Ci risiamo, abbiamo impiegato questo primo mese del 2022 per comprendere punti di forza e punti di debolezza di questa nostra giovane esperienza. Il risultato ci ha portato ad operare alcune scelte: la più importante è, senza ombra di dubbio, quella di dosare la nostra presenza e i nostri interventi.
Questo cosa significa? Non più una tematica ogni due settimane, ma una al mese e quale mese migliore per dare un nuovo inizio se non febbraio?
In questo mese breve (ogni riferimento ad Eric Hobsbawm non è per niente casuale) affronteremo una sola tematica. Vi promettiamo di farvi fronte con il solito impegno e la solita buona volontà. Speriamo di avervi come sempre, al nostro fianco.
Febbraio abbiamo deciso di dedicarlo ad una parola che spesso ritorna e spesso ritorna in diverse forme: sicurezza.
Siamo ben consapevoli della difficoltà che si legano ad ogni possibile discussione riguardante la sicurezza, ma ci sembrava doveroso affrontarla. Sicurezza è una parola che non è mai scomparsa e in quello che può essere considerato un dizionario collettivo italiano rappresenta senz’altro uno dei termini più in uso.
Non vogliamo, però, limitare il significato di sicurezza ad una sola ed univoca dimensione. In difesa delle nostre ragioni ci sono gli eventi recenti che riguardano i fatti di Milano del 31 dicembre, la morte del giovane Lorenzo Parelli, le proteste studentesche ad essa connesse, il nuovo servizio che la Bocconi ha presentato nei giorni scorsi e mille altri accadimenti che ci dimostrano come non smettiamo mai di parlare di sicurezza.
«La condizione che rende e fa sentire di essere esente da pericoli, o che dà la possibilità di prevenire, eliminare o rendere meno gravi danni, rischi, difficoltà, evenienze spiacevoli, e simili»
Partiremo dalla definizione che la Treccani dà di sicurezza per poi posizionarla nelle differenti dimensioni che ci competono. Non ci resta che augurarvi buona lettura.
La domenica è un giorno strano, ci si alza tardi, più per non dover scendere a patti col tempo che nella mattinata ci consegna alla noia, e si cerca di arrivare quanto prima alle prime ore serali attraversando un intero pomeriggio fatto di digestioni impossibili e di zapping forsennato alla ricerca di qualcosa di interessante che possa colpire la nostra attenzione.
Ma anche se la domenica è un giorno strano è anche il giorno migliore, perché per un periodo, più o meno lungo dell’anno ci costringe ad essere attenti e presenti. La domenica la ricordiamo, così, per quei pranzi consumati di fretta con un piede sotto il tavolo e l’altro verso la porta.
La domenica la ricordiamo con una sciarpa al collo, con in tasca le semente (semi di zucca) ed in mano il Borghetti mentre in una solitudine collettiva ci avviciniamo all’ingresso del nostro settore.
In questi giorni abbiamo assistito alla ripresa di gran parte delle competizioni sportive, tra queste anche i campionati di calcio con tutte le problematiche scaturite da questa fase emergenziale.
Anche noi abbiamo deciso di vivere le domeniche con la giusta dose di borghetti e la stessa emozione di chi ogni domenica va allo stadio per vedere la sua squadra del cuore.
L’Autore misterioso all’uscita dallo stadio in una domenica di qualche anno fa.
Abbiamo deciso così di inaugurare una nuova rubrica sportiva che affronterà con il solito piglio le storie migliori di sempre. Con quale nome? Ma che domande: Distinti Est, il settore che più di tutti è da Scarpesciuote.
Perciò ogni domenica pomeriggio se non sai quale partita scegliere, se non sai per chi innamorarti se non sai che settore scegliere, scegli Distinti Est!
Nei prossimi giorni vi sveleremo il nuovo volto che vi accompagnerà in questa nuova avventura.
È stata una settimana complicata e ancora deve finire: non penso che ce la faremo (soprattutto dopo che Salvini si è autoproclamato erede politico di Berlinguer, ma questa è un’altra storia).
In ogni caso nel mezzo di questo casino sono stato rapito – ma nessuno ha pagato il riscatto – da queste parole: “La felicità è qui ed ora”. Lì per lì ho pensato che si trattasse dell’ennesima cazzata radical chic ed invece ho sussurrato (così da non farmi dare del pazzo, ci tengo al giudizio altrui): “Porco Giuda, mi sa che le volte in cui sono stato felice è perché non ho pensato né al passato né al futuro”. Di seguito tre episodi ispirati a fatti realmente accaduti in cui la felicità non è stata una truffa così come cantano quelli della “vecchia che balla”.
Episodio 1 (Stagione 1, solo una che poi è finito il budget): Quando ho visto per la prima volta un film di Massimo Troisi. Era una giornata infilata in mezzo all’estate e banalmente faceva tanto caldo. Io da solo, 15 anni, scelsi “Ricomincio da tre”: lì sono stato felice. Svanite le preoccupazioni per una scuola che non faceva per me e le ansie di un adolescente che non sapeva bene come poi in fondo si fa con questa vita. Tutto qua: un gran film, a dimostrazione che l’arte, ma l’arte non i Tiktoker (sì, mi dissocio, ognuno è felice a modo suo) è una delle poche “Maestre di felicità”.
Episodio 2: Quando mi sono innamorato della mia attuale compagna (romantico un cazzo, parecchie volte è preferibile la solitudine assoluta). Non importavano le ragazze vissute precedentemente e le incomprensioni che inevitabilmente sarebbero arrivate. La felicità è che in quel momento io c’ero, lei c’era ed in qualche modo c’era anche un bacio. Spesso, purtroppo, commettiamo l’errore di appesantire ogni storia d’amore con troppi pensieri del cazzo ed invece, se riuscissimo ad avere il coraggio di non pretendere da questi momenti né un passato né un futuro, sarebbe tutto fantastico o quantomeno felice.
Episodio 3: Quando pensavo di aver finito i filtri ed invece mi sbagliavo. Ce n’era uno accanto al cambio dell’auto che mi fissò e imitando Boskov esclamò: “Partita finisce quando arbitro fischia”. Perché sì ragazzi, diciamocelo chiaro: smettiamola di “infelicitare” soltanto le grandi gesta o i grandi eventi. Forse è a causa di questo errore che siamo tutti musoni. Nella vita di ogni uomo, infatti, possono capitare tre o quattro cose incredibili: noi dovremmo incominciare a saper riconoscere i piccoli momenti di felicità. E quando riusciremo in questa impresa ci accorgeremo che siamo felici almeno una volta al giorno (poi può anche capitare che nello stesso giorno la macchina dal meccanico, la tipa che ti lascia e la cassa integrazione: non preoccuparti, è capitato, capita e capiterà a tutti. Non sei speciale.)
La canzone che consiglio: “Hemingway” dei Negrita.
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