La foglia morta di Panenka e la Germania Ovest campione in Italia

La foglia morta di Panenka e la Germania Ovest campione in Italia

Una delle stagioni calcistiche più strane di sempre sta per volgere al termine. l’Inter si laurea campione d’Italia ponendo termine allo strapotere juventino, il City raggiunge la finale di Champions e stravince la Premier. Ligue1 e Liga spagnola sono ancora in bilico, lotta aperta tra Psg e Lille, Real ed Atletico, mentre in Germania il solito Bayern spadroneggia. La follia della Super League sembra essere tramontata, ma non si fa in tempo a tirare un sospiro di sollievo che subito si è colpiti dall’ennesima notizia a dir poco bizzarra: nelle serie dilettantistiche olandesi il calcio sarà misto, ossia saranno ammesse squadre composte da uomini e donne. Prima che il calcio finisca definitivamente, rituffiamoci nel nostro viaggio europeo.

Gli anni ’70 furono fervidi di cambiamento e di entusiasmi. Musica, cultura, società: il calcio totale olandese, così bello ed innovativo quanto poco remunerativo, incarnò senza dubbio lo spirito del tempo. Oltre ai granitici tedeschi, campioni del mondo in carica, le squadre di oltre-cortina erano ancora temibili. Le fasi finali di Euro 76 vennero giocate proprio in Yugoslavia, nelle sedi di Belgrado e Zagabria. Il Paese, una zona franca socialista alla propria maniera, neutrale nello scacchiere della guerra fredda, conobbe il periodo di massima prosperità proprio in quegli anni. Con gli azzurri eliminati nel girone di qualificazione da Olanda, Polonia e Finlandia. A spuntarla fu, non senza sorpresa, la Cecoslovacchia, squadra solida, che di presentò in terra jugoslava con spirito corsaro, pronta a scippare il titolo alle tre temibili regine: i padroni di casa Yugoslavia, i fortissimi tedeschi e gli olandesi vice-campioni del mondo due anni prima. Nelle semifinali la Cecoslovacchia dei vari Ondruš, Nehoda, Pivarnik e Panenka batté a sorpresa gli olandesi per 3-1 allo stadio Maksimir di Zagabria. I tedeschi, invece, davanti ad un Marakana strapieno, eliminarono la Yugoslavia che andò in vantaggio ancora con l’intramontabile Džajić. L’implacabile Gerd Müller, con una tripletta, portò in finale i teutonici, pronti al bis mondiale 74 – europeo 76. Antonin Panenka, però, penso diversamente: il suo rigore a “cucchiaio” (primo nella storia) diede la vittoria alla Cecoslovacchia dopo un 2-2 che vide i tedeschi dell’ovest rimontare di nuovo due gol di svantaggio.

L’edizione del 1980 vide ancora l’Italia in qualità di paese ospitante. Le sedi di Roma, Napoli, Milano e Torino videro un cambio di format nella fase finale: le prime di ciascun girone di sarebbero scontrate nella finale allo Stadio Olimpico. Gli azzurri parteciparono di diritto in qualità di host country, purtroppo il risultato non fu quello di 12 anni prima. Il primato del girone andò, per differenza reti, al Belgio, una squadra giovane e propositiva, impreziosita dai talenti di giocatori come Ceulemans, Gerets ed il portierone Jean Marie Pfaff. In finale i diavoli rossi dovettero scontrarsi contro l’immarcescibile Germania Ovest, che intanto stava facendo largo a quella che sarebbe diventata una generazione vincente: Schuster, Briegel, Hrubesch, Hansi Muller e Karl-Heinz Rummenigge. Il 2-1 (doppietta di Hrubesch) finale premiò i teutonici che portarono a casa il loro secondo campionato europeo di calcio. Il cielo di Roma sorrise ai colori bianco-neri, mentre i nostri azzurri dovettero accontentarsi di perdere la finale 3°-4° posto contro la Cecoslovacchia dopo una interminabile fila di rigori. La festa, però, era solo rimandata: all’orizzonte vi era il folle mondiale di Spagna ’82.

Storia degli Europei: Urss e Spagna pioniere

Storia degli Europei: Urss e Spagna pioniere

Lo scoramento per la realtà surreale vissuta nell’ultimo anno ha, almeno per quanto concerne il sottoscritto, spento l’interesse per la stagione calcistica in corso. Stadi vuoti, scenari surreali, un gioco sempre più opinabile sotto diversi aspetti. L’orizzonte, però, scalda il cuore, nonostante tutto: cum magno gaudeo attendiamo i campionati europei, primo vero banco di prova per la entusiasmante nazionale di Mancini.

Con la mente e con il cuore ho provato a rispolverare i ricordi, passando in rassegna vecchi almanacchi commentando le edizioni più belle di una manifestazione affascinante, un altro luogo di incontro tra storia, sport e politica, evento nato nel miraggio di un continente desideroso di unirsi sotto la bandiera della concordia, a dispetto del terribile ricordo della Guerra. Rinfreschiamoci un po’ la memoria, rammentando le prime due edizioni:

Nel 1960 la UEFA decide di organizzare il torneo da tenersi proprio in Francia, sede dell’organizzazione. Il Presidente Henri Delaunay si fa promotore dell’evento alla cui fase finale, dopo un blando turno eliminatorio, accedono soltanto quattro squadre dislocate nelle sedi di Parigi e Marsiglia. È un torneo dai caratteri sperimentali, ancora embrionale, in cui le squadre dei Paesi dell’oltre-cortina di ferro  fanno da padrone.

Trionferà l’Unione Sovietica, una squadra simbolo con una maglia storica, rossa rivoluzionaria, marchiata dall’iconico acronimo CCCP. Dopo aver vinto a tavolino contro la Spagna franchista (rifiutatasi di partire per Mosca per motivi strettamente ideologici) e contro la “satellite” Cecoslovacchia, in finale viene sconfitta la “sorella” Jugoslavia per 2-1 in un incontro/scontro che avrebbe pienamente soddisfatto le manie di rivalsa del compagno Stalin nei confronti del rivale Tito. Lev Jaščin ed Igor Netto sollevano la bellissima coppa dal colore argento al cielo di Parigi mostrando al mondo il valore competitivo di un Paese in crescita, nel pieno di un’epoca foriera di grandi cambiamenti sociali al suo interno: i voli plastici del “ragno nero”, unico portiere a detenere il pallone d’oro, saranno seguiti dal volo più famoso della storia, quello del cosmonauta Jurij Gagarin che circumnaviga il pianeta aprendo scenari tecnologici inimmaginabili. L’Urss è in piena ascesa, lancia la sua sfida al mondo intero, politico e non

Grandi attese, a volte, tradite: il bis venne fallito nell’edizione successiva del 1964, vinta dai padroni di casa della Spagna. Il torneo, la cui fase finale si disputò nelle sedi di Barcellona e Madrid, seguì la stessa identica formula della prima edizione. L’Urss campione in carica dei vari Jaščin, Ponedel’nik ed Ivanov, dopo aver eliminato l’Italia nelle fasi eliminatorie (esordio per gli azzurri nella competizione, 2-0 a Mosca, 1-1 a Roma), cede in finale alla Spagna di Marcelino, Pereda, Luisito Suarez e Ferran Olivella che trionfa nella finale di Madrid battendo i nemici politici di fronte a Franco e al Re, sulle tribune del Bernabeu. Per vincere ancora le Furie Rosse dovranno attendere i vari Xavi, Iniesta, Casillas e Puyol per ben 44 anni…

Il campionato europeo di calcio è ancora lontano dalla messa a punto di una formula complessa come quella odierna, ma nelle sue due prime edizioni ha già regalato partite spettacolari, suscitando largo interesse e una speranza per il futuro. La prossima edizione la si giocherà a Roma, la nazionale italiana non si farà trovare impreparata.

Ma questo ed altro…nella prossima puntata!