A chi figlio a chi figliastro…

A chi figlio a chi figliastro…

Un antico detto che abbiamo avuto modo di ascoltare spesso nel nostro viver quotidiano è stata l’espressione colorita e gergale che ci è venuta in soccorso quando ci siamo ritrovati a commentare quanto accaduto lo scorso 6 gennaio a Capitol Hill.

Certo ci saremmo, e forse avremmo, dovuti abbandonare ad un’analisi più profonda di quanto successo in quel giorno a Washington, ma un po’ per la pioggia battente, un po’ per la zona arancione che non permette altro che fugaci incontri, non abbiamo avuto altro modo se non quello di affidarci a questo detto che dalle nostre parti viene utilizzato anche con troppa leggerezza.

Così mentre l’umido inverno avellinese ci mostrava il suo lato piovoso (e forse peggiore) abbiamo cominciato a riflettere su i tanti se e i pochi ma che quell’episodio aveva suscitato in gran parte dell’opinione pubblica. Rifiutando il più grande errore che un altro detto ci consegna, ovvero che la storia non si fa con i se e con i ma, abbiamo avuto modo di riflettere più in generale sulle tante differenziazioni a cui spesso assistiamo, che spesso viviamo e a cui spesso ci ritroviamo ad essere incolumi fautori.

Una su tutte ci ha sempre interessato e rappresenta uno dei tanti perché che ci ha spinto a intraprendere l’avventura di Scarpesciuote ed è la relativa dicotomia centro – periferia, meridione – settentrione. In questi mesi ci siamo mossi in un terreno di accentuata coscienza delle problematiche che ci circondano e che viviamo, senza cadere nell’infantile neoborbonismo dei tanti e ai loro continui richiami ad un periodo d’oro artefatto. In questi mesi abbiamo cercato di analizzare le contraddizioni che ereditiamo per questioni geografiche, sociali e culturali e di cui siamo vittime e carnefici.

Quindi vorremmo parlare di queste contraddizioni attraverso il racconto delle nostre realtà politiche, sociali e culturali che ci hanno accompagnato e che abbiamo avuto modo di scoprire mettendo a paragone le nostre vite con quelle degli altri nostri coetanei che sono cresciuti e che continuano a crescere in contesti urbani e sociali differenti e in questo caso più centrali delle nostre.

Per questo ritorniamo al punto di partenza e per queste due settimane ci vogliamo chiedere chi siamo noi? Figli o figliastri?

Antonio Lepore

Andrea Famiglietti