Un anno nuovo è già iniziato e siamo già stanchi!

Un anno nuovo è già iniziato e siamo già stanchi!

Durante i primi giorni dell’anno ci capita spesso di rivivere una particolare sensazione di fiducia e speranza che ci spinge a dimenticare fatiche e difficoltà di un intero anno appena trascorso e ci costringe ad immaginare un domani migliore.

In questi giorni lasciamo che anima e corpo vengano pervasi da una calda sensazione di ottimismo. In alcuni casi ci convinciamo di essere investiti da una strana sensazione di onnipotenza, capace di renderci invincibili e di poter affrontare e risolvere anche le sfide più difficili.

Ma come è possibile tutto ciò? Com’è possibile passare dalla sfiducia all’ottimismo in pochissimi giorni?

La spiegazione più immediata e semplice ci vede avvezzi all’utilizzo di un semplice e pratico meccanismo mentale che spinge verso l’oblio tutto quello che riguarda il passato (soprattutto i momenti brutti) e che ci porta ad affrontare l’incertezza dei giorni futuri affidandosi all’ottimismo dei giorni migliori.

Per questo, in questi due settimane, noi di Scarpesciuote non vogliamo andare oltre e bloccare anche solo per un momento questo strano meccanismo di autoconservazione. Così abbiamo deciso di riprendere dall’oblio tutto ciò che non ci è piaciuto di quest’ultimo anno appena concluso e abbiamo deciso di parlarne.

Perché? Semplice, perché è dalla stanchezza che deriva da queste situazioni di difficoltà che vogliamo fare tesoro e vogliamo ripartire, traendo realmente insegnamento da tutte le cose che ci hanno stancato potremmo finalmente ripartire per costruire un futuro decisamente più accettabile, se non addirittura migliore.

A chi ha accumulato, nella vita, molte forme di stanchezza, a chi si è svegliato in questo inizio anno già stanco senza capire il perché o semplicemente a chi non ne può dedichiamo questo numero. Augurandovi un buon anno e speriamo che anche voi siate già stanchi delle solite dinamiche, perché, parafrasando Stephane Héssel è dalla stanchezza e dall’impegno che ne deriva che bisogna ripartire.

Antonio Lepore

Andrea Famiglietti

La calma, contro l’ennesimo dramma

La calma, contro l’ennesimo dramma

E così….siamo punto e a capo.

Si materializzano i fantasmi di San Siro. Fa capolino anche Giampiero Ventura, come in un film horror che si rispetti la mummia prende vita e scoperchia il suo stesso sarcofago. Dietro di lui fa capolino un manipolo di zombie vestiti con i colori svedesi.

No, non è una nuova trovata dei social media managers dell’Ikea.

Si, ci siam cascati di nuovo.

Avete già capito.

La nazionale italiana di calcio si gioca il viaggio in Qatar tramite i play-off.

La strana mutazione genetica in atto negli Azzurri sarà stata scaturita da un virus, probabilmente una variante neanche poi tanto rara, quella dell’appagamento e della svogliatezza. Mancini & Co. si saranno probabilmente contagiati sulla strada del ritorno da Londra. Mai si era vista la squadra campione d’Europa in carica perdere la bussola del gioco in questo modo. Jorginho manda all’aria una qualificazione data per certa, il rigore calciato non preoccupa minimamente lo svizzero Sommer. Il disgraziato muro di Belfast ha fatto il resto.

Verdetto? Una squadra che in estate mostrava tenacia e numeri strabilianti non fa più gioco, manovra sterilmente, quanto peggio…non segna. Ce lo aspettavamo? Personalmente un po’ sì. Le grandi vittorie della nazionale sono sempre state storicamente seguite da clamorosi scivoloni, così come storiche brutte figure sono stati il prologo di trionfi impensabili alla vigilia.

L’urna dei play off sembra aver completato il prologo di quello che si preannuncia essere un dramma sportivo in piena regola: l’abbordabile Macedonia in casa, per poi eventualmente sfidare Portogallo ( a Lisbona) o Turchia (a Istanbul) in una gara singola da dentro o fuori da fare paura a chiunque.

Joao Pedro, il ritorno di Balotelli, addirittura la naturalizzazione di Ibanez…la stampa è nel panico, serve disperatamente il solito attaccante che manca dai tempi di Bobo Vieri, cercasi soluzioni accattivanti in pieno stato parossistico, proposte a tratti surreali che la dicono lunga sullo stato mentale di un Paese sull’orlo di una crisi di nervi.

Eppure…basterebbe riacquisire un attimo di lucidità e capire che basterebbe ritrovare lo spirito dei tempi migliori, attendere Immobile e Spinazzola, ricompattare la difesa e…. attendere. Lisbona o Istanbul, che sia, saranno gli avversari a premere sin dall’inizio in un ambiente a dir poco infuocato. Il meglio del nostro gruppo è venuto fuori proprio in queste situazioni qui, sarà necessario fare una partita “italiana”:

Vigile attesa, copertura degli spazi, contropiede, nervosismo avversario, un po’ di bastone, classico gol da palla inattiva. Siamo maestri nello sgonfiare le tronfie ambizioni altrui. Cristiano Ronaldo o Çalhanoğlu contro, poco importa. Basta chiedere ai sudditi di Sua Maestà.

Manteniamo la calma. Se tutto va bene…ci sorbiremmo l’ennesimo scempio di questo mondo nuovo: le sfilate mondiali, quelle con le trombette, i fumogeni e i tricolori, con il cappotto, tra un aperitivo natalizio ed un altro, magari sotto una bella nevicata. Non so voi…ma non ne avrei proprio voglia…

Il calcio italiano è una noia mortale

Il calcio italiano è una noia mortale

 

Si, il titolo è provocatorio. Ma ormai qui è questione di culto. Sarrismo, cortomusismo, guardiolismo…gli ultimi campionati (noiosissimi in quanto a suspance e competizione) hanno quantomeno contribuito ad aprire un vero e proprio dibattito nell’ambiente.

Meglio il gioco o il risultato? La concretezza arida o l’appassionata poesia del rischio di veder dominata una partita, seppur uscendo sconfitti? È meglio arrivare secondi dando spettacolo con la bellezza di 91 punti totalizzati, oppure arrivare con metodica tristezza a 92 per prendere tutta la posta in palio?

La conferenza stampa di Allegri, ormai divenuta riferimento di culto, ha fatto scuola ed ha tracciato, col pragmatismo toscano che contraddistingue il tecnico, una strada ed un estemporaneo manifesto: corto muso vince, secondo perde. Facile. Come nelle corse dei cavalli. Una visione tanto piatta della realtà del calcio quanto funzionale alla nostra mentalità.

Proprio questa, infatti, è la chiave risolutiva: la filosofia calcistica del nostro Paese è stata sempre fortemente inclinata verso una interpretazione pragmatica del gioco, il rischio è sempre stato visto con un certo carico di paura, in un ambiente pronto a processare chiunque osi fallire. Allegri lo sa, lo ha sempre saputo. Sembra quasi che la serie A odierna sia il suo habitat naturale, capace di esaltare le sue qualità e la sua visione: il bel gioco non serve a nulla se non è accompagnato dal risultato finale (che per la verità ultimamente…latita!).

È uno slogan funzionale, che parla alla pancia, capace di convincere i più scettici proponendo all’orizzonte la gioia più ambita: la vittoria. Eppure da un punto di vista più ampio (che non sia solo quello del fruitore finale dello show o del tifoso sfegatato), i dati dimostrano chiaramente che il calcio italiano, nonostante la piacevolissima notte di Wembley, sta perdendo pericolosamente appeal.

I risultati europei purtroppo lo dimostrano e le parole pronunciate da Adani pochi giorni fa ci rispediscono dritti dritti a contatto con la realtà dei fatti: guardare Inter-Juve per chi è abituato ai ritmi e all’attitudine di una Man United-Liverpool risulta un’impresa per cuori forti. I ritmi compassati, l’esasperazione tattica, la paura di perdere, il difensivismo ad oltranza… ciò che venti anni fa sembrava essere una sfida allettante oggi si è trasformato in un grande disincentivo capace, molto probabilmente, di allontanare spettatori, quindi soldi, quindi nuovi campioni.

Lo “scenario” non aiuta: gli impianti sono fatiscenti e desueti, le misure anti-Covid hanno minato fortemente la fruizione dal vivo. Diciamo che il “corto muso” di Allegri fa vincere gli scudetti ed ottenere risultati, ma sul lungo periodo l’applicazione pedissequa di un pragmatismo poco coraggioso porta inevitabilmente a ingessare l’ambiente, rendendolo brutto, tignoso, poco spettacolare.

Si, ma…”i campioni d’Europa siamo noi” direte voi. Guai però a confondere l’estemporanea vittoria di un collettivo affiatato e compatto con lo stato di salute generale del nostro movimento calcistico e della nostra massima serie, peraltro sempre più infarcita di stranieri dalla dubbia qualità.

Personalmente credo che la vittoria sia sempre piacevole, ma il perseguimento della stessa non può intaccare ed ingessare l’ambiente dietro una coltre di difensivismo ad oltranza. Del resto, la notte di Wembley non può cancellare un dato: l’ultima Champions italiana è targata 2010, l’Europa League non è stata mai vinta. Provate voi a resistere all’appeal di un Udinese-Torino giocata di lunedì sera!

Abbecedario di provincia: lettera Z

Abbecedario di provincia: lettera Z

Ho il raffreddore forte e non mi sento granché. Quindi, anche se nessuno me l’ha chiesto, andrò dritto al punto: secondo me sul Ddl Zan siamo stati tutti (o quasi) idioti. E non perché non è stato approvato.

Spiego. Nell’ultimo anno, le due fazioni in campo hanno preferito portare avanti una battaglia esclusivamente ideologica, senza spiegare nel concreto cosa sarebbe cambiato con l’introduzione o meno del Ddl Zan.

Esempio: Ho tanti amici gay e per me ognuno è libero di fare ciò che vuole, tuttavia non bisogna toccare i bambini, che poi ad una certa attraverso il Ddl Zan potrebbero trasformarsi persino in un Power Rangers (che poi non ho mai capito che superpoteri avessero); sei un fascista di merda! Il Ddl Zan va approvato perché siamo tutti uguali come affermato da Fedez e Ferragni – anche se forse sarebbe meglio citare compagno Moretti – e poi i leghisti, mi chiamo Giorgia, lo schwa perché la grammatica italiana è medievale.

Abbiamo contribuito a preparare un minestrone che, sempre secondo me, ha gettato tutti nella confusione, inclusi quelli che quotidianamente già praticano la libertà di pensiero e di azione. Un errore questo che ha avvantaggiato soprattutto quei quattro cialtroni senatori che hanno applaudito alla bocciatura del disegno di legge promosso dal deputato Alessandro Zan (che scena pietosa). Loro, infatti, nella confusione e nell’ignoranza si muovono a proprio agio.

Il minestrone, poi, è stato favorito anche dall’urgenza che avvertiamo di esprimere la nostra opinione sui social: un virus che ormai ha contagiato tutti noi, altro che il Covid. Infatti, per arrivare primi, abbiamo evitato di leggere la proposta di legge, di informarci, di documentarci: molto più facile fare il tifoso di uno o dell’altro schieramento. Ps: in tutti noi sono inclusi, purtroppo, anche i giornalisti ritenuti degni dalla sinistra.

Infine, ma questa è soltanto la riflessione di uno che non capisce un cazzo di politica, sono stati idioti i partiti, che si sono intestarditi a livelli disumani nel portare avanti la propria battaglia evitando di avviare un dialogo costruttivo (inclusi i favorevoli alla proposta di legge che ad una certa sembrava non volessero condividere con nessuno il carro dei vincitori).

Ed è stato un peccato visto che la posta in palio era altissima: si trattava, infatti, della libertà di esprimere noi stessi senza rotture di coglioni.

 

La calma, contro l’ennesimo dramma

Cosa ci rimane? Bilancio di una folle estate calcistica

Settembre incalza, la sbornia dell’Europeo è un lontano ricordo, la nuova normalità calcistica ci ripropone pensieri rituali che ormai fanno parte della consuetudine di ogni appassionato.

Le ultime amichevoli pre-campionato ci hanno già fatto assaporare qualcosa, la Serie A è già iniziata, la Nazionale è tornata con i piedi per terra dopo una fantastica sbornia di emozioni sbattendo contro la cortina di ferro bulgara sapientemente srotolata in quel di Firenze.

Il valzer degli allenatori si è reso protagonista in un campionato italiano alle prese con tempi di ristrettezze economiche, l’Inter si ridimensiona, il Milan perde – a zero- dei pezzi pregiati, la Juve, attendista, preferisce non strafare puntando sull’usato garantito di Max Allegri, Roma e Lazio sull’estro e la verve di due guru come Mourinho e Sarri.

La sessione di mercato è fortunatamente finita. La premiata ditta Cash&Goals rappresentata dal marchio #CR7 sbaracca dall’Italia delocalizzando in porti già noti e più graditi. Ho la sensazione che un “Grazzie” finale non basterà a spazzare via quella che per me è, ormai, una certezza: la Juventus ha perso parecchio sia in termini economici che d’immagine, come del resto tutta la nostra Serie A, azzoppata dalle partenze di Donnarumma, Lukaku, De Paul, Hakimi e, molto probabilmente…Frank Kessie, pronto a cedere alle soavi sirene provenienti da Liverpool, sponda Reds.

Assistiamo al ritorno dell’eterna promessa Pellegri, al nobile e poetico calcio di provincia dell’Empoli, all’avventura romantica di un Franck Ribery prossimo sposo di una Salernitana che non vuole arrendersi alla prospettiva di retrocedere senza aver lasciato il segno. E poi il Psg degli emiri, una squadra ad uso e consumo dei ragazzini che giocano ad Ultimate Team. Donnarumma, Messi, Ramos…per fortuna il calcio è uno sport che va sempre giocato sul campo. Per la serie…ci vediamo a maggio.

Bandiere non ne esistono più, così come è sparita la riconoscenza e la professionalità. I prezzi delle curve rasentano ormai il vertiginoso, allo stadio si accede solo grazie ad una tessera verde, risibile almeno quanto la vecchia “tessera del tifoso” (a proposito…ve la ricordate?). Cosa ci rimane? Un’asta fantacalcistica da svolgere tra mille incognite, sono già due settimane che non trovo pace non sapendo chi sia il secondo portiere del Bologna, né se Agudelo esploderà come merita (giudizio strettamente personale). Ibrahimovic lo prendo o non lo prendo? Fatemi sapere…

Poi, le nuove bellissime maglie dell’Avellino, che ricalcano il modello Ajax degli anni 70, rimasti nella storia della provincia per l’approdo in Serie A, speriamo portino fortuna in una città sempre più irriconoscibile e disamorata da ogni punto di vista. E poi…la storia fantasmagorica di Messias Junior, dai campionati dilettantistici alla ribalta di San Siro in pochi anni. Un barlume di normalità in un mondo sempre più tristemente patinato e scontato nei suoi contenuti.

Ci rimane poco. I tempi sono quelli che sono. Ma ho come la sensazione che, come ogni anno sempre più ciecamente innamorati, questo poco ce lo faremo bastare. Bentornato campionato.