Le barriere invisibili delle nostre città

Le barriere invisibili delle nostre città

Esistono diverse città e poco importa se il nome è sempre lo stesso, conta poco anche il fatto che le strade siano sempre quelle e che saremmo capaci di attraversarle ad occhi chiusi senza avere particolari problemi.

Ciò che conta è che esistono differenti città per quanti sono coloro che la vivono quotidianamente. Esistono diverse città anche per i differenti momenti della giornata.

Questo articolo intende partire proprio da questa consapevolezza.

Spesso per necessità o per diletto ci ritroviamo a percorrere molte volte, anche nell’arco dello stesso giorno, le strade delle nostre città. Una pratica non certo inusuale e ai più noiosa, ma che nasconde in sé delle particolari e inaspettate chiavi di lettura.

Infatti, molto spesso nell’arco della giornata possiamo scorgere delle piccole o impercettibili trasformazioni che col passare del tempo divengono sempre più evidenti.

Un esempio su tutti può essere importante. Esiste una strada ad Atripalda che costeggia il fiume e che spesso diviene ritrovo, soprattutto nei mesi caldi, di appassionati della corsa podistica o di persone semplicemente interessate a svolgere qualche oretta di attività motoria libere da qualsiasi costrizione fisica.

Il percorso che è lungo poco più di chilometro lambisce due quartieri popolari cittadini che dimostrano perfettamente quanto ho precedentemente descritto.

Le stesse strade e gli stessi spazi subiscono una trasformazione radicale nel corso di ventiquattro ore. Durante le ore di luce si ritrova ad essere un luogo frequentato da decine di persone che svolgono le attività motorie lungo i bordi della strada. Mentre nelle ore serali si trasforma, immancabilmente, in luogo desolato.

L’abbandono delle strade da parte di coloro che si sono impegnati nelle attività motorie e sportive coincide con l’esaltazione delle criticità che il quartiere vive. Infatti, la scarsa illuminazione e una vegetazione invasiva costringono in molti ad interrompere la propria attività.

Ma se per chi si impegna in queste pratiche la soluzione è semplicemente quella di andarsene, tutt’altra situazione è per gli abitanti della zona che vedono limitata o, in alcuni casi, esclusa la possibilità di raggiungere il centro o le altre zone della città senza correre qualche rischio (le strade sono abbastanza larghe il che permette uno scorrimento veloce della viabilità).

Come ho già detto in precedenza le nostre strade spesso diventano luoghi di stratificazioni e di disuguaglianze, ma quello che emerge da questa piccolissima riflessione è la capacità che la città ha di creare frontiere e barriere.

Barriere che solitamente tendiamo ad identificare come visibili ed immobili, che ci condizionano con la loro azione chiara ed immutabile, sia di giorno che di notte. Queste, però, rappresentano solo una piccola parte. Molte altre, come quella appena descritta, sono indefinite e scarsamente visibili se non le si vive nell’intera quotidianità.

In conclusione, il compito a casa di questa settimana è proprio quello di porre maggiore attenzione alla presenza di queste e lavorare affinché queste vengano definitivamente abbattute.

La città in movimento – breve riflessione sulle trasformazioni urbane al tempo della pandemia

La città in movimento – breve riflessione sulle trasformazioni urbane al tempo della pandemia

Non credo che sia necessario rispolverare vecchie e, come nel mio caso, farraginose conoscenze di filosofia scolastica per ribadire un concetto tanto familiare come quello che in un anno tutti siamo interessati da trasformazioni e cambiamenti. Malgrado ciò ritengo necessario evidenziarlo, soprattutto alla luce del momento storico e sociale in cui le nostre vite si trovano a recitare.

Nel corso degli ultimi mesi ho sentito spesso dire “abbiamo non vissuto” l’anno appena trascorso e che in fondo unica eccezione per il virus “nulla è cambiato”. Niente di più falso, dovrei esclamare, ma il mio animo democratico mi trattiene dal farlo in una forma così drastica e violenta. Vorrei provare a spiegare brevemente in che cosa siamo cambiati e lo farò prendendo come campo di indagine la città.

Nel nostro immaginario collettivo quando sentiamo parlare di città (grande o piccola che sia, in questo caso non farà molta differenza) la immaginiamo in movimento, o meglio immaginiamo la stessa durante una tipica giornata feriale con i suoi abitanti che a piedi o in macchina si spostano da un punto A a un punto B. In questi mesi, la prima trasformazione che ci ha interessato è stata quella legata al nostro modo di intendere la città. Nei mesi di lockdown questa costruzione simbolica è stata messa duramente alla prova, innanzitutto perché abbiamo dovuto ricostruire la rappresentazione della città, priva di movimento, anche di giorno e non solo nelle ore più profonde della notte.

Così, proprio la città ha cominciato a trasformarsi a non seguire più i dettami del tempo e della produzione e allo stesso modo abbiamo cominciato a mutare le nostre abitudini, i nostri modi di intendere e vivere gli spazi e le relazioni sociali.

In seguito ai dpcm, alle regolamentazioni contro il contagio e in base anche alle nostre possibilità economiche e sociali (la nostra unica scelta per mesi è stata quella di preferire il supermercato A che aveva il prodotto B in offerta a scapito del supermercato C) abbiamo ridefinito la nostra vita. Anche quando le nostre città sembravano condannate all’immobilismo le trasformazioni erano in atto e lavoravano anche su noi stessi. In un anno abbiamo più volte dovuto ridefinire gli spazi, le funzioni e i significati ad essi connessi.  Un esempio quanto mai interessante lo si può ricercare in risposta alla limitazione di spostamenti entro e non oltre i 200 metri dall’indirizzo di residenza. Anche in una realtà piccola e di provincia come quella atripaldese una cosa del genere ha portato con sé nefaste conseguenze; infatti se per un abitante del centro storico 200 metri dalla propria abitazione offrivano una serie infinita di possibilità, per un abitante di un quartiere periferico come Alvanite 200 metri rappresentano un ulteriore condanna all’isolamento sociale (ricordiamo in questa sede che il distanziamento è fisico e non sociale).

In maniera molto interessante Zerocalcare racconta un po’ le trasformazioni che ci hanno interessato.

Ecco la maggiore trasformazione di questo periodo, nel corso dell’anno abbiamo dovuto ridefinire gli spazi e la nostra vita sociale e il più delle volte lo abbiamo fatto inconsapevolmente, concentrati com’eravamo sul locale che potevamo frequentare o sull’amico che non potevamo visitare. A distanza di un anno il rischio è che permanga in noi la concezione simbolica dell’adattamento alla limitazione. Ma se da un lato il timore di una certa rassegnazione all’adattamento a vivere sempre più limitatamente gli spazi della nostra città è forte, dall’altro lato abbiamo assistito alla nascita di una diversa consapevolezza delle disuguaglianze presenti in città e che a causa di questo periodo si sono acuite.

Proprio su quest’ultima speriamo di fare affidamento perché le potenziali trasformazioni delle disuguaglianze dell’ambiente possono essere affrontate solo in seguito ad una nuova consapevolezza. Una consapevolezza che nasce quasi sempre da un disagio che si vive e che può diventare una spinta per il cambiamento solo attraverso una fase di maturazione collettiva e simbolica.

Abbandonarci, come avvenuto in questi mesi, alla semplice e rabbiosa esternazione di un malessere derivato dalle limitazioni normative e amministrative porterà ad un rapido e continuo aumento delle stratificazioni. Invece, in un momento come questo, ci è richiesta una riflessione più ampia sul modo di intendere e di vivere la città che deve partire dalle libere associazioni di cittadini, dalle lavoratrici e dai lavoratori, ma soprattutto da i più giovani che per una questione generazionale sono coloro che riescono maggiormente a comprendere le necessità delle nostre città. Solo attraverso una riflessione collettiva potremmo trasformare in azione i cambiamenti che ci hanno interessati e non vanificare quanto vissuto in quest’ultimo anno.