Abbecedario di provincia: lettera F o V

Abbecedario di provincia: lettera F o V

L’altro ieri sono andato a vedere il nuovo film di Anderson e dopo soltanto dieci minuti avrei voluto lanciare in aria i pop-corn e fingere un malore. Però sono un coglione vigliacco e quindi soltanto masticazioni fastidiose, rutti innescati da coca cole vendute al prezzo della benzina e coppie che non limonavano perché il virus ha ripreso a circolare. Disavventure personali a parte, ora sto in macchina e in radio ci sta Fabio Volo che parla e Fabio Volo è proprio la parola della settimana. (fate voi se è F di Fabio oppure V di Volo, io ho già troppi problemi inesistenti da risolvere).

Allora, io c’ho tutti i romanzi scritti di Fabio Volo e mi sono piaciuti, ma il punto oggi non è questo. Fabio Volo, senza saperlo, è stato il termometro della mia personalità. Mi spiego meglio: ho sempre pensato che il giorno in cui avrei rivelato in pubblico – in quel pubblico che ieri applaudiva al film di Anderson – che lui rientrava tra i miei scrittori preferiti, io sarei stato un vero uomo, con personalità, onesto intellettualmente, coraggioso.

In tutti questi anni ho condiviso questa mia passione per Volo con pochi intimi (tranne mia madre che è troppo pettegola). In pubblico, invece, giusto un’accennata difesa quando qualcuno, col dito alzato, così si esprimeva: “Romanzetti per persone non eccessivamente integrate col proprio cervello”. Ed io, con un piede avanti e uno dietro, replicavo: “E vabbè ma mica saranno deficienti tutti i suoi milioni di lettori?” però poi la buttavo sul ridere così da far capire che si trattava di sarcasmo di matrice sinistra-democratico.

Ed invece, dopo un lungo viaggio introspettivo senza andare in India, ho compreso che sono stato uno stupido: non bisogna mai vergognarsi di nulla e che soprattutto voglio dichiarare guerra a chi ritiene di poter stabilire chi sia un’artista e chi no. A te piaceranno le inquadrature fantasmagoriche di Anderson, a me piacciono le rincorse a New York soltanto perché ci sta una tizia con cui hai scopato una volta ma per te è l’amore della tua vita e quindi ci sta. Togliamoci ‘sta puzza sotto al naso ed in cambio non vi chiamerò più radical chic: affare fatto?

Quindi ragazzi, tutto questo pippone per invitarci a non aver vergogna di quello che siamo e di quello che ci piace. E mi raccomando: non cediamo alla tentazione di allinearci al pensiero della maggioranza per stare più comodi (il consiglio non vale per i no-vax che sono soltanto deficienti).

Quello che sono non conta più un cazzo, lo volete capire?

Quello che sono non conta più un cazzo, lo volete capire?

Eccoci qua, con le nostre mani sporche di sborra e ciambelline a ticchettare sulla tastiera per condividere l’ennesimo post teso a delineare un evidente confine tra bene e male. Bene, ora che sembriamo migliori dell’idiota che ha tirato un cazzotto ad un immigrato, possiamo sederci davanti al bar e bere l’ennesima birra con gli amici, magari incazzandoci con l’indiano e le rose. Non indignatevi mentre leggete queste parole, siamo tutti colpevoli. Non ci sono assoluzioni, siamo tutti sulla stessa barca, quindi almeno facciamoci compagnia.

Ora che ci penso bene, mi pare di vivere un film horror sudcoreano. Nella mia stanzetta buia accendo il pc, login e decido di diventare un’altra persona. Più attraente (?), più affascinante, più profonda: citazioni del cazzo, canzoni che in realtà mi rompono i coglioni, istantanee per urlare agli altri che la mia vita non fa schifo e così avvio il processo che mi permette di uccidere la mia reale identità.

Qui non è permesso essere se stessi. È vietato avere dubbi, è consentito sparare a chi ha il passo incerto. Quindi mi metto in viaggio, chiedo a Fabio Volo di perdonarmi e vivo la vita di un 29enne eccellentemente acculturato. Tra queste quattro pareti ascolto esclusivamente cantautorato elegante, leggo romanzi che circolano nei circoletti di sinistra e guardo con sospetto la simpatia dei boomer. A volte mi concedo il lusso di una battuta sarcastica, appena sufficiente per dimostrare la mia superiorità rispetto al popolino. Mi tengo ben distante dagli argomenti caldi, tipo la disputa tra grassi e magri. Avere paura dei tuoi pensieri reali: altra regola di questo fight club. E devo ammettere che la maggior parte dei vigilanti ha la faccia di chi invoca la libertà di pensiero e poi ti massacrano di botte se fai notare che forse è sbagliato vedere tutto bianco o tutto nero, che ci sono le sfumature di umanità (e meno male).

Non devo sbagliare nessuna mossa: l’identità percepita è fondamentale. Quello che sono non conta più un cazzo, lo volete capire?