The Last of Us – parte II tra Hobbes e Camus

The Last of Us – parte II tra Hobbes e Camus

Alla fine del primo The Last of Us, Joel ed Ellie sembrano aver trovato un faticoso equilibrio tra le mura di Jackson, nel Wyoming, una comunità autonoma e apparentemente al sicuro dai dolori di un mondo ormai lacerto dall’infezione del Cordyceps. Un equilibrio scandito da musica e da gite al museo di scienze naturali, attimi di semplice umanità ma che in un contesto malato assumono un significato salvifico e purificatore. Un equilibrio costantemente minacciato dal peso di una bugia che ha definitivamente condannato il mondo alla dannazione, ma che rappresenta il più estremo atto d’amore mai compiuto. È da queste premesse che prende avvio la storia di The Last of Us – Parte II.

Il gioco costruisce un intreccio narrativo monumentale, con una trama guidata dal sentimento primitivo della vendetta. Attraverso una scrittura dei personaggi al dir poco sensazionale, The Last of Us – Parte II mette in scena una storia rivoluzionaria, con improvvisi e inaspettati cambi di prospettiva che costringono il videogiocatore a dubitare persino delle proprie convinzioni. La narrazione ci costringe a prendere decisioni che non avremmo mai immaginato di compiere, lasciandoci storditi e increduli. Ancor più del primo capitolo, la Parte II ci consegna un mondo le cui azioni vanno al di là dei giudizi morali tradizionali. Bene e male lasciano spazio a sentimenti ancestrali e primordiali dettati dall’istinto umano della sopravvivenza. The Last of Us – Parte II ci presenta un mondo sfumato di grigio, in cui il bianco e il nero non esistono più. Per tutti questi motivi, The Last of Us- Parte II rappresenta una pietra miliare nel panorama videoludico contemporaneo e punto di riferimento obbligatorio delle prossime generazioni, tanto da meritare il premio come miglior gioco del 2020. Ma raffigura molto di più. Infatti questa cornice non vuole essere l’introduzione di una più vasta recensione del titolo. Il mio obiettivo è cercare di analizzare filosoficamente alcuni aspetti della trama ma soprattutto per dimostrare che questo titolo rappresenta molto più di un semplice videogioco.

HOMO HOMINIS “INFECTUS”: LUPI E IENE

A seguito della disgregazione sociale dovuta allo scoppio della pandemia, la popolazione degli Stati Uniti si è divisa in una serie di organizzazioni, culti e bande volte soprattutto a contrastare la tirannia dell’esercito, il quale aveva preso il sopravvento dopo la caduta dei governi. Nel primo capitolo avevamo fatto la conoscenza delle Luci, un gruppo paramilitare che aveva lo scopo di ristabilire una qualche forma di istituzione politica. A Seattle, città in cui svolgono le vicende della Parte II, il malcontento per le azioni dell’esercito ha dato vita a due organizzazioni distinte e separate.

La prima è il Washinton Liberation Front, capitanati da Isaac Dixon, i cui membri si fanno chiamare “Lupi” (l’acronimo WLF ricorda la parola inglese Wolf). Dopo aver scacciato la FEDRA (l’esercito) a seguito di una violenta battaglia, il WLF acquisisce il controllo dell’intera Zona di Quarantena di Seattle. Per cercare di amministrare al meglio i sopravvissuti, Isaac ha ordinato di far trasferire la popolazione all’interno dell’enorme stadio della città in cui ha fatto costruire scuole, palestre, mense e tutto ciò che potesse ricordare una struttura civilizzata. Avendo sottratto all’esercito ogni sorta di equipaggiamento, i Lupi hanno acquisito una potenza di fuoco senza pari cominciando però a compiere azioni poco considerevoli. Infatti, tutti coloro che erano contrari alle leggi del “branco” venivano espulsi dalla comunità o giustiziati. Assumendo un atteggiamento xenofobo nei confronti degli stranieri, i prigionieri venivano torturati in vere e proprie stanze degli orrori all’interno dello stadio.

Accanto al WLF troviamo il culto religioso dei Serafiti, rinominati con disprezzo “Iene”. La setta era guidata da donna una donna misteriosa, convinta che l’infezione cerebrale da Cordyceps fosse un castigo divino abbattutasi sull’umanità, schiava della tecnologia e dei beni materiali. Da poche centinaia di adepti, il culto di trasforma in una vera e propria e comunità e si su di un’isola a poche miglia dalla costa di Seattle fondando perfino una piccola città, Haven. Lontani dagli orrori della malattia e della guerra, i Serafiti si organizzano in una società rurale e distaccata da ogni forma di tecnologia. Costruiscono fattorie, campi da coltivare e vivono in case di legno. La profetessa fissa su carta il credo del culto lanciando messaggi di pace, amore e speranza. Come però spesso è accaduto nella storia, alla morte della donna, le nuove guide della comunità, gli Anziani, hanno cominciato a interpretare il culto a proprio vantaggio. Essi hanno ordinato di costruire altari votivi e statue in onore della profetessa e imposto ai membri della comunità di impararne le scritture. Pretendevano la totale sottomissione al culto, esigevano il cibo più pregiato e potevano chiedere in sposa perfino delle adolescenti. Da ora in poi, gli uomini erano obbligati a rasarsi barba e capelli e le donne ad acconciarsi i capelli con una treccia a forma di corona e a tagliarsi le guance.

Divenuti abilissimi nell’utilizzo dell’arco, i Serafiti iniziarono a compiere atti brutali e barbarici. Il più violento era quello di appendere al collo le vittime e sventrale vive. I cultisti erano convinti che solo in questo modo le vittime potessero purificarsi dai peccati.

Inevitabilmente, con il passare del tempo sono scoppiati degli attriti tra i Lupi e le Iene, fino a sfociare in una vera e propria guerra di sterminio del gruppo opposto, le cui origini sono del tutto ignote, con atrocità da entrambe le parti e con un numero incalcolabile di vittime. Tutta questa malvagità è estremamente coerente con il contesto violento di The Last of Us – Parte II in cui bene e male hanno lasciato il posto ad un’umanità imperfetta e brutale, il cui unico scopo è di sopravvivere a qualunque costo. Con la caduta della civiltà e della legge, gli uomini sono stati relegati in uno “stato di natura” primitivo. Molti filosofi, da Platone a Rousseau, hanno teorizzato questo concetto, ma è nel filosofo inglese Thomas Hobbesche questa condizione assume lo stesso significato pessimistico presente nel mondo di The Last of Us.

Nel Leviatano, testo del 1651, monumento della filosofia politica moderna, a dispetto delle credenze tradizionali, Hobbes nega che l’uomo sia per natura un animale socievole e politico. Ciò che spinge l’uomo ad organizzarsi in strutture comunitarie è solo il bisogno e la reciproca paura. Lo “stato di natura” è quindi quell’ipotetica condizione in cui gli uomini, ancora privi delle leggi, sono spinti dal proprio egoismo a perseguire i propri interessi a discapito di tutti gli altri. Tutti hanno il diritto su tutti e su tutto. Dall’esercizio di questo diritto deriva necessariamente la guerra di tutti contro tutti. Tale condizione rappresenta la situazione inevitabile dello stato di natura, in cui l’uomo, avendo diritto su tutto, perfino sulla vita altrui, risulta essere un “lupo” verso l’altro uomo (homo homini lupus). È bene sottolineare come per il filosofo  inglese, lo stato di natura rappresenti solamente un’ipotesi poiché, se in un determinato momento storico l’umanità fosse venuta a trovarsi nella condizione di guerra di tutti contro tutti essa si sarebbe sicuramente estinta. Gli uomini però sono in grado di uscire dallo stato di natura solo seguendo i suggerimenti della ragione, cioè la facoltà di prevedere e calcolare i pericoli futuri. Grazie a questa facoltà, l’uomo riesce ad individuare alcuni precetti volti a sottrarlo dalla condizione di miseria di partenza e a garantirgli una migliore condizione di vita. Questi precetti sono le cosiddette “leggi di natura”, delle leggi scoperte dalla ragione che vietano agli uomini tutto ciò che è lesivo a se stessi e agli altri. Rinunciando ai propri poteri su tutto, gli uomini stipulano un contratto sociale in cui nasce lo Stato civile e trasferiscono i propri diritti a un sovrano. Il sovrano garantisce l’irreversibilità e l’unilateralità del patto sociale, concentrando su di sé ogni forma di forza e di potere. Come abbiamo visto, anche nel mondo di The Last of Us gli uomini sono portati inevitabilmente a raggrupparsi in comunità per poter fronteggiare le nuove insidie che il nuovo mondo presenta. Nonostante ciò, nonostante la malattia che incombe sulle vite di tutti, gli uomini non hanno rinunciato al proprio egoismo in nome di ideali pacifici e comunitari. In un mondo in cui le risorse scarseggiano e la morte è sempre in agguato, l’uomo mostra tutta la sua natura violenta ed egoistica, spingendosi, in situazioni estreme, anche a compiere atti di cannibalismo. I veri innocenti non sono coloro che muoiono di morte violenta per mano di altri uomini ma gli infetti, vittime di una natura cinica e malvagia, anch’essa vittima dell’egoismo dell’uomo.

IL RAGAZZO IN RIVOLTA

Delusi dalle logiche dei gruppi ai quali appartenevano, alcuni dissidenti hanno deciso di abbandonare il WLF e i Serafiti in nome di valori più alti, in nome di un’umanità e di una libertà che la guerra stava distruggendo. Uno dei casi più significativi è sicuramente quello di Lev, ragazzino che a un certo punto abbandona i Serafiti per seguire la propria strada. In realtà Lev si chiama Lily ed è una ragazza. Il suo destino è lo stesso di tante altre sue coetanee: diventare la sposa di uno degli Anziani. A Lily tutto questo non sta bene. Non sente che propria la sorte che le spetta, non è a suo agio in un corpo femminile. Decide così di rasarsi i capelli a zero, di indossare abiti femminili e di farsi chiamare Lev. Tutte queste azioni non passano di certo inosservate agli occhi dogmatici degli adepti e quindi il ragazzo è costretto a fuggire, supportato da sua sorella Yara. Lev ha quindi svelato la sua vera natura a discapito di un ordine precostituito che la voleva castrata. Il ragazzo ha compiuto una vera e propria rivolta atta a far emergere la sua essenza più vera e profonda.

La rivolta è un concetto approfondito dallo scrittore e filosofo francese Albert Camus. Ne L’uomo in rivolta (1951) Camus afferma che dire di no è la cifra essenziale della rivolta. La negazione dell’ordine costituito è la prerogativa, primaria ed essenziale dell’uomo che si rivolta, il quale non accetta una situazione data. Non è un no autorefernziale e fine a se stesso. L’uomo che si rivolta, nella misura in cui dice no ad un ordine costituito, dice di sì a valori ulteriori per i quali appunto si rivolta. Nella rivolta l’uomo acquista coscienza della propria natura oltraggiata e ricerca valori più alti o meglio, più propri. Il senso della rivolta di Lev risiede quindi nella scoperta della propria natura che vuole liberarsi dalle catene che l’opprimono. Egli, attraverso un atto rivoltoso, si rasa i capelli e abbandona i Serafiti. È sicuramente spaventato e timoroso per il futuro che gli aspetta, ma è un futuro che riuscirà ad affrontare con la consapevolezza della sua vera natura.