L’infinito ottimismo di fine dicembre

L’infinito ottimismo di fine dicembre

 

La fine dell’anno è il consueto momento in cui tutti noi ci troviamo, in un modo o nell’altro, a fare un bilancio di quanto portato a termine fino a questo punto. La fine dell’anno coincide con la Natività: la fine di un’epoca e l’inizio di un periodo storico tinto di fulgido ottimismo, vista la nascita del figlio di Dio. Si potrebbe affermare che la seconda frase spiega la prima: la religione cristiana che fa parte del nostro bagaglio culturale ci suggerisce che un anno è passato e quello che sta per iniziare dovrà essere migliore del precedente.

La componente culturale, quindi, gioca un ruolo molto importante nel determinarci ad essere migliori. Ma non è l’unico fattore in campo. Esiste, infatti, una spinta impercettibile, attiva fin dalla notte dei tempi. Per provare ad afferrarla bisogna chiedersi come ha fatto una scimmia, centomila anni fa, ad evolversi fino a diventare l’umanità mentre le lucertole, ad esempio, sono così da quando i padroni della Terra erano i dinosauri. La differenza tra queste due specie, tra le tante, risiede nella motivazione a migliorare la propria capacità di agire sugli elementi a proprio vantaggio. Le altre specie è come se, a un certo punto della loro evoluzione, si fossero accontentate del loro grado di adattamento all’ambiente. Noi invece siamo ancora spinti da quella forza ancestrale che, migliaia di anni fa, ci fece scoprire le potenzialità del fuoco, oggi ci porta a fruire dei vantaggi connessi all’evoluzione della banda larga. Un aspetto così radicato da potersi considerare inscritto nel DNA umano.

Alla base dell’infinito ottimismo di fine anno ci sono due fattori fondamentali, uno di tipo culturale e l’altro di tipo “genetico”. L’unione di queste due componenti crea una sorta di brodo primordiale dal quale emergono tutti i processi psicologici che sono frutto, a loro volta, del continuo intreccio tra componenti ambientali e genetiche individuali. Questo è quanto insegna un detto, non proprio popolare, che recita “l’ontogenesi ricapitola la filogenesi“: lo sviluppo del singolo individuo riprende le vicende affrontate nel corso dell’evoluzione della specie.

L’ottimismo di fine anno, in altre parole, è dovuto alla nostra voglia di migliorarci. Un qualcosa che ci appartiene come singoli individui e come specie. Fare una stima di ciò che si vorrebbe portare a termine l’anno prossimo, fra l’altro, assolve ad un compito legato alla propria autostima: pensarsi capaci di fare così tante cose con 365 giorni a disposizione per raggiungere i plurimi obiettivi, ci restituisce l’idea di essere in grado di farlo. E poco importa se, nel corso dell’anno venturo, riusciremo a fare solo una delle dieci cose che ci eravamo ripromessi. Nel frattempo saranno sorti centinaia di imprevisti, migliaia di banalità che richiederanno tempo e milioni di nuove cose da dover portare a termine. 

Per cui complimenti a noi, che nonostante il mondo continui ad andare a rotoli, anche se dovremo portare a termine qualcosa che richiede un mese in una settimana, ci saremo ricordati di quella promessa fatta a noi stessi alla fine dell’anno scorso e saremo stati in grado di portare a termine uno dei tanti obiettivi che, ingenuamente, ci eravamo ripromessi di compiere.

Auguri di buona “lista delle cose da fare”.