L’amore non è roba buona per chi aspira alla tranquillità

L’amore non è roba buona per chi aspira alla tranquillità

Il foglio bianco da mezz’ora suggerisce che non sarà facile scrivere d’amore. Il problema è che tutte le parole somigliano a qualcosa di già letto e soprattutto risulta complesso silenziare il mondo circostante e ascoltare cosa ha da raccontare il nostro cuore. In fondo, l’amore è soprattutto una specie di colloquio terapeutico proprio con il nostro cuore disteso sul lettino e noi attenti – o troppo spesso distratti – a cercare di individuare le cause dietro questo “malsano” sentimento. Non sarà facile, ma la nostra banda di #scarpesciuote proverà a farvi emozionare, ridere, incazzare, bestemmiare, sognare (vi ricorda qualcosa?).

Nel frattempo, vi ringraziamo per la costante attenzione che ponete nei confronti del nostro progetto editoriale. E anche per questo motivo stiamo lavorando per farvi un regalo che altro che la dedica di Benigni alla Braschi. Quindi, seguiteci, commentate e inviateci anche qualcosa di vostro, magari una bella lettera d’amore (questi i requisiti per la pubblicazione: non troppo sdolcinata, che sappia di torta alle mele appena sfornata e che abbia il profumo di una birreria aperta).

Antonio Lepore

Andrea Famiglietti

Coraggio cartaceo

Coraggio cartaceo

Quando si parla di coraggio il primo personaggio che mi viene in mente, è il Leone codardo, figura emblematica che possiamo trovare nel romanzo Il meraviglioso mago di Oz, di L. Frank Baum e accompagna la giovane Dorothy nel suo viaggio verso la Città di Smeraldo, insieme all’Uomo di Latta e lo Spaventapasseri per incontrare il Mago di Oz. Nonostante la sua codardia non si tira mai indietro davanti al pericolo e pur di cambiare e diventare coraggioso, decide di imbarcarsi in un viaggio verso l’ignoto e questa è una condizione in cui spesso ci ritroviamo : affrontare il futuro ignoto.
Costantemente, che sia una cosa volontaria o involontaria, dimostriamo atti di coraggio non indifferenti e proprio come il leone della storia cambiamo la nostra persona e la nostra vita. Di personaggi che impersonano o ricordano il coraggio, nei media ne esistono a migliaia ma oggi su queste righe vi parlerò di due graphic novel di recente lettura che mi hanno colpito: Pelle d’uomo e PTSD.

Post Traumatic Stress Disorder

Nonostante l’autore Guillaume Singelin nel suo fumetto descriva la situazione di vita in cui si ritrovano i veterani una volta ritornati dalla guerra. La protagonista di questo fumetto è Jun, una ex veterana che ritornata dalla guerra ha perso tutto e per questo motivo tende ad essere riluttante verso il prossimo; tutta la graphic novel è ambientata in un non specificato paese asiatico, dove i veterani sono considerati dei relitti umani e abbandonati a loro stessi. Jun nonostante sia anche lei una veterana è allontanata da tutti e lei è felice di questa condizione, non dovendo dipendere da altri e fuggendo dai fantasmi del passato. Ma la sua vita inizia a cambiare lentamente da quando incontra Leona e Bao prima e poi l’anziano Grey con il cane Red; questi personaggi con le loro esperienze creano in Jun un cambiamento, un piccolo processo che inizierà a far accettare alla protagonista i proprio fantasmi del passato per un futuro migliore. Ma dove sta il coraggio in tutto questo? Mentre l’intera città disprezza e allontana Jun o gli altri veterani perché visti come una minaccia alla pace, Leona con suo figlio Bao decide di aiutare prima la protagonista e poi gli altri ex-soldati a sopravvivere. Il coraggio di aiutare il prossimo, senza pensare ad un tornaconto personale e sprezzante del pericolo la giovane Leona si accompagna con il figlioletto nei bassifondi della città dove sa di essere utile e si prodiga ad aiutare il prossimo nonostante sia in corso una guerra tra bande di spacciatori per il controllo del territorio. Oggi incontrare persone del genere risulta sempre più difficile, abituati a crescere in una società che ci insegna a competere e “ribellarsi” a quest’idea che ci viene inculcata fin da piccoli è un atto di grande coraggio e non indifferente; aiutare il prossimo senza un tornaconto, immaginate come sarebbe bella la nostra società? Eppure preferiamo girare il volto, preferiamo continuare quelle battaglie tra poveri che ci distraggono e che ci portano a diffidare del prossimo ma magari un giorno tutto questo cambierà.
Per me aiutare il prossimo o accettare l’aiuto di qualcuno li considero come atti di grande coraggio. In una società che ci divide e mette l’uno contro l’altro, queste sono quelle attenzioni che desideriamo dare e ricevere in fin dei conti.

Pelle d’uomo e cuore di donna
Dai ricordi della guerra in Asia ci trasferiamo in Italia con Pelle d’uomo di Hubert. L’autore francese è prematuramente scomparso l’anno scorso, ha scritto capolavori come Piccolo e Mezzo Sangue entrambi della saga Gli Orchi – Dei in cui ci catapulta in un mondo fantasy in cui l’uomo è sottoposto completamente a delle creature mastodontiche, viste come divinità. A differenza della saga che mi ha fatto conoscere ed apprezzare Hubert, Pelle d’uomo non è un semplice fantasy; è un ritratto di una società rinascimentale italiana dove la protagonista è una giovane ragazza, Bianca, che è la promessa sposa di un uomo di cui non conosce nulla, Giovanni. La protagonista di questa storia però non accetta le imposizioni di una società patriarcale, dove il matrimonio non è organizzato per amore ma per contrattazione e un periodo storico dove la donna non aveva alcun potere o importanza; Bianca però ha la fortuna di poter “vivere” un’esperienza diversa poiché nella sua famiglia le donne si tramandano una pelle d’uomo e incuriosita decide di indossarla e in modo tale da avvicinarsi al suo futuro sposo e conoscerlo meglio. La protagonista con questa sua curiosità decide di inoltrarsi in un mondo a lei sconosciuto, oltre ad avere desiderio di cambiare la società in cui vive; Bianca è il prototipo della femminista poiché con il suo pensiero e il suo impegno vuole che uomini e donne siano trattati in modo equo senza distinzioni di genere, un desiderio che porta la ragazza a compiere una rivoluzione anche se lo fa attraverso una pelle diversa. Inizialmente mossa da un sentimento d’amore e pian piano dalla voglia di cambiare le cose, la ragazza si rende conto di come la donna e gli uomini stessi si ritrovano a vivere in una società che non permette all’individuo di essere se stesso; nei panni di Lorenzo, il suo alter ego, riesce a vedere un mondo dove l’uomo è libero di essere se stesso, senza nessun pregiudizio sul proprio orientamento. Dal rinascimento italiano ad oggi sono passati diversi secoli, qualcosa è cambiato ma di lavoro ci sta ancora molto da fare; dalla parità tra uomo e donna in ogni ambito alla libertà di non nascondere la propria identità in una società che dovrebbe essere “tollerante” ma che ancor oggi non è così. Insieme bisogna che le cose inizino a cambiare e per fare ciò non dobbiamo girarci dall’altra parte pensando che in fin dei conti queste lotte non ci interessano, perché un giorno potremmo ritrovarci in una situazione in cui i discriminati siamo noi.

La copertina di “Pelle d’uomo” di Hubert

E se ci penso bene ho avuto coraggio due o tre volte nella vita

E se ci penso bene ho avuto coraggio due o tre volte nella vita

Non ho granché da scrivere sul coraggio. Io sono una persona vigliacca e probabilmente l’unica botta di coraggio l’ho avuta quando un giorno bevetti tutto d’un fiato una bottiglia d’acqua ghiacciata. Ad eccezione di questo gesto che forse è più stupido che coraggioso, sono una persona piuttosto vigliacca. Però ricordo, a fatica e con dolore, che le tenni stretta la mano quando ogni eco di un suo respiro era un miracolo e con coraggio le mentì dicendo che ce l’avrebbe fatta. Il coraggio di mentire perché una bugia, a volte, è più necessaria della verità.

Forse, pensandoci bene, sono stato coraggioso anche quando confessai a me stesso che la vita, la mia, era diventata una fesseria. E aprendo i cassetti non c’erano più i sogni e le cose belle che mia nonna mi augurava ogni giorno, ma soltanto un’immensa noia travestita da tristezza. Il coraggio di ammettere che abbiamo bisogno di aiuto e ripartire, magari con qualche chilo in più e quegli occhi di chi è sopravvissuto ad un’onda che ha distrutto l’intera nave. Non siamo riusciti a portarla in salvo, però noi ci siamo e con pazienza la ricostruiremo.

E ci vuole coraggio, almeno un po’, anche a scribacchiare queste parole che domani o chissà quando diventeranno di un altro e verranno lette non con la mia voce ed in fondo scrivo proprio perché credo che questo passaparola possa infonderci coraggio a vicenda, soprattutto quando là fuori il mondo corre ad una velocità impressionante e persone lente come me, te, potrebbero andare in affanno. Intendo noi che ci perdiamo ancora appresso ad un sorriso fatto bene oppure a quella canzone che si è addormentata accanto a noi quella sera in cui il petto faceva male.

Non è chissà cosa il coraggio: è soltanto ascoltare bene il nostro cuore e dar fiato ai pensieri nella nostra testa (testone nel mio caso). E ci ritroveremo ad essere coraggiosi.