Restare fermi

Restare fermi

“I’d rather be a rising ape than a falling angel.”

 Terry Pratchett

In una società dove bisogna sempre essere in movimento, fermarsi diventa un atto di ribellione. Qualcuno potrà dire che negli ultimi due anni ci siamo fermati anche troppo, che ora bisogna muoversi per tornare alla normalità. Ma esattamente cos’è la normalità? A quanto pare la normalità è quel fattore che varia a seconda del genere, della professione, dell’età e addirittura dal colore della pelle.
Ma spesso la normalità non è altro un aspetto negativo per fermare la mente. E accettare determinati pensieri che vanno a ledere il prossimo

Indomite

Se fuori non piove e sono libero da impegni, mi piace passare il mio tempo libero tra librerie e fumetterie. E ogni volta che vado qualcosa riesce ad attirare la mia curiosità, che sia una copertina o i consigli lasciati da sconosciuti lettori e così finisco sempre per uscire dal negozio di turno per ritrovarmi uno o più volumi nel mio zaino; tra gli ultimi volumi acquistati e che ho trovato davvero interessanti ci sta Indomite di Pénélope Bagieu, una graphic novel dove si racconta di donne che con il loro impegno e sacrifici hanno lasciato un segno nella storia costellata da uomini. Indomite non è solo una graphic novel ma è un messaggio, che spesso dimentichiamo in una società dove essere diverso spesso è un problema. Non parla solo di scoperte ma anche di drammi, vite difficili che hanno formato il carattere e la persona di tantissime donne ed è un romanzo che va dedicato a tutte quelle persone che ogni giorno affrontano delle sfide avverse; indomite sono quelle donne che non si arrendono, che hanno obiettivi ben prefissati nella loro mente e non si fanno scoraggiare da una società che cerca di relegare al solo ruolo di anima del focolare. Un esempio? L’astronauta Samantha Cristoforetti di recente è partita per una missione nello spazio e ad alcune figure politiche non interessava molto del ruolo e dell’importanza dato da questo evento internazionale ma tenevano a cuore come una donna decidesse di abbandonare la famiglia; indimenticabili le parole del senatore Simone Pillon pronunciate l’anno scorso, quando Cristoforetti è stata nominata per ricoprire il ruolo di comandante della ISS:

 

“naturale che i maschi siano più appassionati a discipline tecniche, tipo ingegneria mineraria per esempio, mentre le femmine abbiano una maggiore propensione per materie legate all’accudimento”

Nonostante passino gli anni, commenti del genere non tendono a sparire. Il lato tossico di una società dove essere donna significa quasi sempre ricoprire un ruolo marginale e mettere in secondo piano tutto il resto. Da una parte abbiamo assistito come il genere vada ad influenzare così tanto il ruolo da negare l’importanza che ha la persona, dall’altra ci sono episodi che non fanno altro che sottolineare come il genere sessuale e l’occupazione vadano a braccetto a tal punto da dissacrare ciò che è una persona; se con la Cristoforetti siamo arrivati a toccare le stelle, con il caso di cronaca nera di Carol Maltesi abbiamo toccato le più profonde nefandezze. In questo triste evento la vittima sembra che sia morta due volte: la prima per mano di un uomo e la seconda attraverso i social, dove i commenti non si sono risparmiati per la professione della donna. Perché si sa, parlare di sesso o lavorare come sex worker in automatico ti declassa in una società ancora troppo puritana dove chi giudica sembra non praticare certi rapporti e che quindi si scandalizza a leggere o vedere certe cose.
E per queste situazioni mi dispiaccio, sperando sempre che certe dinamiche smettano di esistere, poiché l’Italia è un paese che riesce a restare fermo mentre tutto il mondo va avanti.
E’ quel paese dove le differenze le senti, quelle differenze che ti portano a stare fermo ma che alla fine uno non riesce e ha bisogno di cambiare. Differenze tra Nord e Sud, tra uomini e donne, tra religioni. Ma anche culturalmente, per non farci mancare nulla. Sembra proprio che l’Italia, o meglio gli italiani, siano propensi a stare fermi e che a volte sembra di tornare indietro, fino al Medioevo.
Se restare fermi a volte serve per ricaricarsi, in altri momenti dovremmo essere i primi a mobilitarci per poter costruire una società migliore. Onore a quelle persone che ogni giorno sono pronte a lottare per il prossimo, rispetto per tutti a prescindere dal genere o dalla provenienza culturale.

Quello che non manca è il coraggio

Quello che non manca è il coraggio

«[Le dimissioni] mettono momentaneamente fine al sogno di un gruppo di aitanti giovani atripaldesi: entrare nelle stanze dei bottoni, capirne il meccanismo, fare “qualcosa” per il Paese, costruire l’alternativa ai pomeriggi a cui siamo tristemente abituati, svegliarlo da un torpore patologico, superare divergenze e colori politici per entrare nel vivo dell’azione, sognare per Atripalda una dimensione locale e, al tempo stesso, globale, dimostrare che qualcosa può ancora partire dal basso nel tentativo di coinvolgere diverse generazioni nel restituire orgoglio alla nostra cittadina martoriata da una crisi decennale che sta straziando portafogli, cuori e cervelli, LAVORARE GRATIS per un progetto dalle sfaccettature complesse, specialmente “in direzione ostinata e contraria”, proprio nell’epoca dove TUTTO HA UN PREZZO. […] Ma del resto, consentitemi, la mia generazione è stata sempre accusata per quell’apatia congenita da “tablet” che la caratterizza da qualche anno a questa parte. Entrando nel Forum dei giovani Atripalda speravo di dare una svolta, posso confermare di aver condiviso questa speranza con molti degli amici che mi hanno accompagnato in questo percorso».
(Giannicola Saldutti, Vice Coordinatore Forum dei Giovani, febbraio 2017)

Uno dei metodi più efficaci per affrontare un argomento è quello di partire da una dimensione personale, autobiografica. Non credo che in questo senso la tematica attuale ci permetta un’eccezione.

La narrativa e la cinematografia sono piene di storie e protagonisti in costante equilibrio tra una o più situazioni di difficoltà a cui è richiesta una prova di coraggio per poter superare gli ostacoli. Un copione che per questioni di tempo e fruizione risulta essere breve ed intenso.

Così ci convinciamo, a tratti ci illudiamo anche, che le situazioni che richiedono il nostro coraggio altro non sono che momenti, attimi in cui è richiesto il massimo sforzo per poi ritornare ad una condizione di normalità. Il protagonista che con una incredibile prova, di coraggio per l’appunto, mette da parte le sue paure e le sue preoccupazioni e tenta un disperato salvataggio. L’eroina che uccide il re della notte con una frase ad effetto.

Ma nella realtà le cose vanno un po’ diversamente. La storia non è veloce, il nemico non è un essere sovrannaturale o un terribile narcotrafficante, il nemico è il tempo che produce ammansisce tutto e tutti.

Chi scrive conosce bene questa sensazione, che rappresenta solo una parte complementare di un quadro estremamente più complesso fatto di moltissime sfumature.

Le realtà di provincia di cui molto spesso abbiamo parlato risultano spesso essere terre di mezzo, dove i valori di media, moda e mediana riescono ad oltrepassare la semplice statistica e diventano espressione stessa di quello che si vive.

Sono i piccoli centri delle grandi classi medie, in cui tutti stanno “non c’è male” e dove le condizioni di disagio estremo sono nascoste, così come quelle di estremo benessere. Le nostre esistenze seguono quasi sempre lo stesso copione, in cui il tempo, che da queste parti si dice “essere galantuomo”, lo si passa sperando che il peggio passi sempre e che il bene arrivi presto. Così nelle nostre vite provinciali le ingiustizie e le disuguaglianze si strutturano lentamente, con la speranza che ogni effetto venga mitigato dal tempo.

Ma più spesso di quanto si possa immaginare ci sono gruppi di persone decise a non accettare passivamente tutto ciò e così capita di trovare giovani impegnati a far rivivere il proprio paese, gruppi di quartiere che riqualificano uno spazio in disuso, famiglie attente a costruire una città su misura dei propri figli, comitati di cittadini e associazioni. Ognuno di questi attori sceglie, decide, sbaglia, gioisce e fallisce, ma soprattutto prova in qualche modo a costruire un’alternativa che ritiene giusta e necessaria.

Le nostre terre sono piene di storie coraggiose e ho avuto modo di vederle in varie forme che vanno dal Forum dei Giovani cittadino e arrivano all’Associazioni delle tante amiche e dei tanti amici che lottano per i propri diritti, passando per le numerose forme di impegno individuale.

Ma come sempre il coraggio non basta, o meglio, contro tutti i problemi e gli ostacoli che ci troviamo ad affrontare la vera necessità per sconfiggere quella terribile tendenza alla mitigazione e di conseguenza all’accettazione passiva di ogni condizione, è quella di creare delle reti con cui scambiare opinioni ed esperienze, creare un progetto duraturo e capace di far mettere da parte i molti narcisismi ed egocentrismi che alcuni protagonisti del sociale tendono ad avere.

Le città, i quartieri e le persone non hanno bisogno di coraggio, non solo di questo, hanno bisogno di unione.