L’abisso è in noi e fuori di noi, è il presentimento di ieri, l’interrogativo di oggi, la certezza di domani.
Emil Cioran
L’estate volge al termine e, per alcuni di voi, si avvicina la sventura dello sprofondare nell’abisso freddo e profondo dell’inverno. Ai più inquieti e freddolosi consiglio la visione dell’esordio su grande schermo – datato 1959 – di Silvio Amadio (L’isola delle svedesi, La minorenne), già aiuto di Blassetti, Germi e Matarazzo: I lupi nell’abisso, presentato alla Berlinale del ’59, narra le sventure di un sottomarino italiano colpito e danneggiato dagli ordigni di profondità sganciati dei nemici. Dei dieci superstiti se ne potrà salvare soltanto uno perché il nostromo si accorge che lo scafandro di salvataggio non potrà portare in salvo tutti e, forse, non salverà neanche l’unico… fortunato.
Opera un po’ teatrale (ma con un’ambientazione all’interno di un sommergibile come poteva essere altrimenti?), ma decisamente stimolante che vede nel cast la coppia Massimo Girotti (il comandante) e Folco Lulli (il nostromo) in splendida forma. Tra gli altri attori anche un giovane e teutonico Horst Frank, volto successivamente abbastanza noto in Italia per aver lavorato tra gli altri con Umberto Lenzi, Enzo G. Castellari e Dario Argento.
Come potrete immaginare dalla breve sinossi, il tema della salvezza di un unico individuo tra molti dirigerà la storia verso una serie di diramazioni, tensioni e riflessioni profonde come il mare e interessanti ancora oggi.
E c’era l’asfalto laddove prima vivevano miliardi di granelli di sabbia. A me comunque non dispiace. Non mi inzozzo i piedi e per di più non devo più temere la comparsa di animali mitologici. Insomma, non mi lamento. Certo, la scomparsa del mare non è un dettaglio da trascurare, ma del resto ci siamo abituati già. In fondo, uno dei pochi pregi dell’essere umano è l’adattamento alle cose che roviniamo a causa dell’ossessiva ricerca del business. Basti pensare alla musica che ascoltiamo oppure alle retribuzioni dei lavori moderni: ci adattiamo, ci abituiamo. Io comunque non sapevo nuotare, però non era malaccio vedere i bambini allegri giocare a palla mentre gli adulti si facevano i fatti loro. Almeno, però, ora ci sono cellulari giganti che rendono superflui gli ombrelloni e comunque distraggono i ragazzini.
Se devo essere onesto, di queste nuove stagioni non riesco a sopportare soltanto il Natale con 40 gradi. Cioè più di vent’anni fa ricordo che indossavo maglioncini con le renne disegnate ed era bello assai mangiare tanto senza sudare e stare a casa sorseggiando una cioccolata calda. Ed invece ora con questo caldo assurdo abbiamo dovuto prima di tutto rivoluzionare il menù del cenone (nonna, per fortuna ora non sei più qui). I maglioncini sono stati bruciati e hanno lasciato il posto a magliettine sottilissime. E non si festeggia più a casa bensì in una specie di locali superclimatizzati che prima erano bunker antiatomico inutilizzati perché le guerre sono passate di moda visto che le mezze stagioni non esistono più.
Ora che ci penso bene, mi rattrista non vedere più tanti animali che prima mi facevano sorridere. E mi immalinconisce anche aver dovuto rinunciare a scrivere una poesia nei Paesi nordici come i Kings of Convenience. Ma va bene così: alla fine piove soltanto due o tre volte l’anno e se sopravvivi è sempre estate.
L’estate per me è l’insalata di pomodori. Ma non quella asettica propinata dai ristoranti, bensì quella dipinta da mia nonna. Dentro ci conviveva di tutto, altro che le politiche d’integrazione del Pd: patate scaldate, olive, sedano, lattuga, tonno ed in fondo, ma molto in fondo, due o tre pomodori tagliuzzati con maestria. Perché parliamoci chiaramente, questa è l’estate: un pentolone con all’interno l’amore dell’umanità verso una stagione che possiede la magia di farti credere che tutto sia possibile, persino che tu digerisca quell’insalata di pomodori.
Un filo di emozioni, anche abbondante. In particolare modo da versare quando si è in riva al mare e presti l’orecchio alle onde, che secondo me nel corso dei secoli hanno ascoltato talmente tante storie che potrebbero narrarle da qui fino all’albo del nuovo mondo governato ovviamente da Gates e Rockefeller. È uno dei momenti che attendo di più della “stagione”: lì, quando i bambini sudati sono lontani da me, chiudo quel poco di cervello che ho e lascio spazio al cuore. Si narra di sirene ammaglianti rimaste incinte di Capitan Findus, di uomini e donne coraggiose che hanno difeso la propria terra dai conquistatori e di una coppia, forse adolescenziale, che si promise amore eterno prima di fare i conti con i treni che spesso sanno di malinconia e tristezza.
Intanto mettete a scaldare i film già visti. Tra questi “Ovosodo” di Paolo Virzì. Non so perché ma lo guardo ogni estate. Credo perché parli della scuola (da cui l’estate ci salvava ogni anno) e della caparbietà che bisogna avere per vivere all’estremo ogni emozione ed è quello che vorrei fare quando la notte tarda ad arrivare e ci fumiamo le sigarette e le parole si intrecciano ai miei e ai suoi pensieri e fa troppo caldo per mangiare. Verso le 20:00, quando il sole splende ancora e tutti sono felici di poter sorseggiare lo spritz. Io lì vorrei abbracciarla e dirle che purtroppo non si può vivere sempre di estate e che arriveranno giorni freddi micidiali, settimane in cui il mare non è una foto da instagram ma un mostro che abbatte i palazzi. Ed è proprio lì che dovremmo lavorare e pazientare in attesa dell’unica stagione che si fa invidiare dalle altre (semicit. Flaiano).
Infine, l’estate ci infonde il coraggio di mostrare la nostra pelle. Anche la mia, che troppo spesso ha cambiato forma e lei mi ha insegnato a rivelarla a tutti anche quando avevo paura di ordinare la coca cola al lido con il tizio accanto che aveva la palestra in sé.
Ne abbiamo sempre pronta testimonianza: i giorni sul calendario ne sono un chiaro segnale, ma lo è anche l’aria calda e umida che durante gran parte del giorno non incontra molte resistenze davanti a sé. Ecco, sono solo alcune delle costanti che ogni anno ci ricordano l’arrivo dell’estate.
Altre tendiamo a darle per scontate e a considerarle come parte di una cornice più ampia. Ci accorgiamo della loro presenza solo quando cominciano a mancare. Proprio da una in particolare possiamo partire. Ha fatto sì che nelle nostre piccole piazze cittadine si lasciasse spazio al silenzio. Un silenzio che ha sostituito quel chiassoso modo di festeggiare degli alunni delle scuole medie, che dopo gli esami festeggiavano la fine della scuola. Festeggiamenti che erano vissuti come una liberazione frutto dei tre anni intensi, senza attimi di pausa e tregua.
Ne abbiamo sentito la mancanza e ci siamo ricordati che anche questo è stato un anno particolare e lo è stato per tutti. Lo è stato per chi come noi lotta per costruirsi ancora un futuro, lo è stato per chi appartiene alle generazioni precedenti e lotta per mantenere il proprio presente, ma lo è stato anche per i tanti più giovani che hanno un futuro immenso davanti e che però hanno dovuto fare i conti sin da subito con un presente fatto di privazioni e sacrifici.
Malgrado ciò vogliamo pensare a questa estate come un nuovo anno zero da cui ripartire. Una necessità di cui si ha un forte bisogno, sia a livello individuale che a livello collettivo.
Per questo in queste due settimane abbiamo deciso di parlare dell’estate che ci aspetta e di quello che potremmo fare noi durante questa estate.
È arrivata l’estate e anche Punksophia va in vacanza. Per non lasciarvi soli abbiamo pensato a una serie di libri da portare sotto l’ombrellone per continuare a viaggiate attraverso la storia della filosofia con spensieratezza e leggerezza. Buona lettura!
Giancristiano Desiderio, Essere e gioco. Da Platone a Pelé. Il senso del calcio e della condizione umana, Ultra 2018.
Il calcio è stato uno degli argomenti più trattati in Punksophia. Il calcio è lo sport più popolare di tutti e più di ogni altro riesce a spiegare la vita in ogni suo particolare. Più di ogni altra cosa, il calcio si basa su due principi fondamentali: controllo della palla e metterla in gioco. Per la vita vale lo stesso: piena consapevolezza di sé e abbandono, nel senso di “giocare la vita”. Il libro è un grandioso viaggio attraverso i più grandi interpreti della storia del calcio e della filosofia. L’autore spiega le idee di Platone attraverso Pelé, Maradona con la logica poetica di Vico, il cucchiaio di Totti con la Metafisica di Aristotele e tanto altro. Per gli amanti del calcio è una lettura da non perdere.
Tommaso Ariemma, La filosofia spiegata con le serie tv, Mondadori 2017
Tommaso Ariemma è uno degli esponenti di spicco della filosofia pop italiana. Attraverso il suo bellissimo libretto rosso riesce a collegare i grandi filosofi del passato alle più importanti serie tv del momento. È così che troviamo Kant sull’isola di Lost, Parmenide nelle indagini di TrueDetective, Platone attraverso lo specchio di BlackMirror. La filosofia spiegata con le serie tv è un ottimo modo per avvicinare i più giovani alla storia della filosofia e ai suoi più grandi temi.
Richard Osbourne, Storia della filosofia a fumetti (Illustrazioni di Ralph Edney), Editori Riuniti 2007
Scordatevi i noiosi manuali di scuola. Richard Osbourne abbandona il classico modo (e un po’ noioso) di esposizione tipico dei libri scolastici per affrontare in maniera semplice, ma non per questo banale, una materia che può essere difficile ma assolutamente fondamentale. Il libro, accompagnato dai fantastici disegni di Ralph Edney, ripercorre i 2.500 anni della storia della filosofia occidentale, dai greci fino agli sviluppi contemporanei. L’autore colloca questo sviluppo in contesto più ampio in cui vengono trattati anche temi di scienza, letteratura, economia. In questo quadro, tutte le discipline sono collegate tra loro all’interno della storia della cultura umana.
Jostein Gaarder, Il mondo di Sofia, TEA 2017
Terminiamo questa guida con un romanzo. Un giorno Sofia Amudsen trova nella sua cassetta della posta delle strane lettere attraverso le quali viene introdotta a uno speciale di corso di filosofia. Il suo professore è un filosofo eccentrico di nome Alberto Knox. Man mano sopraggiunge un mistero legato ad una ragazzina di nome Hilde, la quale sembra avere molto in comune con Sofia. Il romanzo di Gaarder non è solo un giallo avvincente ma è anche un appassionante viaggio da intraprendere con Platone, Cartesio, Kant e tutti gli altri grandi filosofi della storia.
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