Ripeto, l’appeal è decisamente internazionale per un film di assoluto valore. E ricordate che per creare la giusta atmosfera il ritmo lento è spesso indispensabile, in questo caso tutt’altro che soporifero. In conclusione, al netto del finale semplice ma d’impatto, si tratta di un’opera che non è votata solo all’intrattenimento tipico di certi horror, in essa c’è anche qualcosa di più elevato dei brividi.

Curiosità: la residenza – Villa dei Laghi – è immersa nei boschi del Piemonte, precisamente all’interno del Parco Regionale La Mandria.

TRAILER ORIGINALE (FATE VOI)

Solo se non potete resistere… ma in questa occasione non sarò certo io a favorire la vostra insana curiosità. Però se proseguite nella lettura vi farò distrarre dai vostri intenti con un piccolo (breve) omaggio.

UN REGALO VIDEO PER RIMEDIARE ALLE MANCATE VISIONI (S)CONFINANTI, ALTERNATIVE O RANDOM

Se come faccio di solito vi riporto dei titoli “confinanti” qualcuno di voi potrebbe intuire il finale di The Nest prima del tempo. Non che sia particolarmente originale, sia chiaro, ma se l’effetto è quello che conta allora non è il caso anticipare alcunché. Ma per voi tre fortunati che siete arrivati fin qui ho un regalo che non vi descriverò (siate solo curiosi), per poterlo “scartare” avrete bisogno di soli 12 minuti. Commentate l’articolo se il video vi sarà piaciuto o se volete semplicemente minacciarmi di morte, magari per aver scritto di The Nest.

Il ritorno a casa (nuovi inquilini e… governatori permettendo)

Il ritorno a casa (nuovi inquilini e… governatori permettendo)

E il tornar mi è dolce in questa casa… ma non è stato mai così pericoloso!

C’è chi vuole bene alla mamma, chi alla casa della mamma e chi a…

Ora che vi siete rilassati posso passare a presentarvi un film delicatissimo, in cui il ritorno alla casa della mamma è dolce e bramato un po’ da tutti, figli e nuovi inquilini inclusi!

MOTHER’S DAY

ANNO: 2010

DURATA: 110 min

GENERE: Thriller

REGIA: Darren Lynn Bousman

SCENEGGIATURA: Scott Milan

PRODUZIONE: Stati Uniti d’America

CAST PRINCIPALE: Deborah Ann Woll, Rebecca De Mornay, Shawn Ashmore, Lisa Marcos, Patrick Flueger, Frank Grillo, Jaime King, Tony Nappo, Warren Kole, Matt O’Lear

TRAMA (GIUSTO IL MINIMO SINDACALE)

Dopo una rapina i tre fratelli Koffin – inseguiti dalla polizia – fuggono verso casa della madre nella speranza che possa aiutarli a scappare dalle autorità. Tra i fratelli la tensione è quasi fuori controllo perché un loro complice è fuggito col bottino e uno di loro è ferito seriamente. Ma i guai non finisco qui perché, una volta giunti a casa, non trovano la loro mammina…

APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ (MENO DEL MINIMO SINDADACALE)

Mother’s Day è un remake omografo di una pellicola ‘rape and revenge’ diretta da Charles Kaufman e licenziata nel 1980 della leggendaria Troma Entertainment. La stessa Troma insieme al suo deus ex machina, idolo assoluto del cinema-off, Lloyd Kaufman sono tra i produttori anche di questo remake. Sotto la direzione di Bousman (Saw II, III e IV) il film abbandona i boschi del 1980 per trasformarsi in una classica ‘home invasion’. Si parte subito con l’acceleratore spinto a tavoletta. Non ci sono preamboli, non ci sono attese. Tutto è super dinamico e con dialoghi semplici e diretti. Lo spettacolo non fa gridare al miracolo per originalità, ma il lavoro svolto dall’intero cast è di assoluto pregio. Non viene fatta alcuna economia sulla violenza mostrata, torture fisiche e psicologiche a go-go. E poi c’è lei, Rebecca De Mornay nel ruolo della madre che attirerà tutte le vostre attenzioni. Una che dirige alla perfezione una piccola orchestra di pazzi furiosi. In buona evidenza anche l’aspetto psicologico e di sottomissione, anch’esso abbastanza classico, tra la genitrice e i figli non propriamente equilibrati. Davvero una bella famigliola che si riunisce “allegramente” sotto lo stesso tetto per un film convincente, a tratti altamente exploitativo (la scena dell’ultimo desiderio del figlio ferito è grandiosa sotto questo punto di vista ma non posso scrivere di più).

Il film “stranamente” non è mai stato distribuito in Italia.

Ora concentratevi, c’è un’ultima nota importante da sapere: attenzione non dovete confondervi con l’abominevole Mother’s Day (e so’ tre!) del 2016 (con Jennifer Aniston, Julia Roberts e Kate Hudson). Errore che per voi potrebbe essere fatale. Altro che torture con l’acqua bollente nelle orecchie. Una distrazione e sarete fregati davvero!

TRAILER ORIGINALE (INGLESE, QUESTO SCONOSCIUTO)

VISIONI (S)CONFINANTI, ALTERNATIVE O RANDOM (SENZA DIRLO AL SINDACATO)

Funny games (1997, Michael Haneke), Funny games (remake shot-for-shot del 2007, Michael Haneke), Cane di paglia (1971, Sam Peckinpah), Black Christmas – Un Natale rosso sangue (1974, Bob Clark), Il giardino delle streghe (1944, Gunther von Fritsch e Robert Wise), Storia di un fantasma (2017, David Lowery), Mother’s day (1980, Charles Kaufman).

Il silenzio del virus chiacchierone

Il silenzio del virus chiacchierone

“…ora ascoltate. Io vi ho detto di ascoltare! […] Non è la fine del mondo gente, è soltanto la fine del giorno”.

In questo preciso periodo storico, in cui non ci sentiamo al sicuro da nessuna parte, mi fa particolarmente piacere proporre la visione di un film davvero adatto a stimolare la vostra… tranquillità. Quando i mass media e la comunicazione possono diffondere paure e pandemie di varia natura (a volte solo come definizione; e no, non sono un negazionista, anzi…) ci sono io qui a rendere tutto più leggero e rassicurante.

Siete più felici ora? Ricordate: essere curiosi è quasi sempre costruttivo. Buona lettura e, spero, buona visione.

Ah, dimenticavo, visto che vi voglio bene e so che siete dei pigroni nell’articolo vi ho riportato il film completo in italiano. Ma, se volete e potete, cercatelo in lingua originale/sottotitolato per capire alcune sfumature che è stato impossibile riportare in italiano.

…perché è bello vivere al tempo della pandemia.

PONTYPOOL

ANNO: 2008

DURATA: 94 min

GENERE: Thriller, Dramma… quasi Horror, a volte splatter

REGIA: Bruce McDonald

SCENEGGIATURA: Tony Burgess

PRODUZIONE: Canada

CAST PRINCIPALE: Stephen McHattie, Lisa Houle, Georgina Reilly, Hrant Alianak, Rick Roberts, Daniel Fathers, Beatriz Yuste, Tony Burgess

TRAMA (GIUSTO IL MINIMO SINDACALE)

Grant Mazzy (Stephen McHattie) è uno speaker radiofonico a fine carriera. Viene assunto, dopo l’ultimo licenziamento, da un’emittente radiofonica locale della piccola Pontypool in Ontario. Durante una delle sue provocatorie trasmissioni mattutine inizia a ricevere alcune chiamate da ascoltatori allarmati da strani assembramenti di persone in stato catatonico. Grant insieme agli altri che si trovano all’interno della stazione radio inizieranno a indagare su questo strano fenomeno. Ma poco alla volta gli avvenimenti inizieranno a trasformarsi in qualcosa di decisamente più preoccupante.

APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ (MENO DEL MINIMO SINDADACALE)

Pontypool è un film a basso budget ma ad alto tasso di originalità. Un qualcosa che si avvicina al ‘geniale’, aggettivo che comunque è sempre meglio usare con parsimonia.

Di ‘virus-movie’ ne sono stati prodotti fin troppi ma al film in oggetto piace travestirsi da questo genere cinematografico. L’agente patogeno e la cura – in quest’occasione – sono decisamente interessanti, estrosi, profondi e, cosa molto importante, sui generis.

Il regista canadese Bruce McDonald (Hard Core Logo, Sola nella Trappola) riesce con grande mestiere a completare la missione di trasportare lo spettatore, attraverso una bella dose da cavallo di disagi e claustrofobia, verso una progressione di eventi carichi di sani dubbi e di probabili terribili consapevolezze. Ed è questo uno dei tanti punti di forza di Pontypool (Pontypool – Zitto… o muorititolo italiano).

Molto buona la regia e superlativa la fotografia del per me sconosciuto Miroslaw Baszak.

A voi basterà resistere solo a qualche macchia confusionaria della sceneggiatura e ad alcune “divertenti divagazioni” per approdare in una landa in cui si percepisce come la comunicazione (non solo quella generata dai mass media) possa creare distorsioni e danni. Un’ultima specifica: vi aspettano diversi finali, ognuno con una o più interpretazioni; quindi approcciate come si deve ai titoli di coda e al loro corollario.

FILM COMPLETO (SE IL SINDACATO E LA PIRATERIA INFORMATICA VOGLIONO)

https://youtube.com/watch?v=tc4fE_UBoKg

VISIONI (S)CONFINANTI, ALTERNATIVE O RANDOM (SENZA DIRLO AL SINDACATO)

28 giorni dopo (2002, Danny Boyle), L’esercito delle 12 scimmie (1995, Terry Gilliam), Ultimo rifugio: Antartide (1980, Kinji Fukasaku).

Qui di seguito, con un font microscopico per non spargere la voce, due tra i miei film preferiti di sempre:

L’ultimo uomo della terra (1964, Sidney Salkow) e The road (2009, John Hillcoat). Amen.