Il Codice Jedi e lo Stoicismo

Il Codice Jedi e lo Stoicismo

L’aspetto più affascinate dell’universo di Star Wars è sicuramente quello rappresentato dall’ordine Jedi. Chi non ha mai provato il desiderio di impugnare la spada laser e sentirne il ronzio che. Non tutti sanno però che i Cavalieri Jedi, nel corso dei secoli, hanno sviluppato un vero e proprio codice di comportamento che deve guidare tutte le loro azioni. Tale codice ha una forte affinità con lo stoicismo, una corrente filosofica nata in Grecia tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C.

Il Codice Jedi recita in questo modo:

Non ci sono Emozioni, c’è Pace;
Non c’è Ignoranza, c’è Conoscenza;
Non ci sono Passioni, c’è Serenità;
Non c’è Caos, c’è Armonia;
Non c’è Morte, c’è la Forza.

Non si analizzeranno, però, i singoli precetti del codice ma si prenderanno come sfondo per volgersi verso un discorso più generale sulla filosofia stoica.

Fa parte integrante dell’etica stoica la totale negazione delle emozioni e delle passioni. Esse sono manifestazioni dettate dall’ignoranza e dalla stoltezza, consistenti nel dare giudizi su ciò che non si sa. Gli stoici distinguono quattro emozioni fondamentali: la brama dei beni futuri, la letizia per i beni presenti, il timore dei mali futuri e l’afflizione per i mali presenti. A tre di queste emozioni, rispettivamente alla brama, alla letizia e al timore, i filosofi stoici fanno corrispondere tre stati di calma ed equilibrio propri del sapiente, ossia la volontà, la gioia e la precauzione. All’afflizione non corrisponde nessuno stato d’animo per così dire “normale”: infatti, non c’è nessun male di cui bisogna temere, dato che il sapiente conosce alla perfezione le leggi dell’universo. Per il saggio stoico quindi, le emozioni sono considerate delle vere e proprie malattie che colpiscono gli stolti e dalle quali bisogna rifuggire. La condizione del sapiente è allora l’apatia, ovvero l’indifferenza a ogni tipo di emozione, grazie alla quale può raggiungere la serenità. A differenza del saggio stoico, il cavaliere Jedi non deve eliminare del tutto le emozioni ma deve analizzarle e comprenderle per raggiungere la pace interiore. Il fine massimo di questo cammino interiore è la serenità d’animo, accettare le emozioni per come sono, nel bene o nel male.

Dal punto di vista della visione generale del mondo, gli stoici professavano una sorta di panteismo nel quale identificavano Dio con l’ordine naturale del cosmo. Dio coincide con il principio attivo dell’universo, con la ragione universale, che dona la vita a tutti gli esseri viventi dando loro forma e sostanza. Da questo punto di vista, il destino si identifica necessariamente con l’ordine del mondo, legando tutti gli esseri tra loro. Poiché tale ordine procede da Dio, o meglio coincide con Esso, il destino non è una forza cieca e malvagia ma piuttosto un ordine razionale e benefico. Infatti, tutto ciò che accade avviene secondo una ragione, la quale segue l’ordine razionale divino dell’universo. Per tali motivi, la massima fondamentale dell’etica stoica è “vivere secondo natura”, dove per “natura” si intende la struttura divina universale. Poiché la natura è razionalità, la massima “vivere secondo natura” coincide con “vivere secondo ragione”. Il dovere per gli stoici significa quindi compiere un’azione in conformità alla ragione e alla natura. Allo stesso modo, i Jedi traggono la loro serenità ed energia seguendo le vie della Forza. Iconiche a tal proposito sono le parole del maestro Yoda ne L’Impero colpisce ancora:

La vita essa crea ed accresce, la sua energia ci circonda e ci lega; illuminati noi siamo, non questa materia grezza! Tu devi sentire la Forza intorno a te, qui, tra te, me, l’albero, la pietra, dovunque!

O quelle di Obi-Wan Kenobi ne Una nuova speranza:
La Forza è quella che dà al Jedi la possanza. È un campo energetico creato da tutte le cose viventi. Ci circonda, ci penetra, mantiene unita tutta la galassia.

La Forza, quindi, guida il Jedi verso la saggezza e l’armonia, lo eleva oltre la materialità e la corporeità. Allo stesso modo allora, né il saggio stoico né il Jedi devono temere la morte. Essa fa parte del ciclo naturale delle cose e bisogna essere accettata come quella che è, ossia come fine naturale delle cose. Per alcuni Jedi, tuttavia, morire vuol dire far parte della Forza, essere tutt’uno con essa per diventare immortale, come fa ad esempio Obi-Wan Kenobi che divine “fantasma di Forza” per guidare ancora Luke Skywalker nel suo addestramento.

Un’eccezione va fatto con il verso “non c’è Ignoranza, c’è Conoscenza”. Esso è strettamente collegato al multiculturalismo presente nell’universo di Star Wars. Secondo la concezione Jedi (che verrà dimenticata nella Guerra dei Cloni), un conflitto è generato sempre dall’ignoranza. In una guerra, i due contendenti hanno sempre visioni opposte della realtà e spetta ai Jedi, quali diplomatici di pace, mediare tra le due diverse opinioni. Per far ciò, ai Jedi è necessario possedere una mentalità aperta e libera da ogni pregiudizio. Se nella trilogia prequel abbiamo una galassia multiculturale in cui diverse specie aliene riescono a vivere in pace e in armonia, è proprio grazie agli ideali dei Cavalieri Jedi. Con la caduta dell’ordine e la nascita dell’Impero, nella trilogia originale prevalgono sentimenti quali l’odio, la paura e il pregiudizio.

Per lo stoicismo l’ordine razionale del mondo, così come dirige l’universo, allo stesso modo dirige la vita della comunità umana. Quest’ordine prevede una legge superiore a tutte quelle dei diversi popoli della terra ed è perfetta e non ha bisogno di correzioni. Se unica è legge che governa l’umanità, unica è pure la comunità umana. Molto significative restano le parole di uno dei più importanti filosofi stoici del periodo romano, Seneca:

 Tutto quello che vedi, che contiene il divino e l’umano, è tutt’uno: noi siamo tutti membri di un gran corpo. La natura ci generò parenti dandoci una stessa origine e uno stesso fine. Essa c’ispirò l’amore reciproco e ci fece socievoli (Lettere).

Perciò il saggio appartiene ad una città universale in cui non esistono schiavi ma in cui gli uomini sono tutti cittadini e liberi. L’unica forma di ignoranza è quella che l’uomo esercita nei confronti delle proprie passioni e delle quali è schiavo.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

Nell’ottobre del 2019 veniva pubblicato l’ultimo album di Franco Battiato, Torneremo ancora, una raccolta delle più belle canzoni del maestro, registrate di nuovo con l’accompagnamento della Royal Philarmonic Orchestra di Londra. Solo la traccia d’apertura è inedita, Torneremo ancora, la quale dà anche il titolo all’album. Si tratta di un branco scritto assieme all’artista Juri Camisasca e avvolge l’ascoltatore in un’atmosfera mistica e spirituale, tipica dei testi del cantautore siciliano.

Di seguito il testo completo:

Un suono discende da molto lontano
Assenza di tempo e di spazio
Nulla si crea, tutto si trasforma
La luce sta nell’essere luminosi
Irraggia il cosmo intero
Cittadini del mondo
Cercano una terra senza confine
La vita non finisce
È come il sogno
La nascita è come il risveglio
Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora
Lo sai
Che il sogno è realtà
E un mondo inviolato
Ci aspetta da sempre
I migranti di Ganden
In corpi di luce
Su pianeti invisibili
Molte sono le vie
Ma una sola
Quella che conduce alla verità
Finché non saremo liberi
Torneremo ancora
Ancora e ancora.

I riferimenti filosofici sono lampanti. In particolare, i versi “nulla si crea, tutto si trasforma” e “torneremo ancora e ancora”, sono un chiaro riferimento alla filosofia greca dei fisici pluralisti, la quale può essere riassunta nel concetto “Nulla viene dal nulla”. Per questi filosofi nessuna cosa può venire a esistere dove prima non c’era niente. L’unione e la disunione di determinati elementi preesistenti determinano la nascita e la morte delle cose. Si tratta però di una nascita e di una morte apparante dal momento che le cose non si creano e non si distruggono, ma soltanto si trasformano. I più importanti filosofi pluralisti sono Empedocle, Anassagora e Democrito.

Empedocle afferma che le cose sono composte dalle cosiddette quattro radici, il fuoco, l’acqua, la terra e l’aria. Dall’unione delle quattro radici avviene la nascita delle cose, mentre dalla loro disunione avviene la morte ma nulla va perduto: tutto resta, seppur disgregato. A dar vita al processo di unione e disunione delle radici sono due forze contrapposte: 1) l’Amore o l’Amicizia, forza che aggrega le radici; 2) l’Odio o la Discordia, forza che le divide. Le due forze, alternandosi e scontrandosi, agiscono in un eterno ritorno dei diversi cicli cosmici. Questi ultimi sono quattro e si differenziano a seconda della forza dominatrice: 1) la prima fase è quella dello Sfero in cui domina l’Amore e tutti gli elementi sono uniti in perfetta armonia tra di loro in un tutto omogeneo. Nella fase dello Sfero non c’è vita; 2) l’unione perfetta dello Sfero viene rotta dall’azione dell’Odio. Dal conflitto di Amore e Odio nasce il mondo attuale. L’azione dell’Odio non è distruttiva, piuttosto genera la vita e tutto ciò che c’è nel mondo; 3) continuando la sua azione, L’Odio prevale sull’Amore dando origine al caos e alla disgregazione di tutte le cose; 4) grazie a un nuovo intervento dell’Amore e a una nuova contesa con l’Odio si torna alla situazione intermedia in cui abbiamo il mondo attuale poi ancora lo Sfero dove ricomincia un altro ciclo e tutte le fasi si ripetono eternamente.

Anche Anassogora, come Empedocle, sostiene che nulla nasce e nulla muore. La nascita e la morte sono dovute alla separazione di particelle piccolissime chiamate semi, le quali aggregandosi generano le cose dandogli la nascita e disgregandosi gli danno la morte. Tutto è composto da questi semi e niente perisce in modo definitivo poiché i semi, seppur disgregandosi, restano eterni. Esistono semi per ogni sostanza materiale che è al mondo. Tuttavia, una cosa non è composta dei soli semi della sua stessa sostanza. Un ente contiene al suo interno piccole quantità di semi di altre sostanze. Per tale motivo Anassagora afferma che tutto è in tutto, cioè ogni cosa contiene i semi di tutte le cose. I semi poi possono essere aggregati e disgregati all’infinito. Il processo di aggregazione avviene per opera di una mente superiore divina, il Nous. Essa ha operato dapprima all’interno del caos indistinto dei semi causando le prime separazioni: caldo-freddo, luce-oscurità e successivamente tutte le altre cose.

In ultima analisi, l’apporto fondamentale di Democrito alla filosofia occidentale è la concezione di atomismo. Principi di tutte le cose sono gli atomi, particelle letteralmente indivisibili. Essi riempiono la natura e costituiscono la materia. Ma in che modo lo fanno? A differenza di quanto affermava Anassagora, per Democrito gli atomi non si aggregano a causa di una mente divina ma lo fanno in maniera totalmente meccanica. Tale aggregazione avviene allora per via del movimento spontaneo degli atomi, che si spostano in tutte le direzioni. Il movimento avviene nel vuoto poiché, senza tale vuoto, gli atomi non potrebbero muoversi. Democrito allora è il primo rappresentante del materialismo, concezione che vede nella materia l’unica sostanza e l’unica causa delle cose e del meccanicismo, il quale spiega i fenomeni del mondo naturale attraverso le sole leggi della natura, escludendo qualsiasi finalismo o apporto della divinità.

Noi siamo sicuri che ogni volta che ascolteremo Radio Varsavia o Radio Tirana in cerca di un nostro centro di gravità permanente, il maestro Battiato vivrà ancora e ancora.