
Abbecedario di provincia: lettera F
Stamattina, tossendo assai forte perché starò morendo, sono rimasto a letto. Fissavo il soffitto – sempre tossendo – e ho iniziato ad ascoltare la nuova canzone di Giovanni Truppi “La felicità”. Mi sono chiesto – ovviamente tossendo – cosa sia per me la felicità.
Forse il cane che abita con me e che non rompe i coglioni quando non riesco a volergli bene quanto meriti. Che poi è una cosa davvero brutta, però lui mi ama lo stesso ed io un po’ mi sento felice o almeno sento dentro di me una bellissima dimenticanza di tutti i problemi reali e fantasiosi che ho.
Pausa colpo di tosse, caramella balsamica e sigaretta.
Forse i desideri che vorrei si realizzassero ma poi si realizzano ed io non sono mai felice. Fa ancora male la convinzione che avevo anni fa, ovvero quella che avrei trovato la felicità se avessi pubblicato un romanzo. L’ho pubblicato e non ho scritto più per anni e non ero felice, ad eccezione di sporadici momenti in cui qualcuno mi tenne per mano e mi insegnò che per trovare le parole giuste occorre farsi noia, farsi sconfitta, farsi piccolo, farsi forza, farsi fragilità: insomma, vivere o quella roba lì.
Il medico mi ha mentito: questa medicina non serve ad un cazzo.
Forse la mia psicologa, che poi mia non è ma ci siamo intesi. Con lei posso parlare a ruota libera – pagandola non potrebbe essere altrimenti – e comunque mi sorride, anche quando mi incarto perché vorrei farle capire le capriole della mia testa ma non riesco. Non vorrei che sorridesse per prendermi per il culo, ma non credo. Lì, con lei, i brutti momenti diventano quasi piacevoli perché si trasformano in “Ritorno al futuro”, con io che prendo la DeLorean e ritorno sul luogo del misfatto per recuperare i pezzi di me che mi serviranno più avanti per ricostruirmi dopo che la vita mi ha massacrato.
Allora tu mi chiami per rompermi le scatole ed io, per vendicarmi, ti metto in vivavoce mentre beatamente mi faccio i cazzi miei.
Forse quando io e mio padre e mia madre andiamo d’accordo. O meglio, quando uno dei tre fa un passo indietro che poi, e questo l’ho capito sempre troppo tardi, non significa che sei un fesso ma soltanto che hai capito che, mentre gli uomini si buttano le bombe addosso ed i bambini non hanno nemmeno una briciola di pane, tu vorresti vivere il più serenamente possibile, cioè rompere i coglioni quando ne vale la pena – tipo mamma che mi urla quando non levo le scarpe sul letto – e non romperli quando sarebbe più importante stringersi l’uno accanto all’altro, che il mondo è già troppo spaesato.
Sto pensando che sono ingrassato, le mie amiche dicono di no ma lo faranno perché mi vogliono bene.
Forse sei tu e tutte le donne che in qualche modo ho amato, che poi non sono nemmeno tante ma perché ho solo trent’anni e non perché non sia un tipo piacente, io. Qualcosa di molto simile alla felicità – anche se non so come sia fatta la felicità – era tipo lei che con la mano maltrattava i suoi capelli ed io ridevo forte e non so perché, ma ridevo e rido anche ora, mentre lo sto scrivendo.
Oppure era qualcosa di molto simile alla felicità lei che mi lasciò perché un giorno mi fece: “In Africa si muore” ed io le risposi “Non stiamo in Africa”. Lì intuì, ma così, a naso, che non potevo farmi i cazzi miei soltanto perché fossi nato nella parte “giusta” del mondo, che siamo tutti legati da un filo invisibile e che io potrei fare sempre qualcosa anche per Mubarak distante ottocentomila chilometri da me.
Forse era lei, a cui non ho mai confidato il mio amore, che poi era il suo, cioè avrei voluto regalarglielo. E così, ancora oggi, conservo questo sentimento ignorante, nel senso che non ha mai conosciuto i giorni vuoti, l’alito cattivo, le prese di posizioni stupide ed i miei occhi ed i suoi occhi che ad un certo punto cambiano e non si riconoscono più.
Tosse, dolore in petto, occhi pesanti, la mia ora si sta avvicinando. Quindi concludo.
Forse la felicità sono anche io che ho perso tutti i capelli e qualche pezzo di cuore, e nonostante tutto, continuo a chiedermi cosa sia la felicità. E si sa, ci facciamo domande soltanto su ciò che ci interessa, su ciò su cui vogliamo fare luce. Mica mi faccio domande tipo “Perché la Sinistra ha perso alle ultime elezioni?”.
A me interessa sapere cosa sia la felicità e, mentre la cerco, forse, vivo anche meglio.
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