da Antonio Lepore | Ott 21, 2021 | Riflessioni non richieste
È accaduto che ad un certo punto ho dimenticato chi fossi e dove stessi andando. Dal nulla svanisce la magia, quella scintilla che quotidianamente illumina il tuo vero obiettivo. A soffiarci sopra diversi nemici: dall’ansia del futuro ad un Paese come l’Italia che ti stritola fino ad ucciderti dentro all’alba dei trent’anni. Del resto Gianni Morandi era stato un ottimo profeta: (soltanto) uno su mille ce la fa. E gli altri 999?
Gli altri 999 smarriscono completamente la bussola a furia di reinventarsi. Il lavoretto per avere una cosa di soldi in tasca, l’ossessione per il posto fisso perché arrivato ad una certa devi tirare le somme, i pasticcini da mangiare la domenica, l’immancabile viaggio a Londra per fare il cameriere e ritrovare se stessi. Insomma, veniamo risucchiati da un gioco infernale ed una volta conquistato l’ultimo livello – nella maggior parte dei casi somigliante ad una vita tipo “50 volte il primo bacio” – ti accorgi che hai dimenticato chi sei e cosa pretendevi dalla tua vita, magari quando nel cuore sentivi quella meraviglia di irrequietezza adolescenziale.
Si può interrompere questo gioco? Si, è possibile, mica è Squid Game. Ma vi anticipo che è una faccenda assai complessa. Più avanzi e più ti convincono di quanto fosse sbagliato avere quelle specifiche aspirazioni: non si può campare di parole, per fare l’architetto ne devi mangiare di pane, per la start up devi chiedere un prestito che la banca non ti concederà mai. Sono diversi, dunque, i trucchi che utilizzano gli agenti dalle tute arancioni per farti desistere.
Anch’io stavo vincendo alla grande in questo gioco al massacro, però poi in auto mi è capitata una canzone che avevo completamente scordato che fa così:
“Voglio essere superato,
come una Bianchina dalla super auto
come la cantina dal tuo superattico,
come la mia rima quando fugge l’attimo.
Sono tutti in gara e rallento, fino a stare fuori dal tempo
Superare il concetto stesso di superamento mi fa stare bene,
con le mani sporche fai le macchie nere
vola sulle scope come fan le streghe,
devi fare ciò che ti fa stare
devi fare ciò che ti fa stare bene”. (Caparezza- “Ti fa stare bene”)
Sembra scontato, ma un bug del gioco è proprio questo: fare ciò che ti fa stare bene, prendendoti i tuoi tempi e fregandotene degli altri. Non fermatevi alla banalità di questo concetto: ricordiamoci che le cose preziose spesso vengono nascoste in piena vista.
da Antonio Lepore | Giu 4, 2021 | Abbecedario di provincia
Mercoledì ho festeggiato 29 anni di convivenza con me stesso. Non abbiamo atteso la mezzanotte perché quella magia è svanita da un pezzo. Però, di mattina, mano nella mano, siamo andati a salutare il “vecchissimo Peugeot” – come canta Pezzali – con cui stiamo affrontando questo viaggio che innumerevoli post facebook definiscono “vita”.
Rischiando di inciampare in buste di patatine e mozziconi di sigaretta spenti male, ci siamo accomodati. Io al posto del guidatore, con i miei occhiali sporchi e sempre meno capelli in testa; lui accanto, acciaccato e piuttosto malinconico. Dopo neanche un secondo, siamo scoppiati a ridere felici. Senza un motivo in particolare, o forse sì: quello di essere sopravvissuti a piccole e grandi tragedie che accadono sempre quando non si è pronti. In fondo non si può essere pronti, ad esempio, a salutare la propria sorella e rivederla – se abbiamo azzeccato religione – quando non potremo rinunciare ad assistere ad un funerale.
Una risata liberatoria anche per aver realizzato che ad un certo punto nell’autostrada dei giorni qualcuno andrà sempre più veloce del nostro Peugeot ed è inutile forzare il motore e rischiare di restare a piedi. Un giorno decidemmo di comune accordo di massimizzare (e non di accontentarci) le nostre prestazioni e goderci ogni istante, incluso quello in cui un sogno si spezza. Perché è inutile girarci intorno: ho fallito già tante volte, però qualche successo l’ho conquistato “anche arrancando come quel vecchissimo Peugeot”. Il ticchettio della tastiera che mi rimette in pari con il mondo; lei che chiude gli occhi e si fida di me nonostante non sia in grado neanche di prenotare al ristorante; la fiducia dei miei, conquistata tra delusioni e sudore; gli amici ed il lavoro dei miei sogni a cui voglio sempre più bene.
Ora siamo qui – io ed io (la parola della settimana) – e di fronte a noi abbiamo l’ennesima salita da affrontare. Il timore di non farcela è forte, sta qui, però non ci frena come accadeva prima. Siamo consapevoli che qualche inconveniente si materializzerà – forse ho dimenticato lo stereo acceso – però ci rimettiamo in viaggio. Ed è questo che forse ho realizzato un pelino tardi: conta la strada che si sta percorrendo, non quella già percorsa o quella che percorreremo (sempre se troviamo un cazzo di benzinaio in questa stradina spersa).
da Antonio Lepore | Mag 6, 2021 | Riflessioni non richieste
In auto con il finestrino a metà penso a quanta serenità mi restituirebbe vivere in un Paese diverso da te. E non è colpa tua se desidero essere altrove. Tu sei sempre bellissima, soprattutto nei tuoi angoli più nascosti, lì dove un anziano custodisce la chiesa più meravigliosa come l’ultimo cimelio ancora in piedi su questo mondo cattivo.
E lo so che abbiamo riso assieme, quando rischiavo di affogare nel tuo mare blu Modugno ed il tramonto era storpiato dall’abusivismo edilizio. Ma non era colpa tua: noi uomini siamo ritornati bestie. E sai, a volte in me viveva la consapevolezza che in te c’era qualcosa di Dio: una bellezza a cui non credi ma che ti aiuta a sperare che tutto sia possibile, anche Fedez che assurge a nuovo paladino contro la censura del libero pensiero. Sulla Rai, in mezzo a mille sindacati che se ne fottono di un padre di famiglia che ieri in lacrime mi ha chiesto un euro. Si, anch’io mi sto facendo trasportare dal qualunquismo, ma sai, ho perso qualsiasi ideale.
Forse l’ultima goccia che ha fatto traboccare la mia ultima resistenza è caduta quando ho accompagnato l’ennesimo amico in aeroporto. Piangeva, ma dopo qualche mese rideva di gusto perché viveva finalmente una vita dignitosa (sti cazzi se la pasta è sempre scotta oltre le Alpi). E ora che si parla di un nuovo inizio, vorrei che oltre ogni incentivo e investimento, quegli stronzi che abbiamo votato facessero una promessa: vi promettiamo, pena il nostro esilio, che ognuno di voi potrà vivere con dignità. Forse da lì potrà riscoccare il mio amore per te.
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