I democratici di sinistra che ci spiegano dall’alto dei loro studi il fascismo e come si combatte. Peccato che le persone a cui si rivolgono non capiscono un cazzo dei loro spiegoni, probabilmente qualcuno nel frattempo sarà crepato di fame e non di fascismo. E certamente fraintenderete queste parole perché voi siete i più intelligenti, i più buoni, i più puliti, i più schifosi figli di puttana.
“Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio
Sono intorno a me, ma non parlano con me
Sono come me, ma si sentono meglio”
C’è un politico che conosco che odia i poveri. La vedo la sua faccia quando incrocia gli occhi disperati dei più deboli, soprattutto quelli delle donne. Quanta meraviglia le donne disperate, ma questo non c’entra adesso. Il politico che conosco si crede scaltro, ma io sto alle sue spalle quando arriccia il naso appena sente la puzza di chi non ci arriva alla fine del mese. Probabilmente vorrebbe vederli scannarsi tra di loro per qualche spicciolo tipo serie tivvù coreana. Anzi, ne sono certo. È convinto/a, infine, che un segno della croce consentirà l’accesso diretto in paradiso. Spero che Dio esista.
“Mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica
Mani ipocrite, mani che fan cose che non si raccontano
Altrimenti le altre mani chissà cosa pensano, si scandalizzano”
Poi ci sono io, che mi ritengo più intelligente degli altri mentre sono il primo dei coglioni. Per la questione del “pare brutto” spesso mi mordo la lingua invece di dire la verità. Se avessi un mezzo coraggio direi a quel mio amico che non è Gesù Cristo che deve perdonare tutti, altrimenti potrei incominciare a pensare che anche lui sia un benpensante come me. Direi poi a quello che fa volontariato che è un pezzo di merda perché senza lavoro ha tutti i comfort di una vita agiata. Vuoi vedere che il povero aiutato sia proprio lui? Alla mia psicologa, invece, confiderei che ho istinti omicida tipo Edmund Kemper nei confronti degli attimi che dovrei cogliere e non so perché. Forse ho paura che almeno un sogno possa avverarsi?
“Sono tanti, arroganti coi più deboli, zerbini coi potenti
Sono replicanti, sono tutti identici, guardali
Stanno dietro a maschere e non li puoi distinguere
Come lucertole s’arrampicano, e se poi perdono la coda la ricomprano
Fanno quel che vogliono si sappia in giro fanno
Spendono, spandono e sono quel che hanno”
La democrazia, per definizione, è una forma di governo esercitata dal popolo attraverso dei rappresentanti delle proprie idee. Di conseguenza, il potere democratico sta nell’affidare le decisioni importanti per una collettività estesa ad un numero ristretto di persone, evitando di concentrare il potere nelle mani di un singolo individuo.
Partendo da questo presupposto, si potrebbe creare un paragone tra quello che succede all’interno della mente di ciascun individuo e ciò che comporta il processo democratico. Più nello specifico, voglio riferirmi al concetto di identità personale ed al suo corrispettivo collettivo: se il processo che andrò a descrivere si riferisce al primo termine assume un significato patologico mentre, sul versante collettivo ne aumenta la capacità rappresentativa.
L’identità di una persona è un concetto che racchiude tutte le forme con cui ciascuno di noi si rappresenta. Inizia a svilupparsi durante la prima infanzia, si consolida con l’ingresso nell’età adulta anche se tende a modificarsi leggermente per tutta la vita. In pratica, l’identità personale è formata da tante piccole immagini (io lavoratore, io figlio, io amico, io fidanzato e così via); queste immagini possono essere una incatenata all’altra e quindi “sopportarsi” tra di loro, oppure contrastare tra di loro e creare un po’ di scompiglio nella mente. Se le varie immagini di sé nel mondo non si escludono l’un l’altra possiamo parlare di un senso di identità personale coeso e coerente, al contrario si parla di diffusione dell’identità. L’identità coesa è alla base del benessere psicologico e presuppone che, per quanto di erse tra loro, le diverse immagini di sé debbano mantenere una certa coerenza (ad esempio, se mi fidanzo con una donna africana non dovrei esprimere idee xenofobe altrimenti è chiaro che c’è qualcosa che non quadra).
Sul piano individuale, quindi, benessere psicologico significa non contraddirsi da soli. Dal punto di vista democratico, invece, avere la possibilità di farsi rappresentare da più persone implica portare nel dibattito da cui emergono leggi e regole di vita comunitaria una molteplicità di idee anche, e soprattutto, se contrastanti tra loro. Per pensare alla democrazia si potrebbe immaginare una serie di rappresentazioni del mondo che ciascun elettore ha e che viene convogliato nelle mani del singolo rappresentante il quale ha la stessa funzione delle immagini individuali di sé nel mondo. Una democrazia che funziona e che quindi gode di benessere istituzionale dovrebbe essere quanto più diffusa possibile! Le idee espresse dai rappresentanti parlamentari dovrebbero coprire tutto lo spettro elettorale, e quindi portare nel dibattito anche immagini tra loro incompatibili. Una democrazia coesa al pari di quanto accade nell’identità personale fa sì che si perda la prerogativa stessa della democrazia, cioè quella di dare la possibilità a tutte le idee di essere rappresentate. La diffusione delle idee in democrazia, invece, è l’espressione più salubre che ci si possa aspettare.
Ps: e poi c’è il fascismo. La storia ci ha insegnato che non è un ideale salubre per la società per cui la democrazia dovrebbe impegnarsi a tenerlo lontano dalle istituzioni tramite continuo dibattito da cui, se ben condotto, l’ideale fascista verrà sempre sconfitto.
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