Natale non è sempre Natale, a volte è Krampus

Natale non è sempre Natale, a volte è Krampus

L’infanzia è credere che con un albero di Natale e tre fiocchi di neve tutta la terra viene cambiata.

(André Laurendeau)

Me sento come l’ovo de Pasqua sotto l’arbero de Natale. Strano!

(Oscar ‘er cipolla’ da Vacanze di Natale 2000, regia di Carlo Vanzina)

KRAMPUS – NATALE NON È SEMPRE NATALE

TITOLO ORIGINALE: Krampus
ANNO: 2015
DURATA: 96 minuti
GENERE: commedia horror
REGIA: Michael Dougherty
SCENEGGIATURA: Michael Dougherty
PRODUZIONE: Stati Uniti d’America
CAST PRINCIPALE: Emjay Anthony, Adam Scott, Toni Collette, Allison Tolman, David Koechner

TRAMA (GIUSTO IL MINIMO SINDACALE)

Natale. Il giovane Max, deluso dal comportamento della sua famiglia, volta le spalle alla festività tanto attesa. Dalla successiva assenza di un qualsiasi tipo di spirito natalizio non scaturirà nulla di buono e allegro, tutt’altro… Riuscirà la sua famiglia a sopravvivere alla “vendetta del Natale”?

APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ (MENO DEL MINIMO SINDACALE, GIUSTO PER GIRARCI INTORNO)

E come recita uno spot simpatico come uno scorpione vivo in tasca: A Natale puoi…”

…voltare le spalle a Rete 4 e al suo Una poltrona per due e investire tuo tempo nella visione di qualcosa di diverso, un film dove le palle dell’albero sono di un bel rosso rubino, rosso sangue. E magari ci scappa anche qualche risata in attesa di un finale davvero d’impatto. Quindi, alla fine, non distraetevi.

Mentre vi scrivo Krampus è presente nel bouquet Netflix. Per tutti voi, ricchi possidenti di piattaforme di streaming, sarà un gioco da ragazzi passare un’ora e mezza in compagnia di un Babbo Natale leggermente diverso.

IL TRAILER ITALIANO

ALTRE PELLICOLE QUASI A TEMA

La prima che mi viene in mente è un classico thriller del 1974 diretto da Bob Clark. E visto che l’aria natalizia si fa sentire vi regalo il film completo.

Per qualcosa di più moderno vi consiglio questa meraviglia del 2010: Trasporto eccezionale – Un racconto di Natale (Rare Exports). Cercatelo, non sarà complicato trovarlo in italiano, è un vero spasso.

PIZZA A NATALE PER CREDERE, CONDIRE E MAGIARE ALLA FACCIA DI BABBO NATALE E DEL KRAMPUS. AUGURI

BONUS MUSICALE A TEMA

La leggenda metropolitana del Natale al freddo

La leggenda metropolitana del Natale al freddo

E c’era l’asfalto laddove prima vivevano miliardi di granelli di sabbia. A me comunque non dispiace. Non mi inzozzo i piedi e per di più non devo più temere la comparsa di animali mitologici. Insomma, non mi lamento. Certo, la scomparsa del mare non è un dettaglio da trascurare, ma del resto ci siamo abituati già. In fondo, uno dei pochi pregi dell’essere umano è l’adattamento alle cose che roviniamo a causa dell’ossessiva ricerca del business. Basti pensare alla musica che ascoltiamo oppure alle retribuzioni dei lavori moderni: ci adattiamo, ci abituiamo. Io comunque non sapevo nuotare, però non era malaccio vedere i bambini allegri giocare a palla mentre gli adulti si facevano i fatti loro. Almeno, però, ora ci sono cellulari giganti che rendono superflui gli ombrelloni e comunque distraggono i ragazzini.

Se devo essere onesto, di queste nuove stagioni non riesco a sopportare soltanto il Natale con 40 gradi. Cioè più di vent’anni fa ricordo che indossavo maglioncini con le renne disegnate ed era bello assai mangiare tanto senza sudare e stare a casa sorseggiando una cioccolata calda. Ed invece ora con questo caldo assurdo abbiamo dovuto prima di tutto rivoluzionare il menù del cenone (nonna, per fortuna ora non sei più qui). I maglioncini sono stati bruciati e hanno lasciato il posto a magliettine sottilissime. E non si festeggia più a casa bensì in una specie di locali superclimatizzati che prima erano bunker antiatomico inutilizzati perché le guerre sono passate di moda visto che le mezze stagioni non esistono più.

Ora che ci penso bene, mi rattrista non vedere più tanti animali che prima mi facevano sorridere. E mi immalinconisce anche aver dovuto rinunciare a scrivere una poesia nei Paesi nordici come i Kings of Convenience. Ma va bene così: alla fine piove soltanto due o tre volte l’anno e se sopravvivi è sempre estate.

Io di speranza non morirò

Io di speranza non morirò

Allora c’era una ragazza con gli occhi blu mentre io avevo occhiali grandissimi. Io mi affannavo a raccontarle storie per piacerle ed inventavo eroi mai esistiti che conquistavano donne altrettanto mai esistite e orchi brutti e sporchi che vincevano contro l’eroe prima del colpo di scena. Lei, ad un certo punto perché in ogni storia c’è sempre un certo punto, mi sorrise bellissima ed io, aiutato da te perché ho sempre creduto in te, la baciai. Poi mi tiró uno schiaffo in faccia e si ruppero gli occhiali. Ma come amo dire, questa é un’altra storia.


E vorrei che anche quest’anno mi aiutassi, ma stavolta a riconquistare la mia vita, la nostra vita. Lo so che di te si muore, speranza, però è dura rinunciare anche a te. I treni non partono più, neanche i fischi dei vecchi si udiscono più. E certi pomeriggi meravigliosi sono uno spreco viverli soltanto alla finestra. E guarda quel pallone che rotola malinconicamente da solo, nonostante l’ernia gli darei un paio di calci per poi esultare come l’aereoplanino Montella. Chissà, forse i voli immaginari sono ancora consentiti.


Se ancora resisto su questo balcone malconcio, é perché mi tieni la mano e mi sussurri nell’orecchio che presto le bombe cesseranno di brillare e che ritorneremo a maledire il cielo azzurro in piena libertà.
E allora, io quasi quasi prendo il treno e vengo da te, stonando a più non posso, consapevole che mi, ci, salverai anche stavolta. Soprattutto ora che andrà tutto bene un cazzo, soprattutto ora che in televisione i virologi sono affamati di fama, soprattutto ora che il Natale ha smarrito un po’ di magia quasi come se fosse Giucas Casella, ma tu tienimi la mano. Non voglio smarrirti. Se in fondo sorrido quasi ogni giorno é perché spero. E perché qualche erba me la fumo ancora, ma soprattutto perché spero.

Abbecedario: lettera M

Abbecedario: lettera M

Ad un tratto mi sorride in mente il ricordo di quella ragazza dolce che si infilò una Winston in tasca per fumarla di nascosto. E la sua paura di romperla é la stessa che provo io quando nascondo quello che sono alle persone a cui voglio bene (soprattutto per la paura che in qualche modo possa deluderli). E quindi sarà il tempo brutto oppure l’aumento improvviso di virologi ma ho deciso di confessarvi quello che sono veramente (o almeno una piccolissima parte). La parola (anzi due) di questa settimana è la M di Me stesso.

Odio le luci natalizie. Soprattutto quelle di Salerno. Osservare tutto quel casino di gente entusiasta per così poco mi fa salire l’invidia e mi viene spontaneo, quindi, pormi una domanda: ma solo io per essere entusiasta pretendo chissà cosa? Amo il silenzio, stendermi sul letto, magari con te accanto o anche da solo, e non avere l’ansia di chiedere come sia andata la giornata. In quel momento vorrei soltanto che il mondo e tutte le sue cattiverie rimanessero fuori da quella porta sgangherata. Non sopporto scegliere i locali in cui andare a mangiare. Incamminiamoci, non roviniamo la magia di sentire il brividino del destino. E poi se mangiamo di merda, pazienza! Quanto é fondamentale la pazienza, ma questa é un’altra storia.

Adoro, invece, quando mi accarezzi dopo una stronzata che ho fatto e in quegli occhi tuoi posso leggere “ti ho scelto perché le tue stronzate sanno di bellissima adolescenza”. Odio quando un amico mi rimprovera di essere stato assente per troppo tempo, che poi io vi vedo tutte le sere assieme, voi grandi amici, con quei cazzo di cellulari che brillano manco fossero tutte stelline di San Lorenzo (che secondo me sono una leggenda metropolitana visto che non ne ho viste mai neanche mezza). Voi siete il mio cuore, e avete ragione, ma io preferisco assaporare lentamente la felicità che solo voi mi spiegate perfettamente (e poi sono anche un pigro schifoso in campo sentimentale).

Mi piace tornare a casa, almeno una volta al giorno. Sapere che ogni cosa sta lì al suo posto e capire che per quanto possa andare via, il profumo di casa lo riconoscerò sempre (anche se ultimamente il forte inquinamento mi sta mettendo in seria difficoltà). Poi odio la domenica sera -la causa probabilmente è da attribuire al lunedì scolastico- ed esco pazzo per il sabato mattina che scendo dal letto e mi immagino trasformarmi in un giocatore di rugby applaudito da tutto il pubblico (lo so che non ha senso come immagine ma credo siano applausi per essere sopravvissuto ad un’altra settimana di schifo).

E non so perché alle persone a cui voglio bene queste cose e tante altre le nascondo: in fondo basterebbe dire loro “Non mi va di uscire a bere una cosa, mentre se mi prepari un piatto di pasta ti abbracceró fortissimo anche se il contatto umano….”.

E allora facciamoci una promessa: cioè quella di fumare quella sigaretta all’aria aperta, in mezzo al casino. Chi vorrà resterà, anche se avremo il sapore di bruciato, anche se sappiamo che siamo fatti soprattutto di sbagli e di stranezze. Ad esempio sperare che domani andrà meglio quando la giornata è stata triste, proprio come una qualsiasi serie tv divertententemente drammatica (vi assicuro che quando sono triste non mi immagino in un bar di New York a bere caffè mentre fuori piove leggero ed una bella ragazza mi sorride, così, all’improvviso).

Canzone che consiglio: Max Gazzè– Splendere ogni giorno il sole