Il falso mito della speranza

Il falso mito della speranza

Speranza. Questo è il tuo mese prediletto, quello in cui accendi i cuori di grandi e bambini, quello in cui ti accompagni sotto braccio ai buoni propositi affinché metri e metri di desideri non restino solo parole su un foglio bianco.

Pochi sanno che non esisti, che sei una finzione. Sei solo un’invenzione tirata su dalla religione per sollevare gli animi dai tormenti della vita e poi acquistata a prezzo scontato anche dai laici.

Sei conveniente perché a nascondersi sotto il tuo vestito si fanno grandi giochi di magia. Il grande sembra più grande, il bello più bello e pure il brutto puoi fare andare a genio.

E in questo modo ti prendi i meriti che non hai. La gente ti ringrazia perché avendo fede in te i suoi desideri si sono avverati. E anche quando non le dai niente, continua a venerarti, a credere in te fino alla morte.

Hai la fama dell’ultima nel vaso di Pandora, di quella che a morire non ci pensa proprio. Forse esiste pure gente che una volta nella tomba spera di resuscitare. Gente che crede tu possa fare miracoli.

E tu non esisti. E nella tua inesistenza ti beffi di tutti. E provochi dolore perché prometti ciò che non puoi mantenere.

Quest’anno ho raggiunto grandi obiettivi non per merito tuo, ma per i miei sacrifici, le mie scelte. Poi, in un attimo, questi traguardi mi sono apparsi nulla rispetto a ciò che è stato tolto a una persona a me molto cara.

Dove sei speranza quando si tratta di demeriti? A lei ne avevi fatte e come di promesse. Ora neanche più lei crede in te.

Speranza. Sei proprio come quella fiammella sulla candela con cui di tanto in tanto cercano di darti concretezza. Troppo piccola per riscaldare, sufficiente per far divampare un incendio.

Non chiedetemi cosa spero per il nuovo anno. La mia candela è spenta.