Storia degli europei: l’Italia risorge, cresce la Germania

Storia degli europei: l’Italia risorge, cresce la Germania

Il palchetto del teatrino calcistico ha cominciato seriamente a scricchiolare sotto il peso della Super League, qualche settimana fa. La proposta dei dieci club più ricchi e, probabilmente, più indebitati del mondo ha fatto tremare i polsi ai tanti appassionati. Un super 10, una NBA All Star che travalica meriti sportivi e confini nazionali, ultimi baluardo dello sport “vecchia maniera”.

Più rimango attonito, più mi chiedo cosa ne avrebbero pensato tanti anni fa. Magari nel 1968: le fasi finali dell’Europeo, quell’anno, si tennero proprio a Roma. Tanto vale disconnettersi per un po’ e rammentare l’unica edizione che ci ha visti vincitori. La formula delle due edizioni precedenti venne confermata, Napoli, Firenze e Roma ospitarono le quattro partite previste. La partecipazione al torneo si estese, per decretare la quattro semifinaliste si dovettero scontrare le migliori di otto gironi da quattro o tre squadre: l’Italia superò agilmente Svizzera, Romania e Cipro.

 

Dalla strage di Superga, dove il grande Torino perì insieme alla migliore generazione calcistica del nostro Paese, fino alla disfatta della Corea del mondiale inglese del 1966, passando per le botte di Santiago nel ’62 (altra rassegna iridata maledetta e dimenticata dai più), nonché per la mancata qualificazione nel 1958 per via della clamorosa sconfitta di Belfast contro l’Irlanda del Nord: la nazionale italiana sembrava finalmente raccogliere i cocci di due decenni disgraziati. Una nuova generazione avrebbe fatto di nuovo grande il nostro calcio : l’Inter di Mazzola ed il Milan di Rivera dettavano legge in patria e all’estero. Il Paese era in rampa di lancio per il boom economico, una nuova generazione era pronta a stravolgere i paradigmi sociali.

Eppure nulla si fa senza un po’ di buona sorte: dopo aver rimontato contro la sempre ostica Bulgaria (3-2 per i locali a Sofia, 2-0 per noi a Napoli, con reti di Domenghini e Pierino Prati), la semifinale giocata sempre al San Paolo ci vide contro la tenuta Unione Sovietica, che venne superata grazie alla monetina. Non esistevano ancora i calci di rigore, il granitico 0-0 venne rotto solo negli spogliatoi, con la squadra italiana baciata dalla fortuna. Nell’altra semifinale, giocata a Firenze, la sorprendente e forte Jugoslavia batteva l’Inghilterra campione del mondo in carica per 1-0 grazie ad una rete del grande Dragan Džajić, mitico centravanti della Stella Rossa, si dice tanto desiderato dal Real Madrid per le sue qualità.

La finale di Roma non decretò un vincitore: al gol del solito Džajić rispose Domenghini all’80esimo minuto, dandoci la possibilità di rigiocare la partita (non esistevano neanche i tempi supplementari). La ripetizione venne giocata pochi giorni dopo: un’Italia rimaneggiata ebbe facilmente la meglio su una Jugoslavia stanca: dopo appena 31 minuti, Gigi Riva ed Anastasi chiusero la pratica, sollevando al cielo di Roma la coppa argentata. Una squadra piena di qualità, tutta a disposizione del ct Valcareggi: Albertosi in porta, un giovane Zoff come rincalzo…e poi Burgnich, Facchetti, Rivera e Lodetti, Juliano e Bulgarelli, Sandro Mazzola e Pierino Prati. Gli unici azzurri, almeno per ora, ad essere stati campioni d’Europa e che ci avrebbero regalato tante emozioni nel mondiale messicano di due anni dopo.

L’edizione successiva del 1972 venne giocata in Belgio con la stessa classica formula: una fase finali in quattro sedi, Bruxelles, Anderlecht, Anversa e Liegi. Gli azzurri campioni in carica, purtroppo, dopo aver primeggiato nel girone con Austria, Svezia ed Irlanda, si arresero nei quarti ai padroni di casa: la sconfitta di Bruxelles per 2-1 ci condannò all’eliminazione.

La Germania Ovest vantava un poderoso cannoniere: Gerd Müller, che dopo aver eliminato i Leoni inglesi, fece fuori con una doppietta proprio il Belgio nella semifinale di Anversa. Nell’altro incontro la solita Unione Sovietica si sbarazzò della satellite Ungheria. La finale dell’Heysel mise contro le due giganti del calcio europeo in uno scontro che ricordava vecchi venti di guerra. I sovietici, seppur solidi ed organizzati, non poterono nulla contro la forza dirompente dei tedeschi: due gol di Müller ed uno di Wimmer condannarono Churcilava e compagni. La Germania che avrebbe trionfato nel mondiale del ’74 stava prendendo forma: Maier, Beckenbauer, Netzer, Hoeneß, Breitner… gli anni ’70, i suoi costumi, la sua bellissima musica e le sue complessità si affacciavano su un’Europa in trasformazione.