
Play outnumbered
“Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza”.
Caro Diario, Nanni Moretti
“Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza”.
Caro Diario, Nanni Moretti
Oggi parliamo di coraggio: questo può assumere varie sfaccettature, a seconda del luogo in cui si vive ed a seconda della situazione familiare.
Il coraggio è un ritornello scanzonato, orecchiabile, anche fruibile a tutti e che inonda le nostre viscere, improvvisamente, senza una spiegazione razionale.
Il coraggio, molto spesso, è un prodotto della paura. Ci spinge a difenderci e a reagire contro le depressioni e altri mali che molto spesso sono tipici delle nostre realtà.
A tal proposito oggi analizziamo un brano di Fabrizio Moro, ovvero “Il peggio è passato”, tratto dall’album “Ancora Barabba” del 2010.
In questo brano si parla di coraggio a sfondo sociale e politico. Lo si fa raccontando a pieni polmoni la triste realtà che ci porta a considerare il nostro Belpaese una sorta di bancarella traballante, che si fonda su pilastri di omertà.
«Ma che rivoluzione che tutti qui vorrebbero, ma nessuno ha mai il coraggio di prendere il bastone e darlo in bocca a chi ci vende le illusioni»
il corpo è questo: Ti abbiamo tagliato,
albero!
Come sei spoglio e bizzarro.
Cento volte hai patito,
finché tutto in te fu solo tenacia
e volontà!
Io sono come te. Non ho
rotto con la vita
incisa, tormentata
e ogni giorno mi sollevo dalle
sofferenze e alzo la fronte alla luce.
Ciò che in me era tenero e delicato,
il mondo lo ha deriso a morte,
ma indistruttibile è il mio essere,
sono pago, conciliato.
Paziente genero nuove foglie
Da rami cento volte sfrondati
e a dispetto di ogni pena
rimango innamorato
del mondo folle.
H. Hesse
Oggi parliamo di emarginazione, una parola mai sola, al dispetto della condizione che interessa chi ne è colpito, ma che semanticamente può essere seguita da termini come allontanamento, alienazione. Sono questi i rimandi che la nostra immaginazione ci consegna ogni qual volta in cui ci troviamo a dover ragionare di marginalità.
Ma che cos’è l’emarginazione? Essere emarginati è molto più che una condizione sociale, spesso diventa una condanna esistenziale che ci accompagna in ogni sfera della vita, finanche a quella individuale.
Nella musica la possiamo immaginare come una nota; può essere studiata, ricercata e se collocata nel giusto contesto può assumere un valore ben preciso, ma al tempo stesso, rischia sempre di divenire prima di senso, addirittura stonata. Questa condizione è spesso frutto di una certa superficialità con cui si tende a definire, semplificare qualsiasi cosa che non ci torna a genio. L’emarginazione è spesso frutto di un giudizio, superficiale per l’appunto, che ha in esso la pretesa di sapere cosa è il giusto e cosa è sbagliato.
Non si può parlare di emarginati e di esclusi senza parlare di Fabrizio De André e a tal proposito prendiamo in esame un pezzo storico, “Via del campo”. Una canzone piena di vita. Una canzone, come molte del cantautore genovese, in cui gli ultimi, gli esclusi diventano i protagonisti. Con le sue canzoni De André, anche in quelle più drammatiche, riesce a darci sempre un punto di svolta, improvviso e inaspettato e così Via del Campo diviene, serbatoio di vita, di rinascita, addirittura di riscossa.
Dove l’emarginazione è grande, la voglia di rinascere sarà ancor più grande.
Dopotutto…
«Dai diamanti non nasce niente
Dal letame nascono i fior»
Manca poco alla ripartenza e son giorni cruciali per il sistema scolastico nazionale. La confusione organizzativa è direttamente proporzionale al desiderio di riprendere la socialità inclusiva e trasversale interrotta bruscamente nei mesi precedenti. Rispetto al passato abbondano maggiormente i punti critici quanto i bisogni per garantire uno stato di sicurezza per scongiurare il dramma attuale dell’inarrestabile diffusione del virus. Non bastava il trascinarsi anziano ed affannoso dei problemi della scuola italiana, no, oggi se ne aggiungono di nuovi, andando a formare così una miscela incendiaria di crescenti carenze per turbarle le menti, con meno cultura e più paura.
“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta”.
Per questi tempi interessanti vai di “play” sui miei ascolti disturbanti.
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